Archivi

Incidenti stradali: la strage infinita

 

incidentiLa cronaca di questi giorni  riporta inevitabilmente alla ribalta  tragedie  stradali,  in cui vittime innocenti hanno perso la vita. E intanto,  martedì 24 marzo, alle ore 17,00, ci sarà in tutta Italia una mobilitazione dei familiari delle vittime: un sit-in per chiedere che venga introdotto il reato di omicidio stradale. A Roma sarà davanti al Quirinale, nelle altre città davanti alle prefetture o ai municipi.

Sono  ancora forti l’orrore e il dolore che hanno suscitato la notizia e le immagini legate al tragico incidente, non certo ultimo, purtroppo, che ha strappato alla vita un ragazzo di appena 15 anni, mentre si stava recando ad una partita di calcio, accompagnato in auto dalla madre, che riversa, invece, in gravi condizioni di vita in ospedale. Tutto è accaduto, sicuramente,  a causa di una mancata precedenza, che ha visto coinvolte altre automobili senza gravi conseguenze per i passeggeri, mentre non c’è stato nulla da fare per il ragazzo, spirato prima ancora di giungere in ospedale.  Dure le parole del padre: “Voglio morire anch’io!”.

Ecco, partiamo da questa terribile affermazione, seppure dettata da tanto dolore, che purtroppo è comprensibile in ciascun essere umano, dopo la perdita di una o più persone care, a seguito di incidenti stradali mortali: non c’è altro pensiero che desiderare la fine da parte di chi, purtroppo, rimane con quel vuoto immenso che la vita perduta lascia alla  spietatezza della morte. Ma cosa fare? chi può intervenire per bloccare questa  strage infinita di vittime innocenti?

Molte le associazioni nate per contrastare con tutti i mezzi  questa escalation di incidenti, dovuti, il più delle volte, allo stato fisico e psichico critico di chi sta alla guida, che  da anni si battono per restituire giustizia e dignità alle famiglie delle vittime di incidenti stradali, ed il cui contributo è stato determinante nel formulare la proposta di legge ora in discussione in Parlamento.  Fino ad oggi, infatti,  i pirati della strada, coloro che sono alla guida di un’auto,  o chi causa colposamente gravi danni fisici ad altri soggetti, non fanno neanche un giorno di carcere e continuano a guidare liberamente. Per questo è stato organizzato un sit-in in tutta Italia, davanti alle prefetture o i municipi, e a Roma davanti al Quirinale, per sollecitare l’introduzione del reato di omicidio stradale.

Ma che cos’è il reato di omicidio stradale? Solo recentemente si è cominciato  a parlare di omicidio stradale, precisamente dal 2011, definendolo, talvolta,  “ergastolo della patente” perché si è proposto di vietare per sempre, a chi ha causato gli incidenti più gravi, sotto l’effetto di alcool e di droghe,  di mettersi di nuovo al volante.

Ad inizio 2014 fu il vice ministro Nencini a proporre di inserire nel nuovo Codice della Strada il reato di omicidio stradale. Si tratta, in sostanza, di un’aggravante, che trasforma il reato eventualmente commesso, da colposo a doloso: se chi guida a folle velocità, o sotto l’effetto di alcool o sostanze stupefacenti, causa la morte di una o più persone, è punibile con la reclusione da 8 a 18 anni, oltre che con il sequestro della patente a tempo indeterminato.

“Molti di coloro che si mettono alla guida sotto effetto di alcool o droga e sono responsabili di un omicidio sulla strada, tra sconti di pena e patteggiamenti di varia natura, non fanno un giorno di galera”, le parole di Nencini. “E la media è 2 anni e mezzo di carcere. Per questi motivi e per una questione di giustizia, bisogna che si approvi il prima possibile il reato di omicidio stradale. La legge delega è già stata approvata dalla Camera e anche al Senato siamo a buon punto nell’iter di approvazione”, ha concluso il vice ministro ai Trasporti.

