Archivi categoria: Sport

#nevergiveup


“Non so se vinceremo, ma so che non ci daremo mai per vinti”, la celebre frase di Pep Guardiola sarà l’hashtag dell’appuntamento in diretta facebook di stasera durante il quale alcuni campioni sportivi racconteranno una loro esperienza difficile ma felicemente superata per testimoniare vicinanza a chi vive con la Sla e ribadire l’importanza di sostenere la ricerca per trovare al più presto una terapia efficace.

Appuntamento in diretta su facebook, stasera alle 21, con i campioni di sport e solidarietà Gianluca Vialli e Massimo Mauro che dialogheranno con la giornalista Ilaria D’Amico, l’allenatore di calcio Pep Guardiola, il golfista Emanuele ‘Peppo’ Canonica e l’imprenditore Guido Celada, che racconteranno la propria esperienza #nevergiveup, un’esperienza difficile ma superata, nella loro professione ma anche nella vita, per testimoniare vicinanza a tutti coloro che vivono con la SLA e ribadire l’importanza di sostenere la ricerca per trovare al più presto una terapia efficace.

Quella di giovedì sarà la seconda puntata di #distrattimavicini, la rubrica di dirette Facebook lanciata da AISLA, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, insieme a Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport, con l’obiettivo di raccogliere nuove risorse da destinare alla ricerca scientifica d’eccellenza sulla SLA, malattia complessa che oggi coinvolge 6000 persone in Italia. La piattaforma attraverso cui è possibile dare il proprio contributo a sostegno del lavoro dei ricercatori è https://nevergiveup.aisla.it.

Alla diretta di giovedì seguiranno altre tre puntate in programma il 23 novembre, il 10 e 21 dicembre con la partecipazione di altri grandi campioni. Il ricavato raccolto sarà destinato a finanziare un nuovo progetto di ricerca scientifica tra i vincitori del Bando 2020 di AriSLA, Fondazione Italiana per la ricerca sulla SLA, finalizzato a una maggiore comprensione della malattia e a mettere a punto metodologie per lo sviluppo di nuove terapie e per la diagnostica.

Gare da asporto


A Bologna parte il progetto che propone attività motorie organizzate direttamente nei cortili dei palazzi. La possibilità di un nuovo lockdown ha spinto l’associazione “Infanzia al centro” a cercare soluzioni per rispondere al bisogno di socialità e migliorare la salute psico-fisica delle persone, sempre nel rispetto delle regole e con l’aiuto di allenatori ed educatori sportivi.

“L’a-sport-o” nasce per rispondere al bisogno di non limitare l’attività fisica, che significa anche salute, benessere e prevenzione, in una fase in cui le palestre e i centri sportivi sono chiusi per via dell’emergenza sanitaria. Così, allenatori ed educatori sportivi si recano direttamente nei condomini per organizzare attività motorie all’aperto, ad esempio nei cortili dei palazzi o sotto un portico. Il progetto si rivolge a persone anziane, bambini e famiglie, con attività sportive da svolgere a distanza all’aria aperta, come ginnastica dolce e psicomotricità. Lo sport va inteso come benessere, come possibilità di movimento, come salute psicofisica, e in una fase come questa è ancora più importante praticarlo.

Giochi aperti


Alle Paralimpiadi di Tokyo 2020 ci sarà la squadra di atleti rifugiati. La rappresentativa sarà composta da un massimo di sei sportivi: il Comitato paralimpico internazionale fornirà loro sostegno nel percorso agonistico, con la collaborazione dell’Unhcr. A Rio 2016 due richiedenti asilo parteciparono come atleti paralimpici ma è la prima volta che viene ipotizzato un percorso di selezione.

