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Parità di genere: parte il progetto #GIOCHIamoMISTI dell’Uisp Bologna


#giochiamomisti. A Bologna con l’Uisp tornei misti di calcio e pallavolo contro le discriminazioni, per promuovere pari opportunità, contrastare violenze e omotransfobia. Anche i regolamenti saranno frutto di un lavoro co-partecipato con le squadre e contempleranno la presenza di spogliatoi all-gender. Iscrizioni entro il 22 novembre.

“La Regione Emilia-Romagna favorisce il pieno sviluppo della persona e sostiene la soggettività e l’autodeterminazione femminile come elemento di cambiamento e progresso della società; contrasta ogni tipo di violenza e discriminazione di genere in quanto lesive dei diritti umani, della libertà, della dignità e dell’inviolabilità della persona […] favorisce l’equilibrio tra l’attività lavorativa, professionale e la vita privata e familiare per donne e per uomini […]”. Recita così l’art. 1 della legge regionale n. 6/2014 “Legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere”. Richiamandosi a questi principi, parte il progetto Uisp Bologna #GIOCHIamoMISTI. “Sempre più donne, ragazze e bambine si stanno avvicinando a pratiche che, per decenni, erano riservate agli uomini e viceversa – spiega Uisp –. È in questo spazio che si inserisce la proposta che vuole implementare nuove modalità di gioco, nuovi modelli e nuove narrazioni che permettano di unire tutte le persone senza riproporre all’interno delle competizioni modelli tradizionali di classificazione binaria rispetto al sesso biologico”.

Realizzato in collaborazione con Polisportiva Hic Sunt Leones, ASD polisportiva il Grinta, ASD Gap Calcio 5 e ASD Crystal BO – e con il supporto della Regione – #GIOCHIamoMISTI sarà caratterizzato da tornei di calcio a 7 e pallavolo aperti a chiunque, “promuovendo il rispetto per una cultura plurale delle diversità e della non discriminazione, anche in relazione all’orientamento sessuale e all’identità di genere, e promuovendo il tema della parità uomo-donna e le pari opportunità e contrastando la violenza sulle donne e l’omotransfobia”.

“Per Uisp è un obbligo morale occuparsi delle tematiche tra sport e genere e intervenire affinché nelle nostre pratiche diventi sempre più sostanziale l’opportunità di praticare lo sport per tutte e tutti a misura di ciascuno – spiega Paola Paltretti presidente Uisp Bologna APS –. I regolamenti saranno frutto di un lavoro co-partecipato con le squadre e i partners e contempleranno la presenza di spogliatoi all-gender e la possibilità di praticare attività sportiva tramite la tessera Alias: una soluzione che permette di tesserarsi con il nome di elezione durante il cammino, per nulla semplice, della transizione di genere. Ci facciamo promotori per dare una risposta a dei problemi latenti che purtroppo ancora oggi condizionano in maniera sostanziale la possibilità di accesso alla pratica sportiva per tutte quelle soggettività Trans, intersex e non binarie molto spesso escluse e/o forzate a dei coming out non desiderati. Il nostro impegno è quello di raggiungere le persone ma anche quello di sensibilizzare in primis il nostro mondo e attraverso questo dare un contributo per sostenere nuovi modelli di gioco utili per imprimere un cambiamento di mentalità sul territorio”.

“Quando Uisp ci ha parlato per la prima volta del progetto – spiega l’ASD Polisportiva Hic Sunt Leones – ne siamo stati subito entusiasti. L’idea di poter usufruire di un vero e proprio campionato nel corso dell’anno che promuova questo spirito e permetta di ripensare un nuovo modo di fare calcio insieme ci ha subito spinti ad aderire e supportare il progetto. Quello che ci aspettiamo è un’occasione di crescita personale e collettiva, un momento di sport aperto, libero e inclusivo che sia di divertimento ma anche formativo, e possibilmente che apra una nuova porta alla città di Bologna e alle persone che la vivono”. “Vogliamo essere antenne contro ogni forma di discriminazione, contrastare la violenza di genere e gli stereotipi ancora forti nello sport – conclude ASD CrystalBO.