E qui, chi non ricorda le parole del premier Renzi, lo scorso dicembre, quando fece pubblicamente  una promessa, ribadita in un video messaggio inviato alla famiglia di Lorenzo Guarnieri, ragazzo ucciso in strada a Firenze da un’auto pirata.” Il 2015 sarà l’anno in cui noi interverremo» sull’omicidio stradale, «aspetteremo che sia il Parlamento a legiferare, visto che la discussione è in fase avanzata, ma se non lo farà il Parlamento, lo faremo noi. Il tempo dell’impunità è finito».  L’omicidio stradale e l’ergastolo della patente, secondo le intenzioni del premier, diventeranno legge nel 2015. “Il tempo dell’impunità è finito –  assicura il Premier – il 2015 sarà l’anno della svolta definitiva. L’omicidio stradale e l’ergastolo della patente sono due provvedimenti che il Parlamento sta esaminando. Bisognerà dare una risposta. Aspetteremo che siano le Camere a intervenire, perché credo sia giusto che possano legiferare, visto che sono in stato di avanzata discussione su questi temi. Se non lo faranno, provvederemo noi. Nel 2015 – ha garantito Renzi – le cose avranno finalmente compimento dal punto di vista normativo”.

Ma il tempo per i famigliari delle vittime non passa mai e ormai, dopo l’ennesimo rinvio,  delusi,  non si fermeranno, e continueranno a far sentire la propria protesta con tutto il dolore che hanno, fino a che non riusciranno a porre fine a questa inarrestabile ondata di strage infinita, con la certezza della pena per i colpevoli di tante tragedie, ma, soprattutto,  per quel non scritto diritto di giustizia per i loro cari.

 

Ebola, l’emergenza non è finita

ebolaSecondo gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’epidemia di Ebola, che nei mesi scorsi  ha causato oltre diecimila vittime tra Guinea, Liberia e Sierra Leone, non è ancora conclusa.
L’Oms riferisce che attualmente il contagio è confinato in un corridoio geografico piuttosto ristretto, ma c’è ancora il rischio di nuovi focolai.
La Liberia non è ancora ufficialmente fuori dal contagio, poiché è necessario che siano passati 42 giorni dall’ultimo caso; dopo 20 giorni senza nessun nuovo ammalato, qualche giorno fa c’è stato un nuovo caso a Monrovia.
In Guinea ci sono stati 95 nuovi contagi, in Sierra Leone 55.
Intanto la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità è nella bufera: alcuni documenti infatti dimostrerebbero che l’Oms ha rinviato per due mesi l’annuncio dell’epidemia di Ebola nell’Africa occidentale temendo di danneggiare le economie dei Paesi coinvolti.

21 marzo, le ricorrenze

Il 21 marzo, giorno in cui comincia la primavera, cadono le celebrazioni di tre ricorrenze che ci vedono, come mondo del terzo settore e società civile, fortemente coinvolti. Ve le ricordiamo.

  • Giornata della Memoria e dell’Impegno per ricordare le vittime innocenti di tutte le mafie. Libera_XXgiornata ricordo vittime mafieUna tradizione, quella del 21 marzo, iniziata vent’anni fa, quando le famiglie delle vittime di mafia si radunarono per la prima volta a Roma per sfilare assieme e chiedere allo Stato giustizia. Circa 900 nomi di vittime innocenti delle mafie, semplici cittadini, magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell’ordine, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, esponenti politici e amministratori locali morti per mano delle mafie solo perchè, con rigore e coerenza, hanno compiuto il loro dovere.
    Maggiori informazioni: www.memoriaeimpegno.it
  • Giornata Mondiale contro il Razzismo. Layout 1
    Indetta dalle Nazioni Unite in ricordo del massacro di Sharpeville del 1960, la giornata più sanguinosa dell’apartheid in Sudafrica. Quel giorno
    69 manifestanti neri vennero uccisi da 300 poliziotti bianchi perché protestavano contro l’introduzione dell’Urban Areas Act, provvedimento che imponeva ai cittadini sudafricani neri di esibire uno speciale permesso se fermati nelle aree riservate ai bianchi. Il comportamento della polizia, che sparò sui manifestanti, venne denunciato, da una speciale commissione d’inchiesta, come eccessivo impiego della forza contro una folla disarmata, mentre l’operato del governo sudafricano venne ufficialmente condannato dalle Nazioni Unite.
    Maggiori informazioni: www.unar.it/settimanacontroilrazzismo
  • Giornata Internazionale delle Persone con Sindrome di Down Giornata Internazionale delle Persone con Sindrome di Down
    L’evento, riconosciuto dall’ONU, si svolge il 21 marzo proprio perché il 21 è il numero della coppia cromosomica presente all’interno delle cellule che caratterizza la Sindrome di Down e il 3 (marzo, terzo mese dell’anno) rappresenta il cromosoma in più.
    Maggiori informazioni: www.anffas.net