Le Paralimpiadi di Tokyo 2020, a causa della pandemia si svolgeranno in Giappone fra dieci mesi, dal 24 agosto al 5 settembre 2021. La decisione è del Comitato paralimpico internazionale (Ipc), che si avvarrà dell’aiuto dell’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, per individuare e selezionare gli atleti che parteciperanno effettivamente alle gare. La squadra, che prenderà il nome di “rappresentativa paralimpica di rifugiati” (Rpt) sarà composta da un massimo di sei atleti. Non è una novità assoluta, perché già in occasione dei Giochi di Rio 2016 due rifugiati parteciparono come atleti paralimpici indipendenti (il siriano Ibrahim Al Hussein nel nuoto S9 e l’iraniano Shahrad Nasajpour nel lancio del disco F37), ma è la prima volta che viene ipotizzato un preciso percorso di selezione.

A guidare il team è stata chiamata Ileana Rodriguez, lei stessa ex rifugiata e nuotatrice paralimpica ai Giochi di Londra 2012, nominata “Chef de Mission” della rappresentativa. Lavorerà con l’Ipc per selezionare gli atleti che andranno a Tokyo, selezione che si preannuncia non facile dato che i potenziali atleti paralimpici rifugiati sono molti e tecnicamente di grande livello. L’Ipc offrirà alla rappresentativa il suo supporto prima e durante le competizioni e aiuterà gli atleti che saranno individuati come potenziali partecipanti a raggiungere l’obiettivo della qualificazione ai Giochi: ciò avverrà ad esempio sostenendoli nella fase di preparazione, fornendo loro uno staff tecnico che possa seguirli nel loro percorso agonistico.

La selezione da parte dell’Ipc si baserà principalmente sulle prestazioni e sul rispetto dei criteri di ammissibilità. Per entrare a far parte del team Rpt gli atleti devono avere lo status di rifugiati in conformità con la legge internazionale, nazionale o regionale, e naturalmente dovranno raggiungere i risultati agonistici sufficienti per la qualificazione. Al momento nessun atleta rifugiato è stato selezionato per i Giochi di Tokyo.

“Sport e diritti umani”


Al via la terza edizione del premio promosso da Amnesty International Italia e Sport4Society per riconoscere gesti simbolici o concreti in favore dei diritti umani nell’ambiente sportivo.  Fino al 31 marzo 2021 sarà possibile segnalare un atleta, una squadra o un gruppo sportivo che, nel corso del 2020, si sia reso protagonista di un’azione coerente coi valori positivi dello sport.

Per effettuare segnalazioni scrivere all’indirizzo info@sportedirittiumani, presentando la persona o il team che, con un gesto pubblico, una presa di posizione, un’azione coerente coi valori positivi dello sport, abbia contribuito alla promozione della cultura dei
diritti umani nel nostro paese.

Il premio 2019 è stato conferito a Pietro Aradori, giocatore di pallacanestro di fama internazionale, mentre il premio del 2020 è andato al Pescara Calcio per l’impegno dimostrato nel contrastare il discorso d’odio, il razzismo e la discriminazione.

Le candidature saranno selezionate da Amnesty International Italia e Sport4Society e proposte, per la scelta finale, alla giuria del premio presieduta da Riccardo Cucchi e di cui fanno parte, oltre a esponenti delle due associazioni, anche Luca Corsolini, Vittorio Di Trapani, Angelo Mangiante e Jacopo Tognon.

Effetti collaterali


La chiusura delle piscine avrà un duro impatto su tanti ragazzi con autismo. Il servizio di Elena Fiorani

L’ultimo Dpcm ha interrotto le routine di tanti ragazzi con autismo e disabilità intellettiva. Per molti di loro, infatti, il nuoto fa parte del piano educativo individualizzato e quindi del percorso scolastico. Un’ora di lezione per loro vuol dire non tanto divertirsi, non solo allenarsi o fare attività di gruppo, ma poter godere di 50 minuti di relax, di pace con il mondo, di relazione con l’operatore e di tranquillità. Sono ragazzi che lavorano sull’acquisizione di autonomia: in piscina si svestono, si lavano, si mettono le scarpe, tutto questo è saltato.

