Porre fine agli assedi e permettere alle organizzazioni umanitarie un accesso senza restrizioni: è questo il contenuto dell’appello di Amnesty International e diretto al presidente della Siria Bashar al-Assad, all’ambasciatore siriano negli Stati Uniti Bashar Ja’afar e al capo dell’opposizione Khaled Khoja.
L’appello è stato lanciato in concomitanza con l’inizio a Ginevra del primo di una serie di incontri, mediati dalle Nazioni Unite, tra il governo siriano e i gruppi armati non statali. Lo scopo è quello di sollecitare i partecipanti al dialogo a dare priorità alle preoccupazioni circa i corridoi umanitari, gli attacchi contro i civili e le violazioni a danno dei detenuti.
Secondo le Nazioni Unite, in Siria sono circa 4,5 milioni le persone che, pur avendo bisogno di assistenza umanitaria, rimangono in aree difficili da raggiungere. Sono inoltre 400mila, sempre in base ai dati delle Nazioni Unite, quelle che si trovano sotto assedio; le ong, però, stimano questo numero in circa un milione.
L’appello di Amnesty International riporta l’attenzione sulla Risoluzione 2254 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che chiede espressamente accessi umanitari e la fine degli attacchi contro i civili, oltre all’adempimento degli obblighi di diritto internazionale.
Prioritario, per l’organizzazione umanitaria, è anche porre fine alle violazioni nei centri di detenzione; sia alle autorità governative che alla Coalizione Nazionale Siriana, pertanto, è richiesto di “consentire accesso illimitato a tutte le strutture di detenzione agli osservatori indipendenti, trattare con umanità le persone private della libertà e rilasciare chiunque sia detenuto solo per il pacifico esercizio dei suoi diritti umani”.
Prove di dialogo
Iniziano oggi a Ginevra i colloqui di pace per la Siria organizzati dalle Nazioni Unite. I negoziati però non hanno l’obiettivo, ritenuto troppo difficile, di fermare la guerra, ma di cercare un accordo su tregue locali per poter garantire l’arrivo degli aiuti umanitari. Il conflitto, iniziato nel 2011, ha devastato il Paese, causando oltre 250 mila morti e più di quattro milioni di rifugiati.
Ritorno al passato
E in Danimarca il Parlamento ha approvato, nel pacchetto di norme sui richiedenti asilo, la proposta di privarli di denaro e oggetti di valore oltre i 1.300 euro “per contribuire alle spese di mantenimento e alloggio”. Ai nostri microfoni, il commento di Bruno Amoroso, professore emerito all’Università della città danese di Roskilde. “La Danimarca è un paese di relativo benessere, tra l’altro anche abbastanza ricco, nel senso lordo della ricchezza, però questo è già successo negli ultimi venti anni, in cui si è stati a discutere di togliere la mensa ai bambini nell’asilo oppure di ridurre l’assistenza agli anziani. Questo si fa in un paese che nel contempo si arricchisce sempre di più e concentra sempre di più la propria ricchezza.”
Diventare grandi nel braccio della morte
È il titolo del rapporto di Amnesty International che denuncia le costanti violazioni dei diritti umani in Iran, uno dei pochi paesi al mondo a mettere a morte persone minorenni al momento del reato. Il dossier è stato presentato in concomitanza con la visita del presidente Rohani a Roma.
Up-skilling Europe: studiare per combattere l’esclusione sociale
Pochi giorni fa si è concluso a Cluj-Napoca, in Romania, il terzo meeting internazionale di Up-skilling Europe, il progetto dedicato a formare, attraverso lo sviluppo di materiali didattici, adulti a rischio di esclusione sociale nelle competenze base e trasversali necessarie a migliorare la loro occupabilità.
I materiali assumono la forma di cinque “toolkit”, che includono una serie di metodi educativi e formativi innovativi, strumenti e materiali basati sui principi dell’apprendimento attivo.
Up-skillling Europe è nato nel 2014 con cinque organizzazioni partner: il Comune di Alcalá de Guadaíra (Spagna), Interactive English Language School (Regno Unito), SIKXGNL (Grecia), Stowarzyszenie Wiosna (Polonia) e Cantiere Giovani (Italia).
Nei mesi di ottobre, novembre e dicembre, tre prove pilota sono state organizzate nelle città di Alcalá de Guadaíra (Spagna), Cracovia (Polonia) e Frattamaggiore (Italia) per testare i toolkit con adulti a rischio di esclusione sociale. In ogni paese hanno partecipato alle prove 72 “studenti” adulti e 16 formatori.
Sulla base dei risultati, i partner hanno stabilito le correzioni necessarie prima della pubblicazione dei toolkit, prevista per il prossimo luglio. I toolkit saranno disponibili in sei lingue europee (inglese, greco, italiano, polacco, rumeno e spagnolo).
Il progetto Up-skilling Europe è co-finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma Erasmus Plus.