 

Amazzonia, nasce il corpo speciale contro il disboscamento

OLYMPUS DIGITAL CAMERACombattere il disboscamento illegale della foresta amazzonica: questo l’obiettivo della nuova Compagnia per le operazioni ambientali brasiliana, un corpo di polizia speciale che impiegherà 200 agenti in diversi punto strategici della regione.

Il provvedimento mira a contrastare un fenomeno in preoccupante aumento negli ultimi anni: secondo l’organizzazione ambientalista Imazon, nel 2014 sono stati rasi al suolo 402 km quadrati di foresta, il 290% in più rispetto al 2013, per destinare il terreno ad altro uso.
Greenpeace ha denunciato nei mesi scorsi il traffico illegale di legname nello stato del Parà, tagliato illegalmente e traferito per seere lavorato ed esportato in Europa, Cina, Giappone e Stati Uniti.

La creazione del nuovo corpo speciale prevede un investimento di circa dieci milioni di dollari.

A piccoli passi verso la buona informazione – Premio Formica d’oro per il GRS

Formica d'oro2015Il Giornale Radio Sociale ha vinto il premio Formica D’Oro 2015 – sezione web e comunicazione, evento istituito dal Forum del Terzo Settore del Lazio per premiare le Organizzazioni di terzo settore, i media, gli enti locali, le personalità e la ricerca sociale.

Il Premio Formica D’Oro è un riconoscimento che viene assegnato da otto anni a quanti si siano segnalati per azioni, servizi, iniziative, ricerche e interventi di rilievo tali da essere elemento di promozione del terzo settore.

La premiazione si è tenuta il 4 marzo a Roma, in Campidoglio.

#CorroPer un’altra idea di sport

sport1Lo sport sociale e le società sportive del territorio protesteranno di fronte al Parlamento per il diritto allo sport e alla salute: per modificare il decreto Balduzzi, per approvare la legge sul valore sociale dello sport, per maggiore trasparenza ed etica nello sport

L’Uisp e le società sportive del territorio chiedono al governo e al Parlamento di rivedere il decreto Balduzzi, chiedono una nuova legislazione, nazionale e regionale, che valorizzi il ruolo sociale dello sport e più trasparenza ed etica nel mondo sportivo. Soprattutto quando si parla di utilizzo di risorse pubbliche.

Il 19 marzo a Roma l’Uisp-Unione Italiana Sport Per tutti ha annunciato un’iniziativa pubblica in piazza Montecitorio, che darà il via alla campagna nazionale #CorroPer un’altra idea di sport. Una maratona virtuale a cui tutti potranno partecipare proponendo la propria idea di sport.

Alle ore 10 si terrà la conferenza stampa di presentazione nella sala stampa della Camera dei Deputati, in via della missione 4. Parteciperanno il presidente e i dirigenti Uisp, presidenti di società sportive, rappresentanti delle istituzioni e delle Regioni. Alle ore 11 i partecipanti alla conferenza stampa si uniranno a sportivi, educatori Uisp e cittadini e attraverseranno la zona “Partenza” che verrà allestita a piazza Montecitorio, nello spazio antistante la Camera dei Deputati.

Da quel momento partirà la Maratona virtuale che andrà avanti nelle prossime settimane.
Tutti, in ogni città italiana, potranno partecipare ed esprimere la propria idea di sport attraverso una foto o un video: personaggi pubblici, sindaci e amministratori, rappresentanti delle istituzioni, delle associazioni di terzo settore, del mondo sportivo che vorrà aderire e sostenere la campagna.
Per quale idea di sport stai correndo? Rispondi a questa domanda e lancia la tua idea di sport. Realizza un breve video oppure una foto e postalo nel social network che preferisci ricordando di scrivere #CorroPer.

