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Con i prezzi al massimo perché serve il salario minimo


 

Le grida per le vittime della strage in una chiesa cattolica in Nigeria, nell’Ondo State, dove durante un attacco sono morte 50 persone tra cui molti bambini.

Oggi parliamo di carovita e salario minimo. Prima però aggiorniamo il numero delle morti sul lavoro con l’Osservatorio indipendente di Bologna: Dall’inizio dell’anno sono morti 593 lavoratori, 293 di questi sui luoghi di lavoro i rimanenti in itinere e sulle strade. Vanno aggiunti, però, si legge sempre sul blog di Carlo Soricelli i 6 morti nella sola giornata del 3 giugno. Lombardia, Piemonte e Veneto le prime tre regioni.

Gli aumenti dei prezzi preoccupano le Associazioni dei consumatori spingendole ad una mobilitazione di piazza in tutte le principali città italiane il prossimo 10 giugno, che dà seguito all’Assemblea unitaria on line svolta il 6 aprile scorso, con migliaia di delegati di tutte le regioni. “Non si tratta di un generico né temporaneo aumento dei prezzi, ma di una vera e propria corsa al rialzo, alimentata da ingiustificabili fenomeni speculativi, che sta costringendo le famiglie a rinunce e privazioni che avranno importanti conseguenze sull’intero sistema economico. In questo modo nel Paese crescono disuguaglianze, povertà energetica e povertà alimentare” – affermano le Associazioni dei Consumatori. Più di un quarto delle famiglie si trova già in grave difficoltà e sta riducendo, fino anche a privarsene, consumi essenziali come quelli alimentari, sanitari e di cura della persona.

In questo scenario divampa il dibattito sul salario minimo per fronteggiare quella che l’Ad di Jp Morgan ha previsto come “un uragano economico” in arrivo nei prossimi mesi.

Ascolta Ad Alta Velocità, rubrica quotidiana a cura di Giuseppe Manzo – giornale radio sociale

Il 2 giugno tra guerra e pace: per l’Italia nel 2021 record export degli armamenti


 

La voce di un migrante che ha attraversato il deserto del Niger, nei primi 3 mesi del 2022 17.677 persone sono entrate dal Mali: Medici senza frontiere ne parla in un breve documentario su youtube.

Domani è la Festa della Repubblica, giornata di parata militare all’Altare della Patrica da una parte e di contro manifestazioni pacifiste. Dice la Costituzione: l’Italia è un repubblica fondata sul lavoro. E dai dati riportati nella seconda versione della Relazione governativa sull’export degli armamenti si evince che nel 2021, anno ampiamente segnato dalla pandemia per Covid-19, le aziende militari italiane hanno lavorato a pieno ritmo esportando nel mondo armamenti per controvalore che costituisce un record storico: quasi 4,8 miliardi di euro. Lo ha denunciato nei giorni scorsi la Rete Pace e Disarmo.

Tra i maggiori destinatari di sistemi militari “made in Italy” figurano Qatar, Kuwait, Egitto (paese dove ha perso la vita Giulio Regeni), Turkmenistan (378.470.352 euro) tutti Paesi – dice la Rete pace e disarmo che, come noto, non primeggiano certo per alti livelli di democrazia e di rispetto dei diritti umani.

La stessa rete con Francesco Vignarca già un anno fa chiedeva di vietare il commercio delle armi proprio all’Egitto sul caso Regeni, un anno dopo è cambiato nulla rispetto a quell’appello.

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L’esplosione della violenza urbana e la sfida di prevenire la devianza minorile penale


 

Le voci dei soldati ucraino che cantano e ballano mentre il conflitto prosegue da oltre 3 mesi con oltre 1 milione e mezzo di profughi arrivati in Russia dal Donbass.

Oggi torniamo a parlare della violenza urbana. Il fenomeno che vede protagonisti, spesso, giovani e giovanissimi e che già un anno fa monitoravamo in questa rubrica partendo dalle maxi risse tra ragazzi organizzate in chat in diverse aree del paese.

