Diritti delle persone disabili – Nella giornata internazionale, domani a Roma, SuperAbile Inail celebra “La Forza dei legami”, evento dedicato alla disabilità, con la premiazione del contest fotografico “Quello che ci unisce”. Appuntamento alle 11 alla Sala Capranichetta, per uno sguardo nuovo che avvicina attraverso le immagini.
Che cosa ci unisce davvero? Prende spunto da questa domanda l’evento promosso da SuperAbile Inail per il 12 dicembre, alle 11, presso la Sala Capranichetta dell’Hotel Nazionale, a Roma. Un evento che rientra nell’ambito delle iniziative per la Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità (3 dicembre) e sarà occasione per premiare i vincitori del contest fotografico SuperaAbile Inail “Quello che ci unisce”. Il contest, concluso a maggio, aveva l’obiettivo di promuovere iniziative tese a rappresentare la disabilità mediante le immagini. Il concorso ha raccolto 137 fotografie e 58 sguardi diversi. Ogni scatto racconta una storia: la vicinanza alle persone care, la gratitudine per le cicatrici che insegnano a resistere, la forza e la fragilità mostrate senza paura. Ci sono operatori, amici, parenti, sconosciuti: tutti mossi dal bisogno di sentire e lasciare un segno. Nelle immagini vivono paure, speranze, dolore e la bellezza di gesti quotidiani. Ciò che ci unisce è l’umanità: emozioni che trapelano nel chiedere aiuto, nell’offrirlo, nel comune sentire il bisogno di condivisione e di appartenenza gli uni agli altri.
Nel corso dell’evento del 12 dicembre si rifletterà su questi aspetti insieme a Maurizio Borgo, presidente dell’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità; Arturo Mariani, speaker motivazionale; Thomas Quintavalle, fotografo; Claudio Guaitoli, fotografo Corriere della Sera, Rcs. I saluti istituzionali saranno a cura del direttore generale Inail, Marcello Fiori. A moderare l’evento sarà Pamela Maddaloni, dirigente direzione Centrale prestazioni socio-sanitarie Inail e disability manager centrale.
I vincitori del contest saranno premiati dal presidente della Giuria, il direttore centrale prestazioni socio-sanitarie Inail, Giuseppe Mazzetti.
Libere di correre – Centinaia di donne hanno corso senza hijab la maratona sull’isola di Kish in Iran. Le immagini della manifestazione hanno portato all’arresto degli organizzatori. I media conservatori hanno definito la corsa, a cui avrebbero partecipato circa 5mila persone, indecente e irrispettosa delle leggi islamiche, accusando gli organizzatori di essere «incauti e indegni».
La repressione del regime iraniano si abbatte ancora una volta sulla società civile. Stavolta, a farne le spese due organizzatori di una maratona svoltasi venerdì sull’isola di Kish, arrestati dopo che sono comparse sui media e sui social le immagini di donne che hanno gareggiato senza indossare l’hijab. «Nonostante i precedenti avvertimenti sulla necessità di rispettare le leggi e i principi religiosi, l’evento si è svolto in modo tale da violare la decenza pubblica», ha dichiarato il procuratore locale citato da Mizan Online, agenzia di stampa ufficiale della magistratura.
Gli arresti
Uno degli arrestati è un funzionario della Kish Free Zone Organization, l’ente statale responsabile della gestione e promozione della zona franca dell’isola, mentre l’altro è dipendente della società privata che ha organizzato la maratona. Entrambi sono stati posti in stato di fermo, secondo quanto riportato da Iran International, con misure di sorveglianza che impediscono al funzionario pubblico di ricoprire incarichi statali e all’organizzatore privato di gestire eventi sportivi. Gli arresti seguono le dure condanne dei media conservatori, tra cui Tasnim e Fars, che hanno definito la maratona – a cui avrebbero partecipato circa 5mila persone – «indecente» e «irrispettosa delle leggi islamiche», mentre attivisti vicini al regime l’hanno bollata come una «disco-maratona», accusando gli organizzatori di essere «incauti e indegni».
