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Adolescenti isolati e sfiduciati: allarme dal nuovo Rapporto di Con i Bambini

di Redazione GRS


Domani incerto – Un terzo degli adolescenti italiani guarda con pessimismo al proprio futuro, ma il dato sale di 10 punti per chi vive in periferia o in quartieri difficili. Lo dice il nuovo Rapporto di Con i Bambini, che mostra come quasi 7 ragazzi su 10 trascorrano il tempo libero a casa, denunciando scarse opportunità di relazione.

Se un terzo degli adolescenti guarda con pessimismo al proprio futuro nell’intero Paese, il dato sale di 10 punti (43%) fra le ragazze ed i ragazzi che vivono in aree più “difficili”, periferie e zone in deficit di servizi. Differenze che emergono anche rispetto agli ambiti delle opportunità di relazione tra pari, di praticare attività sportive o ricreative, di sentirsi sicuri, che segnano una crescita in salita per ragazzi e ragazze che vivono in are più difficili rispetto ai loro coetanei. Non si tratta “solo” di una questione di servizi. Gli adolescenti che oggi vivono in periferie o quartieri difficili sono privati della fiducia: verso il prossimo, ma anche nel futuro.
Sono alcuni dei dati emersi dall’indagine promossa da Con i bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e condotta dall’Istituto Demopolis in occasione della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 20 novembre. L’indagine, oltre al focus sulle periferie, ha posto l’attenzione anche sulle percezioni dell’opinione pubblica, e dei genitori con figli minori in particolare, sulle opportunità di crescita dei più giovani.
<<Questa indagine è importante perché dà voce alla vita e ai dei nostri adolescenti, troppo spesso frettolosamente etichettati in modo negativo, e in particolare degli adolescenti che vivono nelle nostre periferie e nelle aree d’Italia con maggiori fragilità sociali ed economiche” – commenta Marco Rossi-Doria presidente di Con i bambini. “In generale è una generazione che chiede più spazio di socialità e di autodeterminazione e che nonostante le difficoltà che la scena che gli abbiamo lasciati gli prospetta, non rinuncia ai propri sogni. Ascoltiamoli di più! Sono ragazzi e ragazze del nostro Paese che pongono ai primi posti, tra le ‘cose importanti’ della vita, la famiglia e l’amicizia, ma anche lo star bene con sé stessi e che danno importanza all’amore in un tempo di conflitti e di odi. Non è davvero poca cosa. Stanno dicendo cose che servono anche ai loro genitori e nonni, a noi tutti>>.

Quasi 7 adolescenti su 10 trascorrono il tempo libero a casa. Una generazione che denuncia scarse opportunità di relazioni tra pari, soprattutto tra ragazzi chi vivono nelle aree più difficili. Le opportunità di incontrare amici nel quartiere sono ritenute sufficienti da appena il 36% degli adolescenti che vivono in periferie e aree più vulnerabili, un quarto in meno dei loro coetanei che vivono in altre zone (61%). <<Le nostre città sono divise a metà e narrano due città molto diverse, in forma nuova ma come al tempo di Charles Dickens! Ogni azione positiva delle comunità educanti che favoriscono la voce e il protagonismo dei nostri ragazzi nelle troppe aree fragili d’Italia è una benedizione che va sostenuta da ogni parte politica!  È il tempo di dare loro fiducia, opportunità, risorse e prospettiva – commenta Rossi-Doria>>.

Le diverse analisi, condotte a partire dal 2019, hanno valutato quale motore fondamentale di relazioni e crescita siano le attività extrascolastiche. Ma l’eventualità che in Italia i 14-17enni le pratichino non è scontata e risulta talora residuale: il 72% non svolge attività o laboratori musicali, artistici o teatrali; oltre un terzo (35%) non pratica alcuna attività fisica o sportiva, con un dato che cresce fra le ragazze fino al 48%.
Ma la possibilità di praticare attività extrascolastiche nel proprio quartiere di residenza non vale per tutti gli adolescenti allo stesso modo. Nelle zone “difficili”, la dimensione di opportunità dichiarata dai ragazzi residenti crolla di oltre 30 punti, sia per le attività ludiche e culturali che per lo sport.