Tutti i video e foto verranno aggregati nel sito internet corroper.uisp.it dove sarà possibile vederli tutti.

XI edizione della Settimana di azione contro il razzismo 16- 22 marzo 2015

windowslivewriterphotosthatchangedtheworld-9d70lon28223Il 21 marzo si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale contro il Razzismo, indetta dalla e Nazioni Unite in ricordo del massacro di Sharpeville del 1960, la giornata più sanguinosa dell’apartheid in Sudafrica. Quel giorno 69 manifestanti neri vennero uccisi da 300 poliziotti bianchi perché protestavano contro l’introduzione dell’Urban Areas Act, provvedimento che imponeva ai cittadini sudafricani neri di esibire uno speciale permesso se fermati nelle aree riservate ai bianchi.

Il comportamento della polizia, che sparò sui manifestanti, venne denunciato, da una speciale commissione d’inchiesta, come eccessivo impiego della forza contro una folla disarmata, mentre l’operato del governo sudafricano venne ufficialmente condannato dalle Nazioni Unite.

Per celebrare la Giornata Mondiale contro il razzismo, l’UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, istituito presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri con il compito di promuovere la parità di trattamento e rimuovere le discriminazioni fondate sulla razza e l’origine etnica, organizza ogni anno una Settimana di azione contro il razzismo con l’obiettivo di promuovere iniziative di informazione ed approfondimento, di diffondere ed accrescere una coscienza multietnica e multiculturale nell’opinione pubblica e, in particolare, fra i giovani.

Saranno organizzate iniziative nel mondo della scuola, dell’Università, dello sport e della cultura per riflettere sui temi legati alla immigrazione, integrazione e inclusione sociale, alla parità di trattamento e al principio di non discriminazione di cui all’articolo 3 della Costituzione Italiana.

Programma della settimana

L’Italia non è più il Paese dei bambini

Secalo nascitecondo gli ultimi dati Istat, il notevole calo delle nascite ha raggiunto livelli minimi dall’Unità d’Italia, “un inverno demografico senza precedenti, in cui il nostro Paese ha l’amaro privilegio di primeggiare”.

 

Una volta, chi diceva Italia, per associazione di idee, oltre alla cultura, al mare e al sole, alle bellezze naturali e artistiche,  ne sottolineava l’immagine reale, e piacevole,  di  famiglie numerose, con molti figli.

Oggi, con il grido d’allarme lanciato dall’ultimo rapporto dell’Istat, si evidenzia, invece,  un notevole calo delle nascite giunto ad un livello minimo dall’Unità d’Italia, tanto da essere tra i Paesi europei con meno natalità.  Infatti, sono nati, nel 2014, solo 509 mila bambini, 5000 in meno rispetto al 2013.

Sempre meno figli per gli italiani, quindi, ma non solo:  per la prima volta anche fra le mamme straniere che finora hanno tenuto alto il livello demografico del nostro paese, non c’è più voglia di fare figli.  Cinquemila neonati in meno nel 2014, rispetto all’anno precedente e circa 4 mila morti in meno. È il quadro demografico tracciato dall’Istat in un rapporto in cui sono stimati gli andamenti nel 2014 e in cui si sottolinea che il tasso di natalità è «insufficiente a garantire il necessario ricambio generazionale».  La media di figli per donna resta stabile al 2013 ed è pari ad 1,39 figli, mentre, l’età media al parto sale a 31,5 anni. Calano le nascite anche da madri straniere: la media di figli a madri italiane è di 1,31, mentre per quelle straniere è di 1,97.

La popolazione residente ha raggiunto i 60 milioni 808 mila residenti (compresi 5 milioni 73 mila stranieri) al primo gennaio 2015, mentre i cittadini italiani continuano a scendere – come ormai da dieci anni – e hanno raggiunto i 55,7 milioni (-125 mila rispetto all’anno precedente).