Sotto la nostra lente di osservazione c’è ancora una volta Napoli, la prima città del Sud che sta preoccupando le istituzioni e soprattutto chi la abita. Un weekend di fuoco nell’area metropolitana dove alcuni giovanissimi sono in condizioni gravi per sparatorie tra la folla nei comuni di Castellammare e Qualiano. Un altro episodio ancora più drammatico è avvenuto in pieno centro dove alcune ragazze insieme a dei ragazzi hanno lanciato acido su due giovani di 24 e 17 anni provocando ustioni.

Una cronaca quotidiana che si è trasformata in emergenza sociale e di sicurezza urbana tra proiettili vaganti e reazioni bestiali anche per un banale litigio. In Campania c’è chi prova a mettere in campo azioni rivolte proprio ai minori dell’area penale come il progetto La mia banda è pop selezionato nell’ambito del bando Cambio rotta del fondo di contrasto alla povertà educativa Con i bambini: coinvolge enti di terzo settore, università e servizi sociali. Ascoltiamo Barbara Pierro, presidente dell’associazione Chi rom e chi no.

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“L’apparenza inganna”: Aism lancia agenda dei diritti per la Sclerosi multipla


 

La voce di una giornalista veneta di Tva all’esultanza di un piccolo tifoso del Cosenza che ha battuto il Vicenza: una battuta colma di pregiudizio e luogo comune sul Sud da parte di chi dovrebbe essere una professionista dell’informazione.

Oggi parliamo di malattie rare e nello specifico parliamo della Settimana Nazionale della Sclerosi Multipla;  è l’appuntamento annuale di informazione e sensibilizzazione sulla sclerosi multipla e patologie correlate promosso da AISM in Italia, che prende il suo avvio, come ogni anno, dalla Giornata Mondiale della SM.

Dal 30 maggio al 5 giugno molte le iniziative in programma: oggi, verrà presentata l’Agenda della Sclerosi Multipla e patologie correlate 2025 sostenuta dai principi di una rinnovata Carta dei diritti e dalle evidenze del Barometro della SM 2022. Per la prima volta, inoltre, AISM promuove una campagna di sensibilizzazione rivolta ai più giovani su TikTok: ‘L’Apparenza Inganna’

Un’Agenda strutturata in linee di missione, priorità, azioni, sostenute dai dati del Barometro della sclerosi multipla 2022 e fondata su diritti ineludibili di ogni persona con SM e patologia correlata, familiare, caregiver, rilanciati da una rinnovata Carta dei Diritti che è anche l’occasione per condividere e aderire dopo che è stata già sottoscritta da oltre 60.000 persone.

Una rilettura che consolida i 7 diritti già sanciti nel 2014: Salute, Ricerca, Autodetermi­nazione, Inclusione, Lavoro, Informazione, Partecipazione attiva, riproposti con ancora più forza, incisività, visione strategica e aspirazione ideale, cui si uniscono altri 3 diritti emersi in modo nitido dalla consultazione diffusa: Educazione e Formazione, Semplificazione, Innovazione, a formare un autentico decalogo.

Ascoltiamo il direttore Affari generali di Aism Paolo Bandiera.

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La casa è in pericolo per metà degli italiani. Lusetti: “serve edilizia sociale”


 

La voce di Papa Francesco dopo la strage in una scuola del Texas: domani è la giornata mondiale del gioco e questa deve essere l’unica arma per un bambino in ogni parte del mondo.

Oggi parliamo ancora della situazione sociale nel nostro Paese dove aver affrontato il tema dello scontro sul reddito di cittadinanza. Se l’Istat dice che gli indici di ripresa e fiducia tornano ad essere quelli prima della guerra, ci sono altri indicatori che raccontano di un’Italia molto preoccupata o addirittura terrorizzata.

Perché dalla questione reddito, salario e lavoro dipendono gli altri diritti a partire da quello della casa. Ci sono i dati del Rapporto Fragilitalia di Legacoop e Ipsos diffusi ieri e con cui apriremo anche il notiziario quotidiano di oggi dove emerge la difficoltà di oltre metà dei proprietari e affittuari di alloggio a pagare la rata del mutuo o il canone di affitti.