<<La dimensione del contesto urbano in cui si vive – spiega il direttore di Demopolis Pietro Vento – pesa parecchio. La ricerca ha evidenziato le differenti opportunità e prospettive degli under 18 nel nostro Paese: le periferie e i quartieri difficili delle città italiane non sottraggono “solo” servizi ed opportunità, ma anche ottimismo e fiducia. Secondo gli adolescenti intervistati, le città italiane non sono a misura di minori: meno della metà del campione analizzato ritiene che siano adeguati spazi verdi, scuole, strutture per lo sport, trasporti pubblici. Meno del 30% valuta sufficienti la sicurezza urbana, la qualità dell’aria, i servizi sociali. E, fra i ragazzi che dichiarano di vivere in periferie e quartieri difficili, le valutazioni scendono di oltre 10 punti per tutte le variabili analizzate: oltre i 2/3 ritengono inadeguati servizi sociali e sanitari, occasioni per il tempo libero, sicurezza urbana>>.

Eppure, se dovessero scatenare fantasia e desideri su che cosa vorrebbero in più e di meglio nel proprio quartiere di residenza, gli adolescenti rispondono con dichiarazioni di pragmatismo a tratti sorprendenti: serve ripartire dai prerequisiti minimi. Servirebbero luoghi per incontrarsi con gli amici o fare nuove amicizie (44%), ma anche maggiore pulizia (43%) e sicurezza nella propria zona (40%), con dati che si inaspriscono nei quartieri più complessi e nelle periferie delle città italiane.

Morti sul lavoro, la settimana si apre con quattro vittime in Calabria, Lazio e Sicilia

di Redazione GRS


Ancora morti sul lavoro – La settimana si è aperta con notizie drammatiche sul fronte della sicurezza. Il servizio di Federica Bartoloni.

Il centro sud insanguinato dalle quotidiane morti nei luoghi di lavoro del nostro Paese: un lunedì che ha visto due vittime in provincia di Crotone, una in provincia di Frosinone e l’altra nel ragusano.

Ritratti standard delle morti giornaliere che sembrano aver raggiunto una normalizzazione: operai, stranieri o anziani over 60 destinati anche a morire sulle impalcature teatro della loro vita. Intanto le audizioni per la proposta di modifiche al “dl sicurezza sul lavoro” continuano in 10a Commissione in Senato nel sentire comune verso un provvedimento di certo in linea con quelli che lo hanno preceduto.

Cop30 di Belém: accordo per rafforzare i diritti dei popoli indigeni

di Redazione GRS


Cambio di passo – Alla Cop30 di Belém, in Brasile, è stato presentato l’impegno intergovernativo per il riconoscimento e il rafforzamento dei diritti territoriali di popoli indigeni e comunità locali nei Paesi che ospitano foreste tropicali. L’alleanza è guidata da Brasile, Norvegia e Perù.

L’annuncio arriva in un momento di forte mobilitazione indigena a Belém, dove leader di diverse etnie non solo brasiliane ma anche di altri paesi sudamericani sono accorsi per chiedere garanzie sui diritti territoriali e maggiore protagonismo nei negoziati climatici internazionali.
Secondo i promotori, l’iniziativa mira a dare sicurezza giuridica alle aree già occupate o rivendicate da comunità ancestrali ed è considerata una misura decisiva sia per la conservazione delle foreste tropicali sia per la giustizia sociale.

Studi internazionali indicano infatti che i territori indigeni figurano tra le soluzioni più efficaci e a basso costo per la mitigazione climatica, grazie al loro ruolo nel contenimento della deforestazione.
L’alleanza auspica inoltre l’adesione di altri Paesi e il sostegno finanziario di donatori multilaterali.

