Archivi categoria: Sport

Le ali della libertà


È il titolo del progetto che a Palermo cerca di fare integrazione, attraverso la pratica sportiva, nonostante una disabilità psichica e relazionale. Aperto a ragazzi dai sette anni in su, propone gratuitamente diverse discipline, dal basket al tennis, fino al tiro con l’arco.

In bici da Venezia a Lecce


Approvato l’accordo tra Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia per la Ciclovia Adriatica. È nato ufficialmente il tavolo tecnico che avrà come obiettivo sia lo sviluppo della mobilità ciclistica sia la realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie turistiche. È un progetto molto ambizioso che permetterà al turismo slow di scoprire le bellezze naturali e storiche di un lungo tratto d’Italia.

L’accordo regolerà i rapporti tra le Amministrazioni impegnate nella realizzazione della Ciclovia Adriatica e individuerà le singole azioni a carico di ogni Regione necessarie alla definizione delle condizioni e modalità di erogazione del finanziamento per la progettazione e la realizzazione della Ciclovia Adriatica. Impegnerà, inoltre, le Amministrazioni a gestire in modo coordinato e sistemico la realizzazione del Progetto, assicurando le migliori condizioni di efficienza e di economicità.

#ionongiocopiù


Da una società di Pino Torinese lo stop alla maleducazione degli adulti nel calcio dei bambini. Il servizio di Elena Fiorani. (sonoro)

La società Psg Calcio propone a tutti i club di fare rete contro gli episodi di violenza che sempre più spesso coinvolgono gli adulti fuori dal campo. Ogni volta che ci saranno insulti, minacce o istigazioni alla violenza, i bambini smetteranno di giocare e usciranno dal campo
tenendosi per mano con gli avversari. Dopo i fatti spiacevoli accaduti nel corso di una partita della categoria Pulcini, infatti, la società vuole cogliere l’occasione per dare maggiore forza alla battaglia intrapresa contro ogni forma di maleducazione, antisportività e violenza, invitando tutte le società a condividere l’iniziativa. Lo slogan è #ionongiocopiù, partendo dalla frase detta da un bimbo in lacrime a centrocampo durante la partita citata. La società ha avviato recentemente una collaborazione con il Centro Unesco di Torino che si concretizzerà in un evento legato alla Carta dei diritti dei bambini nello sport.

Il canestro più bello


Michele, giovane malato di Sla, sognava di vedere dal vivo una partita della sua squadra del cuore di basket, la Fortitudo Bologna. Grazie all’aiuto di Amici per la Vita è riuscito a realizzarlo conoscendo i giocatori e seguendo la gara di campionato al Palazzetto.

Da tempo, tramite il nostro volontario che lo assiste, Michele ci aveva espresso il desiderio di vedere una partita della Fortitudo, la squadra di basket di Bologna di cui è molto tifoso, e conoscere i suoi giocatori: così ci siamo attivati e, tramite una catena di solidarietà, siamo riusciti a realizzare il suo sogno”: a parlare è Christian Barbieri, presidente di Amici per la Vita, associazione di Formigine, provincia di Modena, da vent’anni impegnata nell’assistenza a domicilio di persone con malattie oncologiche o neuromuscolari degenerative in fase terminale. Grazie alla collaborazione tra la sua associazione e Fortitudo per il sociale, costola della società sportiva che si occupa di sostenere progetti sociali, sabato 7 dicembre, Michele, un con la Sla di Vignola, è riuscito ad assistere alla sfida tra Fortitudo e Trento.
“Venerdì scorso ho inviato una mail alla Fortitudo per chiedere se fosse possibile ospitare Michele: la società ha girato la richiesta a Fortitudo per il sociale, che mi ha subito contatto per organizzare per il giorno dopo. Non è stato semplice: Michele ha bisogno del respiratore, così abbiamo chiamato un pulmino attrezzato, con al seguito un medico rianimatore e un medico specializzato”, racconta Barbieri. Arrivato al Paladozza, il palazzetto dello sport dove la Fortitudo disputa le partite casalinghe, “Michele è entrato nello spogliatoio della Fortitudo, dove ha conosciuto i giocatori e fatto le foto di rito. Poi è passato dallo store, dove gli sono state regalate una sciarpa e una maglia. A quel punto, era ora di entrare in campo: insieme abbiamo tifato tutto il primo tempo della partita”. Michele, raccontano, è stato entusiasta: “Ho potuto realizzare il suo sogno. Anche per noi è stato un momento bellissimo: siamo anche riusciti a coinvolgere la moglie Martina. Michele e Martina si sono sposati lo scorso febbraio in ospedale: non sono potuti partire in luna di miele, ma sabato sono riusciti a fare un viaggio insieme, seppur breve”, prosegue Barbieri.

La storia di Lorena


Messicana, 24 anni, Lorena Ramìrez è l’ultramaratoneta indigena che si allena conducendo il bestiame in montagna e indossando sandali e gonna. Non ha coach né abbigliamento tecnico. Il suo segreto è la genetica: discende dalla tribù dei Raramuri, che significa piedi buoni per la corsa. La sua vita, che pare uscita da un romanzo di Garcia Marquez, ora è un documentario su Netflix.