Tennis, il piano strategico dell’Atp per diversità e inclusione


Diversità e inclusione: è il piano strategico dell’ATP, il circuito professionistico mondiale di tennis maschile, per creare un ambiente accogliente per i giocatori LGBTQ. A differenza del tennis femminile, infatti l’ATP non conta al momento giocatori apertamente omosessuali. Il programma include anche il delicato tema della salute mentale degli atleti e del proprio staff.

Nel corso della prima settimana dello US Open, abbiamo potuto notare una grande quantità di bandiere arcobaleno e di polsini, indossati sia dai giocatori che dagli spettatori, in onore del primo Open Pride Day della storia del torneo. L’intero Slam è stato parte del piano strategico Diversity and Inclusion ideato dalla USTA per includere sempre più tennisti nella discussione. Ricordiamo che le politiche del tennis in merito non erano state esenti da critiche, come sottolineato in un precedente pezzo. A differenza del tennis femminile, l’ATP non conta al momento giocatori apertamente omosessuali, e coloro che hanno deciso di fare questo passo anni addietro si contano sulle dita di una mano, nonostante le promesse di supporto da parte del resto del Tour. Tra questi si annoverano Stefanos Tsitsipas ed il fresco vincitore dello US Open Daniil Medvedev, i quali si erano espressi dopo i rispettivi match di secondo turno.

Il canadese Fèlix Auger-Aliassime ha invece rivelato che l’ATP in questo periodo ha indetto un sondaggio tra i propri atleti riguardo le problematiche della comunità LGBTQ+. “Ho da poco iniziato a condurre un sondaggio dell’ATP riguardo la comunità LGBTQ+”, ha affermato. “È importante in quest’epoca essere informati sul tema ed avere una certa apertura mentale, e c’è bisogno che l’ATP stessa sia in prima linea. Non so bene perché non ci siano gay dichiarati nel circuito, ma per quanto mi riguarda non ci sarebbe nessun problema. Credo che per la forza dei numeri qualcuno dovrà pur esserci, ma per il momento non sembra questo il caso”. Stuzzicata dalle parole di Auger-Aliassime, Ubitennis ha approfondito il lavoro svolto dalla ATP in collaborazione con altri due enti. La decisione di supportare la LGBTQ+ è parte di un piano ad ampio respiro progettato dalla ATP, che include il delicato tema della salute mentale degli atleti e del proprio staff.

Il sondaggio a cui abbiamo accennato in precedenza è nato in seguito ad un contatto tra l’organizzazione e Lou Englefield, direttore di Pride Sports, un organismo con sede nel Regno Unito che ha il lodevole scopo di combattere la LGBTQ+fobia negli sport e migliorare le condizioni di accesso agli sport per gli atleti LGBTQ+. È stato in seguito contattato anche Eric Denison, un ricercatore di scienze comportamentali presso la Scuola di Scienze Sociali della Monash University, autore del primo studio internazionale sull’omofobia nello sport intitolato “Out on the Fields”.

“Mi ha piacevolmente impressionato l’iniziativa dell’ATP ed il loro forte desiderio di combattere il comportamento omofobico non solo nei confronti delle persone gay, ma nei confronti di tutti i giocatori”, ha scritto Denison in uno scambio di e-mail. “Nessun altro sport ha assunto questo tipo di atteggiamento nei confronti delle problematiche LGBTQ+, né ha profuso questo tipo di sforzo per cercare soluzioni”. Denison afferma che la consuetudine per anni è stata di affrontare la questione soltanto in seguito a pressioni ricevute dal movimento LGBTQ+. A supporto di questa affermazione, le ricerche che ha condotto nel suo studio hanno documentato almeno 30 casi di discriminazione nei confronti di atleti LGBTQ+ bellamente ignorati dagli organi competenti.