Rapporto annuale CNEL: servizi sociali crescono, Sud ancora indietro

di Redazione GRS


Politiche sociali – È stato presentato a Roma il Rapporto annuale del CNEL sui servizi sociali territoriali. Il servizio è di Giovanna Carnevale.

Dal 2019 al 2022 la spesa sociale territoriale è cresciuta del 18%, raggiungendo la cifra di 8,9 miliardi di euro, pari allo 0,46% del PIL italiano. L’analisi svolta dal Cnel evidenzia però forti disomogeneità, non solo tra le diverse Regioni, ma anche all’interno delle stesse e dei singoli contesti locali. Oltre il 50% dei “micro-Comuni”, ad esempio, si colloca al disotto dei fabbisogni standard. Nonostante nel lungo periodo la spesa sia cresciuta maggiormente nel Sud e nelle Isole, i territori più esposti a rischi strutturali continuano comunque ad essere quelli del Mezzogiorno, dove la crescita della spesa non è ancora sufficiente a compensare i ritardi accumulati.

Torna a Napoli la rassegna di Arci Movie: Roberto Andò apre la 34esima edizione

di Redazione GRS


Cinema per ragazzi – Torna a Napoli “Lo schermo e le emozioni”, storica rassegna di Arci Movie dedicata alle scuole: apre la 34esima edizione Roberto Andò, artista di cinema, teatro e letteratura, che domani presenta il suo ultimo film “L’abbaglio” alla presenza di cinquecento studenti delle scuole della Campania.

«Gli incontri importanti sono quelli che per i giovani possono provocare ispirazione, entusiasmo e speranza. Dopo l’incontro di due anni fa con Nanni Moretti a Ponticelli, la nostra sala metterà in comunicazione i giovani dell’area Est e Vesuviana di Napoli con la creatività di Roberto Andò, un artista che ha sempre dato grande importanza all’educazione dei giovani»,  anticipa Roberto D’Avascio, presidente di Arci Movie.

La Nazionale maschile palestinese torna in campo a Bilbao tra applausi e solidarietà

di Redazione GRS


Palla al centro – La Nazionale maschile palestinese ha fatto il suo ritorno in campo a Bilbao, dove ha incontrato la selezione dei Paesi Baschi. La squadra non giocava in Europa dal 2009. Ad attendere i 26 giocatori un abbraccio collettivo di applausi, coraggio e solidarietà.

Quando sabato 15 novembre la Nazionale maschile palestinese ha fatto il suo ingresso in campo a Bilbao per sfidare la selezione dei Paesi Baschi, i riflettori sono tornati ad accendersi sul genocidio che continua a consumarsi a Gaza. Ad attendere i 26 giocatori convocati dal cittì Ehab Abu Jazar non sono stati il fragore delle esplosioni né il silenzio della devastazione, ma un abbraccio collettivo di applausi, coraggio e solidarietà: sugli spalti del San Mamés si è assistito alla più imponente affluenza di sempre per una gara casalinga della rappresentativa basca.

In appena tre settimane dall’apertura delle vendite, sono stati staccati oltre 50mila biglietti, accendendo l’attesa per una sfida in cui sono scese in campo alcune delle figure più note del calcio basco, come il centrocampista dell’Udinese Oier Zarraga. Per la Palestina si è trattato di un ritorno storico: non disputava un incontro su suolo europeo dal 2009, quando affrontò il Brussels Fc per celebrare i sessant’anni dell’Agenzia Onu per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (Unrwa).

Il 3-0 per i padroni di casa, quindi, non ha scalfito quello che Yasser Hamed, difensore palestinese nato e cresciuto nei Paesi Baschi, ha definito come «uno dei momenti più emozionanti della mia vita». E questo viaggio in Spagna avrà un secondo capitolo: martedì 18 novembre allo Stadio Olimpico Lluís Companys di Barcellona, la Palestina sfiderà la Nazionale della Catalogna, trasformando il proprio passaggio in Europa in un inno alla resistenza e alla memoria.