Lo Zimbabwe dice no alle spose bambine
La notizia di abolire il matrimonio al di sotto dei 18 anni ha una portata storica per lo Zimbabwe e fa da monito a tutti quei paesi in cui tale pratica è ancora in vigore. Nello specifico è rivolta a ragazzi e ragazze senza distinzione di sesso anche se ad aumentare è solo l’età delle donne che di fatto passa da 16 a 18 anni (per gli uomini era già di 18 anni).
Nel mondo sono oltre 700 milioni le donne che al di sotto dei 18 anni contraggono il matrimonio. Ida ti contenuti nel rapporto Unicef dicono anche che il 17% di queste donne, circa 125 milioni, vive in Africa, e oltre il 30% di esse, circa 40 milioni, si è sposato prima ancora di compiere 15 anni. Nel solo Zimbabwe una ragazza su tre si sposa prima dei diciotto anni e il 4% contrae matrimonio prima ancora di avere compiuto 15 anni.
La sentenza della Corte Costituzionale dello stato africano è arrivata grazie alla denuncia di due ragazze che hanno trovato il coraggio di denunciare i loro casi davanti al governo. Ora l’impresa più grande sarà quella di far conoscere tale divieto anche in quelle zone del paese più povere e degradate dove vige ancora un sistema tribale.
Il naufragio dell’Europa
Mentre il vecchio continente decide di alzare muri e ripristinare le frontiere, i morti nel Mediterraneo e nella rotta verso la Grecia aumentano di ora in ora. Ai nostri microfoni la denuncia del presidente di Medici senza frontiere, Loris De Filippi. “La situazione sta diventando assolutamente gravissima. In questo momento, mentre noi stiamo parlando, 2 500 persone hanno dormito a Policastro, che è un posto tra la Grecia e la Macedonia, a -8 °C e tra queste persone c’erano anche dei bambini. Questa è la situazione che l’Europa sta provocando a delle persone che scappano da un conflitto, a delle persone che avrebbero diritto all’asilo, non è opinabile. Questo non è successo e queste sono le conseguenze.”
Guantanamo addio
La chiusura del carcere teatro di violenza e torture potrebbe essere l’ultimo provvedimento di Barack Obama prima della fine del suo mandato. Il servizio di Fabio Piccolino. “Chiudere Guantanamo. Potrebbe essere questo l’ultimo atto del presidente degli Stati Uniti Barack Obama prima della fine del suo mandato. La struttura, messa in piedi all’indomani degli attacchi dell’11 settembre 2001, è stata più volte oggetto di critiche per le condizioni di detenzione e le violenze subite dai prigionieri, tanto che si è parlato a più riprese di violazione dei diritti umani. Il superamento di Guantanamo era tra i punti più importanti della campagna elettorale di Obama, che già nel 2009 aveva firmato il decreto definitivo per la chiusura. Dopo la riforma del sistema sanitario, i matrimoni tra persone dello stesso sesso e la stretta sull’acquisto delle armi, la fine del carcere sarebbe un importante nuovo passo sulla strada dei diritti.”
Nello Yemen si continua a morire
Sono almeno 10 i bambini morti in questi giorni a Taiz nello Yemen e tre sono rimasti feriti in un bombardamento aereo mentre tornavano da scuola. Dopo cinque mesi di intensi negoziati, Medici Senza Frontiere è riuscita finalmente ad ottenere il permesso per portare forniture mediche salvavita in questa città assediata, dove la popolazione vive nell’incubo quotidiano dei bombardamenti e della mancanza di cibo, acqua e beni di prima necessità.
Sotto il profilo dell’assistenza e cura medica Taiz non può più contare sui venti ospedali di un tempo. La popolazione di 600.000 abitanti ora può far riferimento solo su sei strutture peraltro solo in modo parziale. MSF fornisce assistenza medica a Taiz da maggio 2015 e ha curato più di 5.000 feriti di guerra, ma negli ultimi mesi l’accesso alla città era stato impossibile.
Dopo cinque mesi di intensi negoziati con i funzionari, l’organizzazione medico-umanitaria Medici Senza Frontiere (MSF), sabato 16 gennaio, è riuscita a ottenere il permesso di far arrivare due camion carichi di forniture mediche essenziali nella zona assediata della città di Taiz, nel sud dello Yemen.
“Siamo veramente soddisfatti di essere riusciti a portare le forniture mediche agli ospedali di quest’area assediata dove c’è un grande aumento di pazienti con ferite di guerra” dichiara Karline Kleijer, responsabile di MSF per l’emergenza in Yemen. “Queste scorte mediche, che comprendono drenaggi toracici, farmaci anestetici, flebo, suture e antibiotici, saranno di supporto agli interventi salvavita negli ospedali”.
Le difficoltà nello Yemen (evidenziate nel nostro articolo MSF: SERVONO PIÙ AIUTI IN YEMEN) sono il risultato di una guerra di cui si parla ancora poco che ancora miete vittime innocenti.
Inferno Europa
Donne e bambini migranti a rischio violenza nel viaggio verso il vecchio continente. La denuncia in un nuovo rapporto realizzato dall’Unhcr insieme al Fondo per la popolazione dell’Onu e la Commissione per le donne rifugiate. Secondo le ong restano inadeguate e a volte pericolose le risposte messe in campo dai vari governi nazionali.