Stefania Stellino, presidente dell’Associazione Genitori Soggetti Autistici del Lazio denuncia: “interrompere all’improvviso routine radicate da anni, e soprattutto dall’inizio della scuola, vuol dire disorientare completamente e sconvolgere la vita di una persona che non ha più riferimenti nell’agenda giornaliera e settimanale”.

Torna lo sport nei parchi


Il Comune di Bellaria, in provincia di Rimini, rilancia l’iniziativa rivolta ad associazioni, società, federazioni, enti di promozione, fino ai centri fitness e wellness. Il progetto prevede la messa a disposizione di spazi pubblici all’aperto per facilitare la convivenza tra attività motoria e rispetto delle misure anti contagio.

 

RugbyAmo


A Jesi, in provincia di Ancona, un progetto per includere ragazzi con disabilità e sostenere le loro famiglie. Cinque i giovani che da qualche settimana hanno iniziato a fare attività al campo, prendendo confidenza col pallone e integrandosi con gli altri. I partecipanti sono seguiti da tecnici ed educatori professionali, in un contesto che li vede protagonisti del gioco insieme a tutti gli altri.

Fondazione Enrico Mattei, Rugby Jesi ’70 e Cooss Marche unite in collaborazione per “RugbyAmo”, nel segno dell’inclusione e del «sorriso negli occhi di famiglie che possono finalmente scoprire che i loro non sono ragazzi di cristallo». Così Aroldo Curzi Mattei, presidente della Fondazione Mattei, nel presentare il progetto. Da qualche settimana un drappello di ragazzi con disabilità assistiti da Cooss Marche ha infatti avuto la possibilità di cominciare a fare attività e avvicinarsi al gioco del rugby presso l’impianto, e seguiti dai tecnici, della società jesina presieduta da Luca Faccenda. «Un – spiega il responsabile sviluppo club del Rugby Jesi ‘70 Francesco Possedoni – nato attraverso la figura di Mariano Fagioli, nostro allenatore e, per professione, educatore presso Cooss Marche.

Lo spunto ci ha portato a creare l’opportunità, per questi ragazzi, di frequentare la nostra struttura e accostarsi ad uno sport come il rugby, inclusivo per definizione, con i suoi valori e il suo spirito volto alcoinvolgimento di tutti, senza eccezione. Fondazione Mattei ha subito e sostenuto il progetto, con il proposito di avvicinare mano a mano ulteriori soggetti. Sono cinque al momento i partecipanti, tutti maggiorenni. L’obiettivo, a partire da questa sperimentazione, è di incrementare il novero dei partecipanti. Fino ad arrivare a inserirsi anche nel circuito dei tornei dedicati a questo tipo di iniziative». «I ragazzi qui al campo hanno iniziato a fare attività di psico motricità, prendere confidenza con il pallone, conoscere una realtà per loro nuova, integrarsi con tutti gli altri- illustra Fagioli– un inserimento che vivono con grande entusiasmo».

Lo sport non ci sta


L’ultimo Dpcm colpisce le attività dilettantistiche e sociali. Uisp lancia un nuovo appello: “Lo sport per tutti non è marginale. Abbiamo due doveri: tutelare la salute e un settore che è in ginocchio”. Anche UsAcli ribadisce l’incongruenza delle decisioni rispetto ai vari comparti, mentre l’Aics sottolinea che lo sport “non può essere considerato un’attività non essenziale”, si rischia il collasso.

Nel suo comunicato stampa, l’Uisp ricorda poi l’impegno dimostrato in questi mesi: “Dall’inizio della pandemia la Uisp è sempre stata sul crinale tra responsabilità verso il bene primario della salute di tutti e il dovere di rappresentanza. Oggi ci sentiamo di dire ‘No, non ci stiamo’ alle incongruenze che emergono rispetto ai diversi comparti che interessano le nuove misure del Dpcm. Non può essere sempre lo sport a pagare le conseguenze pesanti delle scelte. Lo sport, quello di base soprattutto, ha una valenza trasversale nelle politiche pubbliche a partire da quelle per la salute, ma è altrettanto economia sociale, opportunità di lavoro, con pari dignità rispetto alle altre realtà produttive del Paese.