Ma per capire meglio il fenomeno, e approfondirne gli aspetti, tra cui quelli umani, abbiamo incontrato Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, e direttore del CISF, Centro internazionale Studi Famiglia,   che da anni segue le dinamiche relative alle famiglie italiane, e al quale abbiamo chiesto quali possono essere le cause di questa flessione delle nascite e  quali i rimedi possibili.

                                           I nostri figli sono il nostro futuro, oggi più che mai.

bambini e futuro

 

D: L’ultimo rapporto Istat lancia un grido d’allarme, evidenziando un notevole calo delle nascite, dovuto a diversi fattori, tra cui quello umano, da qui la frase, ormai ricorrente, che “ci vuole davvero coraggio a mettere al mondo un figlio”. E’ proprio così?

R – Questa frase, facile da sentire nelle conversazioni quotidiane nelle nostre famiglie, negli uffici, tra la gente, descrive con grande efficacia la realtà attuale, ed è preziosa proprio per la sua insopprimibile ambivalenza. Se la leggiamo con un certo tono di voce, con queste parole esprimiamo ammirazione, rispetto e persino solidarietà per quei giovani – sempre di meno, in verità – che accettano una vita nuova nel proprio progetto di vita. Ma basta cambiare il tono di voce e le stesse parole possono esprimere un giudizio negativo e quel “coraggio” diventa la sventatezza e l’irresponsabilità di mettere al mondo un nuovo essere umano, che inquinerà, che dovrà vivere in un mondo duro, che non avrà garanzie… e quindi, molto meglio scegliere di non mettere al mondo una nuova vita.

D – E’ un problema, quindi, della società e di tutto ciò che ne fa parte, a far desistere dal mettere al mondo dei figli?

R – La società contemporanea, nel suo complesso, deve scegliere che tipo di coraggio è quello di due giovani che decidono di avere un figlio, nonostante tutto, spesso contro il parere di parenti, amici e conoscenti, magari con lavori precari, magari con un mutuo trentennale per la casa, magari costretti a spostarsi di centinaia di chilometri dal proprio paese: è fiducia nel futuro per sé e per i propri figli oppure è un irresponsabile azzardo, in un mondo in perenne crisi? è voglia di lasciare un segno nel mondo, un’eredità generosa, oppure è una monotona prosecuzione di comportamenti tradizionali, che non si accorgono che il mondo è cambiato, e che “il pianeta scoppia”? E’ restituzione alle nuove generazioni del dono ricevuto dai propri genitori con la vita, oppure è egoistico progetto di autorealizzazione, che metterà a rischio le possibilità di felicità di quel nuovo bambino, nato senza garanzie in un mondo sempre più incerto?

D – Qui ritorna il discorso individuale, personale, e delle responsabilità della politica. A quale rischio si va incontro  con il calo delle nascite?

R – Le persone possono scegliere se accogliere la vita o meno, e purtroppo nel nostro Paese sono sempre meno quelle che hanno il coraggio di farlo (questo è il coraggio “vero”…); ma quello che sorprende è che la politica non si sia ancora resa conto dei gravissimi rischi di collasso sociale – reali, in parte già operanti – che il blocco della natalità può portare. Un inverno demografico senza precedenti, in cui il nostro Paese ha l’amaro privilegio di primeggiare, da decenni copre il nostro Paese con un manto di gelo ben più duro della neve recentemente caduta in tutta Italia, che ha paralizzato spesso intere città: ma una società incapace di generare nuovi figli è una società incatenata, senza futuro, senza progetti, in cui la creatività diventa inutile, e in cui, come è sotto gli occhi di tutti, una gerontocrazia sempre più arrogante impedisce ai giovani di costruire i propri progetti, occupando spazi e occasioni di vita, e sterilizzando, di fatto, la fecondità di un intero popolo: fecondità che non riguarda solo i bambini, ma la creatività di chi fa impresa, l’imprenditorialità di chi genera innovazione e lavoro, la generosità di chi agisce gratuitamente per gli altri.