Nata per correre. La maratoneta con i sandali, è così che la chiamano. Il suo nome è Lorena Ramìrez. E la sua storia, ora è anche un documentario su Netflix, diretto da Juan Carlos Rulfo e prodotto da Gael García Bernal, il Che dei Diari della motocicletta di Walter Salles. Ventiquattro anni, Lorena è una runner messicana dalla storia unica. Innanzi tutto è fortissima. Un’ultramaratoneta. Che corre — e vince — indossando sandali huaraches e la gonna coloratissima della sua tribù indigena. Non si è mai allenata in palestra, non ha coach, non ha abbigliamento tecnico. Il suo allenamento è badare al bestiame di famiglia.
Lorena appartiene alla comunità di Tarahumara, nello stato di Chihuahua, nel nord del Messico. Vive sui monti, a Ciénaga de Noragachi, con i genitori e i fratelli, in un’umile casetta in mezzo ai prati. Dove si prendeva cura degli animali. E cuce i propri abiti. Il suo segreto è la genetica: discende dalla tribù dei Raramuri, che significa piedi buoni per la corsa. Ha iniziato a diventare celebre in tutto il Sudamerica quando nel settembre di due anni fa si è presentata alle iscrizioni dell’ultratrail di Cerro Rojo dopo aver percorso un lunghissimo viaggio fra corriere sgangherate, autostop e lunghi tratti a piedi. Due giorni. Solo per presentarsi alla partenza. Aveva un fazzoletto in testa, una maglietta, gonna e sandali. Costruiti da lei stessa. Riciclando vecchi copertoni. Non era solo folklore, come pensavano gli altri runner. Lorena quella gara l’ha vinta. In 7 ore e 3 minuti, ricevendo un premio di 6000 pesos, circa 300 euro. Niente barrette o integratori, solo una bottiglietta di acqua naturale con dentro mais e farina. “Non ho segreti — la sua risposta a chi gli chiedeva come avesse fatto a mettersi dietro un mucchio di professionisti —. Tutti i giorni corro 10 o 15 chilometri portando il gregge al pascolo in montagna”.

Siamo a cavallo


A Pollenza, a Macerata, un progetto che propone l’equitazione a bambini e ragazzi con disabilità. Le attività intendono promuovere il benessere fisico, l’autonomia e l’inserimento lavorativo nell’agricoltura sociale. Partecipano esperti nel campo della piscologia e della nutrizione.

Siblings in sport


A Bologna fino al 18 gennaio la mostra fotografica che racconta i fratelli dei giovani affetti da autismo. Organizzata da portfund, l’esposizione descrive con gli scatti dell’italo-argentina Agata Segafredo, ad alcuni partecipanti ad attivita? ed iniziative sportive, la straordinaria intesa che nasce e si coltiva tra fratelli capaci di lottare insieme per il successo e la vittoria.

Liberi nello sport


È il progetto grazie a cui 30 detenuti di istituti penitenziari della Sardegna sono diventati allenatori di body building e fitness. Il servizio di Elena Fiorani. (sonoro)

Lo sport e la formazione offrono un’opportunità di riscatto sociale e la speranza di un lavoro futuro a trenta detenuti delle carceri di Sassari, Nuoro e Cagliari. Dopo sette mesi di insegnamenti teorici e pratici si è concluso il progetto “Liberi nello Sport”, organizzato dallo CSEN Sardegna in collaborazione con la Regione Sardegna e gli Istituti penitenziari isolani. I trenta detenuti hanno seguito 56 ore di lezioni, suddivise in quattro moduli formativi, più 4 ore di esame finale, e hanno acquisito le capacità di progettare un programma di allenamento.
Nell’ambito del progetto sono stati anche donati alle tre carceri il materiale tecnico per poter allestire una palestra utilizzabile da tutti i detenuti e l’abbigliamento sportivo per i partecipanti alle lezioni. I trenta diplomati hanno in mano un titolo professionale riconosciuto, che permetterà loro di affacciarsi nel mondo del lavoro attraverso lo sport.

Accoglienza sul campo


Ebrima Darboe, diciottenne del Gambia, è arrivato in Italia nel 2017, dopo aver passato un periodo nell’inferno dei campi in Libia. Salvato in mare dalla Guardia costiera, è stato accolto a Catania, poi in uno Sprar per minori non accompagnati a Rieti. Qui il suo sogno ha iniziato a concretizzarsi: ora è sotto contratto con la Roma e il 27 ottobre è stato in panchina in occasione del match con il Milan.

Intervista con il territorio


Oggi a Bari secondo appuntamento formativo del ciclo promosso dal Giornale Radio Sociale con Odg Puglia, insieme a Redattore Sociale, Forum Terzo Settore e Fondazione con il Sud. “Raccontare il sociale attraverso lo sport” è il titolo della giornata cui prenderanno parte giornalisti e associazioni.