Lo scontro tra poteri sul corpo delle donne
Dopo le proteste del 2022, scoppiate a seguito della morte in custodia di Mahsa Amini, la giovane arrestata e uccisa dalla polizia morale per non aver indossato correttamente l’hijab, il rispetto delle regole sul velo è diventato più irregolare. La questione è al centro di uno scontro tra poteri: lo scorso anno il governo del presidente Masoud Pezeshkian ha rifiutato di ratificare un disegno di legge, approvato dal parlamento, che prevedeva pene severe per le violazioni del codice di abbigliamento. All’inizio di questa settimana, la maggioranza dei legislatori ha invece accusato la magistratura di non far rispettare la legge, inducendo il presidente della Corte suprema, Gholamhossein Mohseni Ejei, a richiedere un’applicazione più rigorosa delle norme.
Strage infinita – Secondo il rapporto annuale di Reporter senza Frontiere, nel 2025 sono stati uccisi nel mondo 67 giornalisti, di cui la metà nella Striscia di Gaza. L’organizzazione ha ricordato come in due anni di bombardamenti, l’esercito israeliano abbia colpito 220 cronisti.
“Il numero dei giornalisti uccisi (dal primo dicembre 2024 al primo dicembre 2025) è tornato a crescere, a causa delle pratiche criminali delle forze armate regolari e non e della criminalità organizzata”, spiega l’associazione secondo la quale “i giornalisti non muoiono, vengono uccisi”.
Dei 67 professionisti dei media uccisi nell’ultimo anno, quasi la metà (43%) è stata uccisa a Gaza dalle forze armate israeliane e il 79% (53) è stato vittima della guerra o della criminalità organizzata.
Nel Messico, paese afflitto dai cartelli della droga, ad esempio, il 2025 è stato l’anno più mortale degli ultimi tre, per i giornalisti. Nel frattempo, 503 giornalisti sono detenuti in tutto il mondo. Inoltre, a un anno dalla caduta di Bashar al-Assad, molti dei giornalisti arrestati o catturati sotto il suo regime rimangono introvabili, rendendo la Siria il Paese con il più alto numero di professionisti dei media scomparsi in tutto il mondo.
Controvento – Legacoop Sociali presenta il Manifesto per il lavoro sociale, l’inclusione delle persone fragili e il welfare di comunità. Il servizio di Federica Bartoloni.
Oggi a Roma la presentazione del “Manifesto Controvento” di Legacoopsociali. Frutto di un percorso che ha coinvolto operatori e operatrici sociali di tutto lo stivale per portare davanti a Istituzioni e società civile azioni concrete per assicurare un domani al sistema di welfare del Paese attraverso un reale investimento nel lavoro delle cooperative sociali, indispensabili attori del cambiamento per un futuro sostenibile in una cornice dove il contesto economico, culturale e sociale è messo di fronte a sfide sempre più stringenti.
Passi avanti – Via libera dalla Regione Piemonte a una legge sui tutori e gli amministratori di sostegno volontari. Positivo il commento delle associazioni UTIM e tutori volontari: “Così – dichiarano – nasce un sistema strutturato che riconosce e valorizza il volontariato competente come presidio di tutela per le persone non autosufficienti prive di adeguato sostegno familiare”.
La legge mira a promuovere un modello regionale più trasparente, coordinato e fondato sulla partecipazione civica, in linea con la normativa nazionale e con la legge regionale 1/2004 sul sistema di interventi e servizi sociali. Obiettivo principale è facilitare il ricorso a tutori e amministratori di sostegno volontari, evitando possibili conflitti di interesse quando tali compiti ricadono su enti pubblici o professionisti che gestiscono numerosi incarichi contemporaneamente.