La Monash University ha inviato all’ATP una serie di domande con validità scientifica ai fini di scovare quei fattori che contribuiscono a creare una cultura ed un ambiente di lavoro scomodo per i giocatori gay o bisessuali. La metodologia seguita è molto simile a quella adottata da Denison nel 2020 in un’altra ricerca che si focalizzava sugli sport di squadra, specialmente sul rugby e l’hockey su ghiaccio. “Non crediamo che il tennis sia uno sport inconsciamente più omofobico di altri, ma abbiamo notato che c’è una disparità netta tra ciò che viene spesso professato dagli atleti nei confronti delle persone omosessuali (ad esempio, i tanti commenti a favore della comunità LGBTQ+ arrivati di recente) e il loro effettivo comportamento sul campo, come i tanti insulti o battute omofobiche” dice Denison. “Questo tipo di comportamento diventa consuetudine e contribuisce a creare un clima piuttosto ostile nei confronti degli atleti gay o bisessuali, che cercano quindi di nascondere la propria identità. La situazione è ancora più grave nel tennis giovanile o in quello non professionistico: le battutacce continueranno perché le persone pensano che siano innocue”.

La speranza è che in futuro sempre più tennisti si presteranno alle domande e agli studi condotti dai ricercatori al fine di capirne di più sull’argomento. I risultati saranno poi utili alla Pride Sports ed alla Monash University al fine di mettere a punto soluzioni al problema; chiaramente non sappiamo ancora quanto tempo dovrà passare perché ciò accada.

L’ATP quindi ha deciso di rendere il circuito maschile un ambiente più accogliente e sicuro per gli atleti LGBTQ+ del futuro, e per coloro che minimizzano l’importanza di questo passo nel 2021, ecco alcuni dati demografici. Sportsnet riporta dei dati del 2019 che sono allarmanti a dir poco: il 26% dei teenager americani appartenenti alla comunità LGBTQ+, in particolare quelli della fascia d’età che va dai 16 ai 17 anni, ha contemplato il suicidio almeno una volta (un dato superiore di ben cinque volte a coloro che si identificano come etero). Tra coloro i quali sono stati apostrofati con termini omofobici, il 33% ha sviluppato atti di autolesionismo, e un ulteriore 40% ha avuto pensieri al riguardo. Con più di 2000 giocatori al mondo che hanno almeno un punto nella classifica ATP, sembra quindi necessario garantire degli aiuti a chi dovesse decidere di fare coming out.

Iran, oggi donne allo stadio per il match della Nazionale


1 a 0 per i diritti. Decisione storica in Iran: a due anni dall’ultima volta, oggi le donne tornano allo stadio in occasione del match di qualificazione al Mondiale 2022, contro la Corea del Sud. L’ultima e unica volta in cui le tifose si sono potute recare allo stadio Azadi di Teheran è stata nell’ottobre 2019, quando in 3.500 tifarono per la nazionale.

Due anni. Tanto ci è voluto per far sì che le donne potessero tornare a godersi dal vivo una partita della nazionale maschile iraniana. Ci saranno, dunque, per il match di qualificazione al Mondiale 2022, contro la Corea del Sud, in programma domani. L’ultima e unica volta in cui le tifose si sono potute recare allo stadio Azadi di Teheran è stata nell’ottobre 2019, quando 3.500 donne hanno tifato per la squadra maschile iraniana impostasi addirittura per 14-0 sulla Cambogia; la decisione di permettere l’ingresso allo stadio alle donne era legata ad un episodio che ha colpito l’opinione pubblica iraniana, ovvero la tragica morte nel settembre 2019 di una ragazza, Sahar Khodayari, che si è data fuoco dopo aver creduto di essere condannata al carcere per aver tentato di entrare in uno stadio.

Dopo la rivoluzione islamica del 1979, alle donne iraniane è stato negato l’accesso alle gradinate, ufficialmente per proteggerle dalla maleducazione maschile. La Fifa da anni chiede a Teheran di aprire gli stadi alle donne, permesso accordato in rarissime occasioni, e a un numero limitato di donne, tra il 2018 ed il 2019. Oggi una svolta, sperando che non sia solo un episodio sporadico ma le donne negli stadi diventino prassi.

A scuola di sostenibilità: il protocollo d’intesa Fiab – Ministero dell’istruzione


A scuola di sostenibilità. Promuovere la mobilità sostenibile, in bicicletta e a piedi, delle studentesse, degli studenti e del personale scolastico è uno degli obiettivi del protocollo d’intesa firmato da ministero dell’istruzione e Fiab. Si lavorerà, inoltre, per prevenire e contrastare comportamenti scorretti in materia di sicurezza stradale.