Gli investimenti che il nostro mondo ha fatto per garantire la sicurezza e la salute dei praticanti e dei cittadini non possono non essere presi in considerazione. Lo sport di base è davvero in ginocchio, non ce lo possiamo più permettere”. La richiesta è che non tardino ad arrivare i necessari supporti a chi più subirà le conseguenze di queste decisioni: “Chiediamo fin da subito interventi consistenti sul piano delle risorse da allocare, che possano ristorare tutto il comparto sportivo, che riconoscano gli indennizzi a tutti quei lavoratori dello sport che, al pari di tutti gli altri, sostengono le proprie famiglie, i propri figli. Non accettiamo e non accetteremo di essere considerati marginali. Lo sport è parte del progetto di vita di ogni persona, deve avere pari condizioni come per tutte le altre categorie”, conclude Uisp.

Anche il presidente dell’Unione Sportiva Acli, Damiano Lembo, ha commentato il nuovo stop a palestre e centri sportivi di base, in base all’ultimo Dpcm. “A distanza di una settimana dall’ultimo Dpcm in cui si chiedeva allo sport di base di adeguare le proprie strutture e attività alle misure di sicurezza, dispiace appurare come le premesse di quel provvedimento non siano state rispettate. Le nostre ASD e SSD erano già adeguate fin dalla riapertura seguita al primo lockdown. E i controlli effettuati dalle competenti autorità hanno potuto solamente confermarlo. Per farlo avevano speso soldi, fondi e agevolazioni che l’US Acli ha messo a disposizione per la loro sopravvivenza. Risorse che ormai sono finite”.

“Lo sport non è solo gioco, passione, passatempo, come in molti ancora superficialmente pensano – prosegue Lembo – Lo Sport è anche e soprattutto benessere, salute ed economia sociale, quella stessa economia che ora è messa in ginocchio e rischia di non esserci più. Fermare una realtà che viveva di benessere, salvaguardia della salute per stile di vita e non per imposizione, significa dargli il colpo di grazia finale. In palestra non si può andare, ma sugli autobus e metropolitane senza distanze di sicurezza si può. Sinceramente non ne comprendiamo il senso”. “Avete chiesto voi alle realtà sportive di applicare rigidi protocolli, ora cosa racconteremo alle nostre realtà sportive? Auspichiamo – conclude il presidente dell’Us Acli – anzi a questo punto pretendiamo, lo stesso rispetto delle altre categorie. E risorse indispensabili per la sopravvivenza di un comparto che rischia di scomparire per sempre”.

“Lo sport è essenziale, per salute ed economia: non può essere considerato un’attività non essenziale, chiuderlo è errato. Così rischiamo solo il collasso”. Lo dice in una nota Bruno Molea, presidente dell’Associazione italiana cultura sport. “Lo dimostriamo con i fatti da sempre: sport è educazione per i più piccoli, socialità, prevenzione medica, risparmio della spesa sanitaria, benessere. Ma è anche economia, posti di lavoro, produttività- rimarca il presidente Molea- Siamo insomma sia un’agenzia educativa al pari della scuola, sia un’attività produttiva al pari di tante altre, quindi davvero non si capisce il perché di questo nuovo fermo. Semmai sarebbe stato opportuno intensificare i controlli, quelli sì: i nostri protocolli, come quelli di tanti altri soggetti sportivi sono rigidi e non lasciano nulla al caso. Lo dimostra il fatto che ai campionati nazionali Aics degli ultimi mesi, nonostante l’alta affluenza, non si sia registrato un solo caso di contagio. Si lasci modo alle attività sportive, inserite in contesti e protocolli codificati, di proseguire nelle proprie attività e si sostenga dal punto di vista economico il mondo dello sport di base che, con un altro lockdown, rischia di non riaprire mai più”.

