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Libera con gli scacchi: la storia della campionessa iraniana Mitra Hejazipour

di Redazione GRS


Libera grazie agli scacchi. La campionessa di scacchi iraniana Mitra Hejazipour è stata accolta dalla Federazione francese per la quale potrà gareggiare, dopo essere stata cacciata da quella del suo Paese per aver scelto di non indossare il velo durante i Campionati del mondo di Mosca 2019.

Ancora cinque anni fa la campionessa di scacchi iraniana Mitra Hejazipour ubbidiva alle richieste del regime degli ayatollah e ripeteva il copione già scritto. «Il velo non è oppressione, ci siamo abituate e lo accettiamo», diceva in tv — indossando l’hijab — per difendere davanti ai media occidentali i campionati del mondo femminili in programma a Teheran nel febbraio 2016 e minacciati da un boicottaggio. Da allora le cose sono molto cambiate. Mitra Hejazipour ha trovato la forza di ribellarsi, ha lasciato l’Iran e ora è stata accolta dalla Federazione francese. In attesa di chiedere la cittadinanza, potrà già gareggiare per i colori della Francia.

«Ogni volta che ci incontravamo le chiedevo di venire da noi», dice il maestro iraniano di scacchi Reza Salami che da decenni vive a Brest. Nel 2019 Salami è riuscito a convincerla, e Mitra Hejazipour si è trasferita — in teoria per una sola stagione — all’Usam, il club della città bretone. A Brest la ragazza iraniana, campionessa d’Asia nel 2015, ha potuto apprezzare libertà negate in patria, come andare allo stadio ad assistere a una partita di calcio dello Stade Brestois, la squadra della città. La svolta il 25 dicembre 2019 a Mosca, ai Campionato del mondo di scacchi blitz (tempo minore a disposizione per ogni mossa, ndr), quando Mitra, che all’epoca fa ancora parte della squadra nazionale iraniana, decide di giocare senza velo. L’immagine del capo scoperto e dei capelli raccolti nella coda di cavallo suscita scalpore in Iran e pochi giorni dopo Mehrdad Pahlevanzadeh, presidente della federazione iraniana, la caccia: «Mitra non ha più posto nella nostra squadra».

Lei fa del suo gesto una rivendicazione politica, e lo spiega su Instagram: «La mia vita sotto il giogo del velo forzato è cominciata a sei anni, con la frase di uno zio: “Cara nipote, non sarebbe meglio portare l’hijab?”. Da quel momento ho dovuto portarlo sempre, anche in famiglia, per fare contenti i parenti. Mi ricordo del mio primo viaggio all’estero, in Germania (ai campionati mondiali under 10, nel 2003, ndr): avevo nove anni, ero stupita da quelle tedesche dai capelli biondi che ci guardavano come se fossimo arrivate da un altro pianeta e si tenevano a distanza dalle guardiane della nostra squadra, vestite con il chador. L’hijab forzato è il simbolo di una ideologia che considera le donne come un sesso inferiore, e io non voglio più fare finta di accettarlo».

Mitra Hejazipour, oggi 26 enne, d’ora in poi giocherà nella squadra francese e non potrà più tornare in Iran, dove restano i suoi genitori e una sorella più piccola. Il suo gesto dà forza alle donne che in Iran combattono contro l’obbligo del velo istituito dalla rivoluzione islamica del 1979, e mette in imbarazzo quanti in Francia sostengono il carattere totalmente libero della scelta di tante donne musulmane francesi di portare il velo. «I migliori momenti sono quelli che passi con il vento che fa volare i capelli — ha scritto Mitra —. Quanto è doloroso imprigionare i capelli danzanti in una stoffa… L’anima muore quando è messa in prigione dopo avere provato il gusto della libertà».

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di Redazione GRS


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di Redazione GRS


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di Redazione GRS


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