Il Protocollo d’Intesa tra il Ministero dell’Istruzione e Fiab (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta), è stato sottoscritto alla presenza del Ministro Patrizio Bianchi e del Presidente Alessandro Tursi. Il Protocollo promuove la cooperazione per la realizzazione di attività che migliorino la qualità della formazione di alunni e personale in termini di salute, sicurezza e sostenibilità della mobilità.

Matti per la corsa: l’evento sportivo che punta i riflettori sulla salute mentale


 

 

Matti per la corsa. Torna il 10 ottobre, Giornata mondiale della salute mentale, la manifestazione che vuole riportare l’attenzione su disagio psichico, inclusione, coinvolgimento attivo nella comunità. Il servizio di Elena Fiorani.

L’appuntamento è per domenica alle 10 al parco della Caffarella, a Roma, per partecipare ad un evento sportivo che vuole ribaltare l’immagine della persona con disagio psichico, ribadendo il suo diritto a non essere più rinchiusa nei luoghi di cura, ed essere invece parte attiva della comunità sui territori che le sono propri, protagonista della promozione della cittadinanza attiva, dello sviluppo e della coesione sociale.

Diverse le attività sportive in programma: una corsa podistica individuale di 8 chilometri e una non competitiva; dimostrazioni di mini volley e una camminata di solidarietà culturale all’interno del parco. Saranno gli utenti del Centro diurno La Fabbrica dei Sogni, formati e assistiti dai funzionari del Parco dell’Appia Antica, ad accompagnare i partecipanti in un percorso storico-culturale per illustrare le ricchezze archeologiche presenti.

Docufilm “Tanta strada”: alla scoperta dell’Emilia-Romagna sulle due ruote


“Tanta strada”. Nel docufilm di Lorenzo Stanzani persone con disabilità scoprono l’Emilia-Romagna in bici attraverso una lunga pedalata da Piacenza al mare. Un percorso dove diverse abilità si incontrano e si raccontano chiacchierando in sella a bici, tandem e handbike, rappresentando la diversità e le opportunità che lo sport offre a tutti.

Il docufilm del regista Lorenzo Stanzani che racconta la disabilità fuori dai soliti schemi, andrà in onda venerdì 8 ottobre su Rai2 e poi sarà disponibile su Raiplay. È un caleidoscopio di valori e colori il nuovo docufilm “Tanta strada” realizzato con il contributo della Regione. Lo sport, la natura, la compagnia, attraverso un lungo viaggio in bicicletta alla scoperta dell’Emilia-Romagna da Piacenza al mare: è questo il cuore del progetto. Un percorso dove diverse abilità si incontrano e si raccontano chiacchierando tra amici in sella a bici, tandem e handbike.

Stanzani racconta la disabilità fuori dai soliti schemi: «È stato un lavoro molto complesso da gestire, perché eravamo un gruppo di 20 persone da gestire e filmare. Quindi avevamo bisogno di una tripla troup, circa 14 persone per le riprese e la registrazione degli audio e delle voci dei protagonisti – racconta il regista Lorenzo Stanzani – Per me è stato un lavoro catartico, un’esperienza di vita incredibile».

Una sfida che la Regione ha saputo cogliere sostenendo l’idea di Matteo Brusa della Fondazione per lo Sport Silvia Parente, attraverso la realizzazione di percorsi ciclabili fuoristrada fruibili anche da persone con disabilità e capillarmente diffusi su tutto il territorio. Matteo Brusa, sottolinea l’importanza di creare percorsi nella natura accessibili per tutti: «Dal 2016 abbiamo reso accessibili 70 itinerari in modo da permettere a tutti di fare sport con assiduità».

Tra le località attraversate dalla piccola “carovana” di ciclisti si va dal Parco delle Foreste Casentinesi a quello del Delta del Po, dall’Appennino Bolognese ai castelli del Piacentino e del Parmense, passando, tra gli altri, per una cantina di stagionatura di Culatello e il Labirinto della Masone. Anche se la disabilità è spesso raccontata come mancanza, come quello che non si può fare, in questo docufilm è rappresentata come una situazione di vita, come ce ne possono essere tante, ma che non impedisce di sentire, scherzare, muoversi.