Sanità diseguale – In Italia l’assistenza ospedaliera migliora complessivamente, ma il sistema rimane segnato da forti diseguaglianze territoriali e da un profondo divario nord-sud. Lo dicono i dati raccolti dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, secondo cui sono 15 le eccellenze nel nostro Paese: 11 al nord, tre al centro e uno solo al sud.
La fotografia, riferita al 2024, colloca sul gradino più alto del podio l’ospedale Bolognini di Bergamo (Lombardia), seguito dall’ospedale di Montebelluna (Veneto), dal Bentivoglio (Emilia Romagna), da quello di Città di Castello (Umbria). La maggiore concentrazione è in Lombardia, seguita dal Veneto; al 13° posto l’unico ospedale del sud, situato in Campania: il Federico II di Napoli.
Il rapporto valuta complessivamente 1.117 strutture di ricovero, pubbliche e private, sulla base di 218 indicatori e otto aree cliniche: cardiocircolatorio, nervoso, respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, gravidanza e parto, osteomuscolare, nefrologia. In totale, quasi due ospedali su 10 sono “rimandati” per la qualità delle prestazioni. Sono infatti state individuate 197 strutture da sottoporre ad un processo di revisione tramite audit. In Campania e Sicilia il quadro più critico, rispettivamente con 51 e 43 strutture sotto gli standard di valutazione. L’obiettivo, precisa Agenas, “non è quello di stilare classifiche”, mentre il ministro della Salute Orazio Schillaci spiega che il Pne, “è uno strumento strategico di monitoraggio, essenziale per comprendere la sanità del presente e soprattutto per programmare la sanità del futuro”.
Oltre i confini – Il Castello di Gaeta abbatte le barriere e diventa inclusivo. Il servizio di Patrizia Cupo.
Una fortezza antica che guarda al futuro. Il Castello Angioino di Gaeta diventa accessibile a tutti: abbattute le barriere architettoniche grazie a un percorso innovativo che unisce storia e inclusione.
Ascensori, rampe e segnaletica tattile permetteranno ora anche a persone con disabilità motorie, sensoriali e cognitive di esplorare il castello in autonomia.
Il progetto è finanziato con fondi PNRR e coordinato da Ivana Bruno e Assunta Pelliccio, docenti dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Oggi, il castello ospita la prima edizione di “Puntini Puntini”, Festival di arti inclusive.
Pride match – La FIFA ha designato Egitto-Iran come partita simbolo a sostegno dei diritti Lgbtq+ ai Mondiali 2026: il match si giocherà il 26 giugno a Seattle. Una decisione che fa discutere: infatti, in Iran l’omosessualità è punita anche con la pena di morte, mentre in Egitto le norme sulla morale pubblica vengono spesso utilizzate per reprimere le relazioni e i diritti.
L’iniziativa era stata definita molto prima del sorteggio dei gironi, avvenuto lo scorso 5 dicembre a Washington. Solo con la pubblicazione del calendario si è scoperto che la partita simbolo del Pride avrebbe visto affrontarsi Egitto e Iran. In Iran l’omosessualità è punita anche con la pena di morte, mentre in Egitto le norme sulla morale pubblica vengono spesso utilizzate per reprimere le relazioni e i diritti delle persone Lgbtq+.
Nonostante le polemiche, la FIFA non ha al momento previsto modifiche al programma. In una dichiarazione rilasciata a Outsports, un portavoce ha spiegato che la partita è stata concepita per valorizzare le celebrazioni del Pride a Seattle e nello Stato di Washington, sottolineando il ruolo del calcio come strumento di inclusione e dialogo tra culture diverse.
Non è la prima volta che le iniziative a sostegno della comunità Lgbtq+ incontrano resistenze nel contesto dei Mondiali. Già nel 2022, in Qatar, la FIFA aveva scoraggiato l’uso della fascia “OneLove” ai capitani, minacciando sanzioni sportive, nonostante la contemporanea promozione di campagne sui diritti in collaborazione con diverse agenzie delle Nazioni Unite.
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