Donne in movimento


A San Benedetto del Tronto, in occasione del “mese rosa” prosegue l’iniziativa dell’US Acli Marche che promuove l’attività fisica come strumento di contrasto all’insorgere del tumore al seno. Infatti, per affrontare tale patologia è particolarmente importante, oltre alle cure precoci, l’adozione di stili di vita corretti: le donne che svolgono regolarmente sport riducono il rischio di ammalarsi di circa il 15/20%.

Si avvia alla conclusione ottobre, il cosiddetto “Mese rosa”, mese da sempre dedicato alla salute della donna ed in particolare alla prevenzione del tumore al seno. Una patologia, questa, che presenta dati sempre più allarmanti. In Italia, ad esempio, si registrano 480000 nuovi casi ogni anno. Una donna su nove si ammala di tumore del seno nel corso della vita. Sebbene i tumori del seno siano altamente curabili (oltre il 97% di guarigioni quando il tumore è scoperto in fase iniziale”), 450000 donne ogni anno nel mondo perdono la loro battaglia e ben 12000 in Italia. Il tumore del seno è la principale causa di morte per cancro della popolazione femminile mondiale.

Proprio per questo anche nel corso dell’anno 2020 l’Unione Sportiva Acli Marche, in collaborazione con l’assessorato alle politiche sociali del Comune di San Benedetto del Tronto, ha organizzato una serie di iniziative finalizzate a promuovere le opportunità di movimento e di
attività fisica per donne di ogni età. L’attività fisica può infatti ostacolare la formazione del tumore. Le donne che svolgono regolarmente sport presentano una riduzione del rischio di ammalarsi di circa il 15/20%. Questi effetti sono più evidenti in post-menopausa, ma praticare sport fin dall’adolescenza aiuta a diminuire l’incidenza di tumore che poi si svilupperebbero al termine dell’età fertile.

Grazie alla collaborazione con la Lilt di Ascoli Piceno, nell’ambito delle iniziative “Lilt for women” e della campagna “Nastro rosa”, è stata inoltre distribuita la guida “E’ ora di prenderti cura di te” che aiuta a conoscere meglio il tumore alla mammella. La campagna informativa andrà avanti fino al mese di dicembre 2020, mentre nel periodo estivo sono state organizzate lezioni gratuite di yoga presso l’Hotel Pineta e presso lo stabilimento Poseidon & Nettuno, lezioni che hanno coinvolto più di 100 persone. Nel periodo primaverile del lockdown, invece, sono stati diffusi video che hanno permesso alle donne di fare attività fisica presso la propria abitazione”.

 

A che gioco stiamo giocando?


Parte dal Csi di Reggio Calabria la denuncia per la mancata tutela dei ragazzi residenti nei quartieri difficili della città calabresi. Il servizio di Elena Fiorani.

Gli oratori e i campetti sono chiusi e alcuni bambini giocano nelle sale delle slot machine, rimaste aperte perché non sarebbero fonte di contagio. Il Centro sportivo italiano di Reggio Calabria denuncia la grave situazione dei ragazzi che, non avendo accesso alle attività ludiche e motorie, sarebbero maggiormente esposti alle devianze e alla solitudine. Il campetto, la strada, la piazza sono off–limits, mentre le sale slot rimangono aperte, come se ci fosse una promiscuità da punire, ed una invece, concessa.

“Gli strumenti ci sono, basta cercarli – dice il presidente del Csi Reggio Calabria, Paolo Cicciù – . Durante i mesi del lockdown, abbiamo elaborato una proposta di Sport di Comunità che facesse rivivere i cortili. Crediamo che la modellizzazione di quella esperienza possa evitare che le strade dei quartieri si svuotino andando ad allargare la platea di sale slot e piazze di spaccio”.