Girato in due settimane, “Tanta Strada” mostra situazioni inconsuete rispetto a quelle in cui si è abituati a vedere le persone con disabilità: si pedala nel fango, si nuota in una piscina all’aperto, ci si immerge in un caveau di culatelli, si affrontano strade bianche immersi in boschi secolari.

E Flavia Saraceni, una delle protagoniste del film, lo testimonia attraverso la soddisfazione di avere fatto parte di questo progetto: «Non cammino da tre anni e non conoscevo l’handbike. L’ho scoperta grazie a Matteo Brusa, nonostante io sia a Bologna da dieci anni. Questo mi fa capire quante opportunità ci siano da scoprire». Saraceni continua: «Anche se il meteo non ci è venuto incontro, perché ha piovuto praticamente sempre durante il nostro viaggio dai colli al mare, mi sono buttata nell’avventura anche in modo spericolato, che è uno stile che mi caratterizza».

di Pierluigi Lantieri

Crazy for football: il calcio al fianco della salute mentale


Crazy for football. Ci si può iscrivere fino a domani alle selezioni per la nazionale di calcio a 5 dei dipartimenti di salute mentale, che si terranno a Roma sabato 9 ottobre. La squadra italiana ha vinto il titolo mondiale nel 2018, grazie ad un gruppo eccezionale e ad una storia emozionante, che promuove lo sport come strumento terapeutico.

Lo sport aiuta a prendersi cura della fragilità. E con ‘Crazy for football’ il calcio si mette al fianco della salute mentale. Sabato a Roma ripartono le selezioni ufficiali dei nuovi giocatori della Nazionale italiana di calcio a 5 che ha conquistato tutti con la sua storia e vinto il Mondiale nel 2018. La giornata avrà luogo a partire dalle ore 9 presso il circolo sportivo ‘Il Faro’ in via Arcangelo Ilvento.

“Organizzeremo una seduta di allenamento con varie mini-partite – ha detto il ct Enrico Zanchini – condotta dallo staff tecnico e supervisionata da quello medico. Al termine delle selezioni tutti riceveranno un attestato ufficiale di partecipazione, mentre i ragazzi eventualmente selezionati avranno successivamente una comunicazione ufficiale. Tutti i partecipanti dovranno recarsi al campo in tenuta sportiva, con la possibilità di utilizzare gli spogliatoi nei limiti del distanziamento e di tutte le norme anti-Covid”. Nella passata edizione “abbiamo selezionato 7 giocatori su circa 200 visionati in tutta Italia – ha aggiunto il commissario tecnico – inserendoli nella rosa del Mondiale vinto a Roma nel 2018. È stata un’esperienza umanamente meravigliosa, ma anche da un punto di vista strettamente tecnico e agonistico chi ha potuto vedere le partite si è reso conto che si tratta di giocatori veri, che potrebbero partecipare a campionati regionali, anche nazionali, sia di calcio a 5 che di calcio a 11. I pazienti psichiatrici non solo hanno diritto a fare sport- ha concluso Zanchini- ma lo possono fare ad altissimi livelli”.

I successi sportivi e scientifici della Nazionale ‘Crazy for football’ sono diventati anche un film per la tv, in programmazione a novembre in prima serata su Rai1. L’appello è quindi a tutti i servizi, enti o associazioni che si occupano di salute mentale di preselezionare i ragazzi per I provini e invitarli a partecipare, sia accompagnati che in autonomia, quando possibile. Inoltre, bisogna inviare via mail (nazionale@crazyforfootball.org), entro il 7 ottobre, I nominativi dei ragazzi interessati e che parteciperanno, in modo da poter meglio gestire e programmare la giornata ed evitare assembramenti.
Ma un invito è rivolto anche a tutti gli operatori e le operatrici della salute mentale che intendano approfondire I progetti del movimento ‘Crazy for football’ per la promozione dello sport come strumento terapeutico per la salute mentale. “Stiamo sviluppando una serie di iniziative in ambito europeo che hanno prodotto le prime linee guida su sport e salute e mentale, le Linee guida Sphere – ha detto lo psichiatra Santo Rullo, ideatore del progetto e medico della Nazionale ‘Crazy For football’ – pubblicate recentemente sulla rivista monografica del Kpi Psichiatric Journal, e che rappresentano un primo passo per la effettiva introduzione dello sport nei percorsi di riabilitazione psichiatrica nonché per il riconoscimento del ruolo dei tecnici sportivi nelle equipe multidisciplinari per il trattamento psichiatrico”.