Nella sola area metropolitana di Napoli, secondo i dati diffusi da Unione Inquilini, sono arrivati alla fase dell’esecuzione oltre 8.000 sfratti e ben 16.000 esecuzione complessiva di provvedimenti di rilascio pendenti presso i vari tribunali: in totale ogni anno sono 50mila le famiglie sotto sfratto. In questa situazione si annidano nuovi pericoli, come quello dell’ulteriore indebitamento o addirittura dell’usura, se pensiamo che 12% di chi per pagare ha dovuto ricorrere a prestiti di parenti e amici e il 6% di chi ha chiesto una rateizzazione del mutuo. Ascoltiamo l’analisi e le proposte del presidente nazionale di Legacoop Mauro Lusetti.

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Nel Paese che invecchia politiche e (nuovi) metodi per la cura degli anziani


 

La voce di Steve Kerr, coach della Nba americana, che con le lacrime agli occhi grida la sua rabbia per l’ennesima strage in una scuola in Texas da parte di un 18enne armato fino ai denti.

Dall’infanzia negata negli Usa, patria delle armi, passiamo alla terza età nel nostro Paese. Oggi molti, troppi, anziani sono afflitti da un insieme di condizioni (sanitarie, economiche sociali, ambientali, abitative) che rendono l’ultima stagione della loro vita particolarmente faticosa in un Paese in cui l’invecchiamento della popolazione incide in maniera determinante.

Rimuovere questa condizione deve essere, secondo Auser, “impegno prioritario di tutta la comunità. Per farlo è necessario promuovere nel Paese e in Europa un serio programma politico per l’invecchiamento attivo”.

Poi ci sono quegli anziani non autosufficienti. Ad esempio secondo l’OMS la demenza è la 25^ causa di disabilità nel mondo, la 7^ causa di morte negli ultimi vent’anni e rappresenta una condizione che coinvolgerà un numero sempre maggiore di persone e famiglie. Le varie forme di demenza, tra cui l’Alzheimer, non colpiscono solo gli anziani che ne sono affetti, ma incidono in maniera considerevole sull’ambiente di vita della persona, costringendo i familiari a cambiamenti e adattamenti importanti nella presa in carico quotidiana.

La Regione Piemonte ha adottato nella propria normativa il metodo Gentlecare di Ottima Senior che da 10 anni propone un approccio innovativo. Ascoltiamo il fondatore di Ottima Senior Enzio Angiolini.

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Reddito cittadinanza “primo nemico”, non disuguaglianze e povertà da lavoro


 

La voce del giornalista Paolo Mondani che con Sigfrido Ranucci e tutta la redazione di Report ieri ha subito perquisizioni dopo la puntata del 23 maggio sulla strage di Capaci.

Parliamo di reddito di cittadinanza, ieri con Oxfam abbiamo dato i numeri sulle disuguaglianze a livello globale. Nel nostro Paese gli indicatori ci parlano di povertà aggravate con la pandemia e di un rischio anche per chi lavora. Nel mirino di ampi settori della politica e dell’imprenditoria c’è la misura che raggiunge circa 2 milioni di famiglie e complessivamente 3,3 milioni.

Italia Viva vuole addirittura promuovere una raccolta firme per abolirlo mentre associazioni di commercianti e imprese denunciano in varie zone d’Italia la mancanza di lavoratori stagionali additando proprio il reddito di cittadinanza.

Ascoltiamo Roberto Rossini, portavoce dell’Alleanza contro la povertà che ieri è intervenuta con una nota nel dibattito pubblico che si è sviluppato anche sui social.

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Con la pandemia 573 nuovi miliardari: profitti record su cibo, energia e salute


 

Il suono del conflitto in Ucraina giunto al terzo mese di combattimenti da quell’alba del 24  febbraio.