Dal campo alla mobilitazione globale
Del resto, uno degli obiettivi di questa tournée è ricordare le circa 70mila vittime del massacro che continua a colpire Gaza. Molti di coloro che avrebbero potuto indossare oggi la maglia della selezione palestinese – o che sognavano di farlo un giorno – non ci sono più. Secondo i dati forniti dalla Federcalcio palestinese, a partire dal 7 ottobre di due anni fa, 421 calciatori, tra cui 103 bambini, sono stati uccisi o lasciati morire di fame dall’esercito israeliano nella Striscia.

Un bilancio stimato all’indomani della morte di Suleiman Al-Obeid, soprannominato il “Pelé palestinese”, ucciso il 6 agosto durante un attacco che ha colpito persone in fila per ricevere cibo. Oggi quel bilancio potrebbe essersi ulteriormente aggravato ed è anche per rendere loro omaggio che la Federcalcio basca ha voluto organizzare questa amichevole. Nel caso della gara di Barcellona, invece, pur contando sul pieno sostegno della Federazione catalana, l’idea della partita è nata dalla coalizione “Basta complicità con Israele” (CPCI), un coordinamento di 21 movimenti sociali, collettivi e associazioni impegnati a rompere la complicità delle istituzioni e delle imprese catalane nella violazione dei diritti del popolo palestinese.

La coalizione è la principale piattaforma di mobilitazione della società catalana e tra i suoi successi più significativi figura la campagna che, nel 2023, ha portato alla sospensione del gemellaggio tra le città di Barcellona e Tel Aviv. Insieme alle principali organizzazioni palestinesi per i diritti umani e a un’ampia rete di associazioni europee, la coalizione ha preparato una campagna di mobilitazione globale chiamata Act X Palestine, che include tra i vari eventi anche l’amichevole tra Catalogna e Palestina.

In questa iniziativa c’è anche un po’ d’Italia, grazie al contributo di Arci e Un Ponte Per e al fatto che il presidente della coalizione, Luca Gervasoni, è nato a Saronno da padre bergamasco. Gervasoni, che ha vissuto cinque anni in Palestina collaborando anche con l’ex vicepresidente del Parlamento europeo Luisa Morgantini, ha spiegato che l’opportunità di lanciare la campagna e organizzare l’amichevole ha trovato uno slancio ulteriore con il cessate il fuoco entrato in vigore il 10 ottobre scorso. «Seppur Israele abbia violato ripetutamente l’accordo, ora ci sono più possibilità di inviare aiuti umanitari a Gaza – ha detto – e abbiamo ritenuto che fosse il momento di esercitare maggiore pressione a livello europeo e organizzare grandi eventi capaci di raccogliere contributi dalla gente e destinarli alla Palestina».

Tutti i proventi della partita e della campagna, dunque, saranno indirizzati direttamente a sostenere le necessità del popolo palestinese attraverso tre linee di azione: aiuti umanitari e ricostruzione a Gaza, giustizia e fine dell’impunità, e cultura come forma di resistenza. Il programma completo di Act X Palestine è stato annunciato sabato in occasione dell’evento di lancio. Tutte le attenzioni, però, sono inevitabilmente concentrate sulla partita di martedì, che vedrà la partecipazione di diversi calciatori della massima divisione spagnola, tra cui Marc Bernal del Barcellona e Àlex Moreno del Girona.

Le partite sulle tv palestinesi
«Vogliamo estendere la solidarietà con la Palestina attraverso lo sport più popolare al mondo», ha spiegato Gervasoni, sottolineando l’importanza di farlo allo Stadio Olimpico di Barcellona. L’impianto, meglio noto come Montjuïc, ospitò le Olimpiadi popolari del 1936, evento sportivo antifascista ideato per contrapporsi ai Giochi Olimpici di Berlino organizzati dalla Germania nazista. «Utilizzare lo sport per promuovere pace e solidarietà è tra le cose più significative che abbia mai visto nella mia vita di attivista – ha aggiunto – e vogliamo che l’amichevole tra Catalogna e Palestina si inserisca in questa tradizione».