Mobilità sostenibile, Padova si aggiudica il premio “Bike to work 2021”


Padova campione. La città veneta si aggiudica il titolo della ciclabilità urbana per il premio bike to work 2021. Sul podio della gara di mobilità sostenibile promossa da Legambiente anche Reggio Emilia e Pesaro. Oltre 38 mila i cittadini che in decine di comuni hanno aderito, recandosi a lavoro e a scuola in bici o con nuovi mezzi di micro-mobilità.

A totalizzare il maggior numero di spostamenti sostenibili casa-scuola e casa-lavoro in sella alla bicicletta o a bordo di mezzi alternativi di micro-mobilità elettrica è stato il capoluogo di provincia veneto, seguito da Reggio Emilia e Pesaro, rispettivamente sul secondo e terzo gradino del podio. Il conteggio degli spostamenti, causa maltempo in alcune delle città coinvolte, è stato effettuato in diverse date tra il 16 e il 21 settembre (nell’arco di due ore scelte da ciascun comune nella fascia 6.00-10.00) tramite appositi check-point allestiti nelle immediate vicinanze di aziende pubbliche e private, scuole e università. Da notare, nell’analisi dei dati, come a un monitoraggio effettuato nell’arco di due ore – e non più di quattro come era avvenuto lo scorso anno– sia corrisposta una fisiologica diminuzione del numero complessivo dei passaggi. In totale sono transitati dai varchi a bordo di mezzi sostenibili 38.572 lavoratori o studenti: 35.037 i passaggi di biciclette conteggiati, 3.204 quelli di altri mezzi di micromobilità elettrica.

Come per l’edizione 2020, segnata dall’emergenza pandemica da Covid-19, anche Giretto d’Italia – bike to work 2021 ha previsto la possibilità di aderire alla competizione tramite “check-point virtuale”, rispondendo cioè a un sondaggio online sul tema dello spostamento casa-lavoro: il 70% dei rispondenti al questionario è risultato lavorare ancora in modalità smart working (di questi il 73% in full time). “Un dato che evidenzia come lo smart working nelle aziende italiane – che rappresenta senz’altro un risparmio in termini di spostamenti quotidiani in città – si stia sempre più stabilizzando quale modalità di lavoro comparabile a quella in presenza, e non debba più essere considerato soltanto in un’ottica emergenziale”, afferma Legambiente.

Altro aspetto da tenere in considerazione in un raffronto con i trend rilevati nel 2020, osserva Legambiente, riguarda il ricorso all’auto privata che nel 2021 ha visto un incremento notevole, nonostante nei primi mesi dell’emergenza Covid-19 si fosse registrato un maggiore utilizzo dei mezzi sostenibili negli spostamenti casa-lavoro e casa-scuola.

“Dona di slancio”: la pedalata in sostegno delle famiglie colpite dalla Sla


 

 

 

“Dona di slancio”. Arriverà domenica ad Assisi la pedalata solidale per sostenere le famiglie colpite dalla Sla. Il servizio di Elena Fiorani.

Da Parma ad Assisi in 5 giorni, in bicicletta sulla “Via di Francesco”, per esprimere solidarietà a 50 famiglie del territorio parmense. Un’avventura ciclistica che è anche un progetto solidale a favore dell’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica sostenuta anche dall’atleta paralimpico Andrea Devicenzi che è partito il 29 settembre da Parma per affrontare i 500 km che la separano da Assisi.

Si tratta di un viaggio ciclo-solidale fatto di sensibilizzazione e solidarietà, per raccogliere fondi destinati alle famiglie di pazienti con Sla, con l’obiettivo primario di migliorare la loro qualità di vita.