 D –  Dai dati Istat emerge che anche le donne immigrate fanno meno figli

R – Purtroppo è vero, anche i dati sulle famiglie immigrate nel nostro Paese confermano che questo “non è un paese per bambini”. Anche le donne straniere, infatti, pur con un indice di fecondità più alto delle “native italiane”,  hanno molto rapidamente ridotto il numero dei figli da 2,9 nel 2006 a 1,91  nel 2013. Crolla quindi l’illusoria ipotesi che i movimenti migratori potessero compensare, almeno in parte, il gelo demografico del nostro Paese.

D – Come può risvegliarsi da questa ondata di gelo, come la definisce lei, il nostro Paese?

R – Il risveglio del nostro Paese non potrà avvenire se non si scongelerà la generosa fecondità della vita: senza una capacità di accoglienza per le nuove generazioni, saremo sempre più condannati ad una guerra tra le generazioni. Solo una società capace di accogliere le nuove vite sarà capace di costruire sistemi di solidarietà tra le generazioni, di accudire meglio i propri anziani, le persone fragili, chi è emarginato. Perché il futuro di un popolo sono i suoi figli; un popolo senza futuro, invece, non si preoccupa nemmeno dei propri anziani. Il cambiamento demografico del nostro Paese è quindi una urgenza globale del sistema Paese. E’ una sfida per la società tutta, per la politica, per l’economia, ma è anche un richiamo alla responsabilità di ciascuno di noi.

 

Ringraziamo Francesco Belletti per la sua disponibilità, e, mentre stiamo per pubblicare questo articolo, sentiamo al telegiornale una notizia che ci colpisce, non solo per la bellezza che racchiude in sè, ma per “il coraggio” di cui parlavamo, e che tanti, molti, non trovano: questa mattina, una donna trentenne, tetraplegica da diversi anni, ha dato alla luce una bellissima bambina all’ospedale di Perugia.  Tutto questo va controcorrente, rispetto alle statistiche, ma può essere un segnale, forte:  è la voglia di vivere, nonostante tutto.

 

Riferimenti:

www.istat.it

www.forumfamiglie.org

 

 

 

 

 

 

 

IL PUNK ALL’EUROVISION

pertti_kurikan_nimipaivatLa Finlandia osa all’Eurovision con la musica punk. Il pubblico finlandese ha deciso all’unanimità votando il gruppo Pertti Kurikan Nimipäivät, più comunemente conosciuti come i PKN. Sono quattro e suonano punk dal 2009 e sono affetti da autismo e sindrome di Down. Saranno la prima band punk a salire sul palco del festival che si svolgerà a Vienna il prossimo maggio. Si presenteranno con la canzone Aina mun pitää (Io devo sempre). Nel 2012  i Pertti Kurikan Nimipäivät sono stati protagonisti di un documentario “The Punk Syndrome”.

Finland Eurovision 2015 – Pertti Kurikan Nimipäivät – Aina mun pitää

Uomini col burqa per i diritti delle donne afghane

Uomini con il burqa a Kabulburqa per raccontare la condizione della donna: è l’idea messa in piedi da un gruppo di giovani afghani in vista dell’8 marzo.
L’iniziativa è stata organizzata insieme alla ong Afghan Peace Volounteers e mira a denunciare le violenze di genere e le violazioni cui le donne sono sottoposte anche dopo la caduta del regime talebano: il burqa, simbolo dell’annullamento dei diritti delle donne, è ancora molto diffuso in tutto il paese.
Alla fine del 2013 Human Right Watch ha denunciato che il Ministero della Giustizia afghano stava valutando di reintrodurre la lapidazione per reati morali come l’adulterio, ipotesi scongiurata a causa della forte mobilitazione della comunità internazionale.
Secondo un’indagine della Global Rights, in Afghanistan oltre l’87% delle donne ha subito un abuso, che avvengono per lo più in zone rurali; sono molto frequenti inoltre i matrimoni forzati e precoci.
La differenza di genere è ancora molto marcata: solo il 5,8% delle donne afghane ha un titolo di scuola superiore, contro il 34% degli uomini, mentre la presenza delle donne sul mercato del lavoro è pari al 15,7% del totale.