Il calcio non è visto solo come uno strumento per diffondere pace e solidarietà, ma anche come veicolo per restituire dignità a una popolazione sotto occupazione. «La partita sarà trasmessa anche dalle televisioni palestinesi. Dare ai palestinesi l’opportunità di vedere la propria Nazionale sul campo attualmente utilizzato dal Barcellona rappresenta un messaggio di speranza», ha detto Gervasoni.

Tutto ciò è favorito dal clima politico e sociale che si respira in Spagna. Tra i governi occidentali, quello di Pedro Sánchez è tra i più vicini alla causa palestinese e ha assunto un ruolo da capofila nel riconoscimento dello Stato palestinese all’Onu. A settembre, inoltre, il consiglio dei ministri spagnolo ha approvato un decreto legge che, secondo il governo, dovrebbe consolidare l’embargo totale sulle armi verso Israele. Non è un caso che sempre in Spagna si sia registrata la forma di opposizione più decisa contro un evento sportivo che coinvolgesse atleti o squadre israeliane: attivisti pro-Palestina hanno infatti causato l’annullamento dell’ultima tappa della Vuelta a Madrid interrompendo il passaggio dei ciclisti.

Il giorno dopo Catalogna-Palestina, a Badalona, sono previste proteste volte a impedire lo svolgimento della partita di Champions League di basket tra il Joventut e la squadra israeliana dell’Hapoel Holon. Gervasoni, però, non teme che l’amichevole possa degenerare in violenza. «Le autorità locali non l’hanno considerata una partita ad alto rischio», ha affermato. «A Barcellona, così come in tutta la Catalogna, il supporto al popolo palestinese è ampio e diffuso. Non la vivremo come una normale partita di calcio. Vogliamo che sia un momento di ritrovo familiare per offrire un’immagine di solidarietà per tutta la Palestina».

Rapporto Caritas, povertà in crescita: 5,7 milioni gli italiani in difficoltà

di Redazione GRS


Lo sguardo della prossimità – I dati del nuovo Rapporto Caritas mostrano numeri diventati ormai strutturali sulla povertà. Il servizio è di Giuseppe Manzo.

“Fuori campo. Lo sguardo della prossimità” è il titolo del nuovo Rapporto Caritas. I dati mostrano una povertà assoluta che coinvolge oltre 5,7 milioni di persone e 2,2 milioni di famiglie, con una crescita di oltre il 40% nell’ultimo decennio. Tra i più colpiti, i minori e i lavoratori con salari bassi e contratti instabili: il lavoro, sempre più spesso, non basta più a garantire una vita dignitosa. Il Rapporto mette in luce anche la pratica dell’azzardo industriale di massa, la violenza sulle donne e la povertà energetica.

COP30: in 70mila in piazza a Belem per la giustizia climatica

di Redazione GRS


Marcia dei popoli – A Belem, dove si sta svolgendo la COP30, 70mila persone sono scese in piazza per chiedere soluzioni reali alla crisi climatica, la fine dei combustibili fossili e il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni.

Un fiume umano convocato dalla Cupola dei Popoli, un’onda che ha attraversato le strade come un richiamo alla Terra ferita. Per 4,5 chilometri, la città sede della Conferenza Onu sul Clima (Cop30) è diventata un mosaico di 65 Paesi: volti dipinti, piume, bandiere, mani che si cercano e che svolazzano aquiloni con scritte che richiamano alla giustizia climatica. Popoli indigeni, quilombolas, pescatori, lavoratori, giovani, donne, movimenti sociali – un intreccio di storie e resistenze che ha portato al mondo una sola voce, limpida e urgente: difendere soluzioni reali alla crisi climatica, difendere la vita.