Oggi parliamo di ricchezza, povertà e disuguaglianze. Che affare la pandemia, ha prodotto 573 nuovi miliardari, uno ogni 30 ore, mentre, quest’anno, un milione di persone ogni 33 ore potrebbe finire in condizione di povertà estrema, vale a dire 263 milioni.

La ricchezza dei miliardari è aumentata, in termini reali, più in 24 mesi di COVID-19 che nei primi 23 anni delle rilevazioni di Forbes ed è ora equivalente al 13,9% del PIL mondiale. Sono alcuni dei dati di Oxfam in apertura del World Economic forum di Davos.

Le imprese nei settori energetico, alimentare e farmaceutico – caratterizzati da situazioni di forte monopolio – registrano profitti da record. Chi sono le multinazionali che hanno fatto ingenti profitti in questi due anni? Ascoltiamo Francesco Petrelli, portavoce di Oxfam Italia

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La strage di Capaci, la voce di Falcone: la verità lontana 30 anni dopo


 

La voce di Giovanni Falcone, nel giorno in cui si ricordano i 30 anni dalla strage di Capaci che uccise lui, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta  Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Nel trentennale di quell’attentato che squarciò la democrazia già debole di un Paese in piena tangentopoli e instabilità politica la sera del 23 maggio 1992 a Palermo oggi si ritrovano mille studenti con il ministro Bianchi e la presidente della Fondazione Giovanni Falcone, la sorella Maria. E in città ci sarà anche il presidente della repubblica Sergio Mattarella. A queste e altre generazioni non ancora nate o appena nate 30 anni serve ascoltare la voce del magistrato

Don Luigi Ciotti sulla Via Libera dice: “Luigi Ciotti: “Non servono parole leggere ma scelte e gesti pesanti: meno celebrazioni sterili e più attenzione all’oggi, col suo carico di ingiustizie e sofferenze”. Infatti oggi serve la verità, ancora lontana e appena percepita dai processi come a Rainews ha detto Roberto Scarpinato: “a decidere le modalità di quella attentato fu un livello più alto”.

Perché Falcone poteva essere ucciso a Roma senza troppo clamore invece si scelse il tritolo che aprì la stagione stragista che continuò con Borsellino e poi con le bombe di Firenze, Roma e Milano contro il patrimonio culturale e religioso. Un biennio di piombo dove Cosa Nostra fu la mano armata di un potere tanto nascosto quanto tutt’oggi potente perché ancora riesce a non scrivere la storia italiana a cavallo tra la prima e la seconda repubblica.

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Il Pnrr e le risorse che servono per difendere i beni confiscati alle mafie


 

Il suono della scossa che 10 anni fa, nella notte del 20 maggio 2012, colpì l’Emilia e una seconda tornò nove giorni dopo aggiungendo distruzioni, morti, feriti e sfollati.

Oggi parliamo di beni confiscati alle mafie. Ieri Libera e la rete delle associazioni nazionali come Arci, Acli, Legambiente, Legacoop, Confcooperative, Avviso Pubblio e sindacati confederali hanno scritto alle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Istruzione del Senato per chiedere alcune modifiche all’articolo 22 del decreto legge n. 36, contenente misure urgenti per l’attuazione del Pnrr che istituisce il Fondo per le spese di gestione dei beni confiscati.

Secondo le associazioni è necessario compiere ulteriori passi in avanti. A partire dall’aumento della sua dotazione finanziaria e dall’estensione a livello nazionale dell’ambito di competenza del Fondo, non limitandone l’applicazione soltanto ai progetti che saranno finanziati dall’avviso pubblico dell’Agenzia per la coesione territoriale, viste le numerose progettualità presentate con la specifica misura ‘Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie’ del Pnrr, e considerate, altresì, le centinaia di esperienze di riutilizzo sociale già esistenti o che potranno attivarsi nei prossimi mesi in tutte le regioni, promuovendo concretamente percorsi di coesione e inclusione sociale. Ascoltiamo Davide Pati, settore beni confiscati di Libera.

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