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Qatar 2022, la Germania si imbavaglia per i diritti: “Negarci la fascia al braccio è come spegnere la nostra voce”

di Redazione GRS


Imbavagliati

Mani sulla bocca per protestare contro la decisione della Fifa di vietare ai capitani la fascia arcobaleno e la scritta ‘One Love’, durante i Mondiali in Qatar. È il gesto scelto dalla Germania per la foto di rito prima della partita con il Giappone.

Pochi istanti dopo il fischio d’inizio è arrivata la nota della Federcalcio tedesca, diffusa sui social, che spiega il motivo del gesto dei calciatori: “Negarci la fascia al braccio è come spegnere la nostra voce. Sosteniamo la nostra posizione”. Nella nota la federazione scrive che l’idea era quella di “usare la fascia del nostro capitano per prendere posizione sui valori che abbiamo nella nazionale tedesca” ovvero “diversità e rispetto reciproco“. Nella nota si legge che la stessa Germania “con altre nazioni” avrebbero voluto “che la nostra voce fosse ascoltata. Volevamo usare la fascia del nostro capitano per prendere posizione sui valori che abbiamo nella nazionale tedesca: diversità e rispetto reciproco. Insieme ad altre nazioni, volevamo che la nostra voce fosse ascoltata. Non si trattava di fare una dichiarazione politica: i diritti umani non sono negoziabili. Dovrebbe essere dato per scontato, ma non è ancora così. Ecco perché questo messaggio è così importante per noi”.

La Germania ha preso molto seriamente il divieto della FIFA di indossare la fascia arcobaleno, reagendo in campo e con una decisa presa di posizione sui social. Non potendo essere indossata da Neuer in campo la fascia è stata portata dal ministro dell’interno tedesco, presente sugli spalti.

Invece, in una conferenza stampa improvvisata, il presidente della Federazione calcistica danese, Jesper Moller, ha lanciato il suo atto d’accusa nei confronti della Federazione internazionale, che in Qatar ha vietato la fascia arcobaleno per i diritti Lgbtqi+.

La Federazione della Danimarca non sostiene più il presidente della Fifa, Gianni Infantino. In una conferenza stampa improvvisata, Jesper Moller, numero uno del calcio a Copenaghen, ha lanciato il suo atto d’accusa nei confronti della Federazione internazionale e minacciato anche azioni legali. Il casus belli è il divieto della Fifa a indossare la fascia arcobaleno con la scritta “One Love” per i diritti Lgbtqi+ durante i Mondiali in Qatar. La Danimarca è tra le federazione che già durante l’estate aveva chiesto il via libera all’iniziativa per manifestare il sostegno alla comunità. La Fifa e il suo presidente Infantino però a Mondiali già iniziato hanno risposto no, annunciando l’ammonizione (con rischio squalifica) – oltre alla normale multa – per i capitani delle squadre che non avessero indossato una fascia autorizzata.

Le Federazioni europee – Inghilterra, Germania, Belgio, Francia, Galles, Svizzera e Danimarca – hanno dovuto piegarsi alla volontà di Infantino e alle regole in vigore in Qatar. Non senza polemiche: durante la foto di squadra prima della partita d’esordio ai Mondiali, i giocatori della Germania hanno messo la mano alla bocca per simulare il “bavaglio” della Fifa. La Danimarca invece ha deciso per una presa di posizione più netta, che ora potrebbe scatenare un terremoto ai vertici del pallone. Il presidente della Federazione Moller ha annunciato che non sosterrà più Infantino e che quindi non voterà a suo favore alle elezioni previste per il prossimo anno. Poi ha aggiunto: “Siamo in una situazione straordinaria. Non sono solo deluso, sono anche arrabbiato. Cercheremo chiarimenti legali a seguito di queste pressioni“, ha dichiarato Moller.

Le sue parole sono durissime: “Ci sono le elezioni presidenziali della Fifa. Ci sono 211 paesi e l’attuale presidente ha dichiarazioni di sostegno da 207 paesi. La Danimarca non è tra quei paesi”. Moller ha anche svelato che la Danimarca, insieme ad altre Federazioni europee, sta pensando anche a un atto di forza contro la Federazione internazionale: “Ne stiamo discutendo da agosto. Devo pensare a come ripristinare la fiducia nella Fifa. Dobbiamo valutare cosa è successo e poi dobbiamo creare una strategia, anche con i nostri colleghi”. Il caos provocato dai Mondiali in Qatar e dalla decisioni di Infantino è destinato a durare oltre il 18 dicembre.

Welfare, un futuro tremendo: cresce la spesa ma nei prossimi 30 anni l’Italia potrebbe perdere 147 miliardi di euro

di Redazione GRS


Un futuro tremendo

Per il welfare cresce la spesa ma cresce anche la povertà con l’inflazione. E nei prossimi 30 anni potrebbe andar peggio. Il servizio è di Pierluigi Lantieri.

Ieri a Roma si è tenuta la presentazione dell’edizione 2022 del Rapporto del Think Tank “Welfare, Italia”, supportata da Unipol Gruppo con la collaborazione di The European House – Ambrosetti.

Nell’anno in corso prevista una spesa per il welfare di 18 miliardi in più rispetto al 2021. L’Italia perderà 147 miliardi di euro nel 2055 se gli emigrati del 2020 non tornassero in “patria”. Al 2050 la popolazione italiana potrebbe perdere 10,5 milioni di abitanti rispetto al 2020.

di Pierluigi Lantieri

Calcio, la battaglia della Campagna Abiti Puliti: operai aspettano da Adidas milioni di dollari in indennità e salari non pagati

di Redazione GRS


Abiti Puliti

È la campagna che chiede ad Adidas di pagare gli operai e le operaie che producono scarpini e palloni da calcio e aspettano milioni di dollari in indennità e salari non pagati a fronte degli 800 milioni utilizzati per essere sponsor Fifa.

“I Mondiali Fifa sono costruiti sullo sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici. Ora tocca ad Adidas, alla Fifa e ad altri pagare il prezzo del loro sfruttamento”. La Campagna Abiti Puliti fa sentire la sua voce a proposito del Mondiali di calcio in Qatar, appena iniziati.

Per la Campagna, “gli operai e le operaie che producono kit, scarpini e palloni da calcio per Adidas aspettano milioni di dollari in indennità e salari non pagati. Se Adidas è disposta a spendere 800 milioni di dollari per sponsorizzare la Fifa, perché non può spendere 10 centesimi in più per ciascun prodotto per porre fine al furto salariale nella sua catena di fornitura?”.

La Campagna Abiti Puliti ricorda che il 18 agosto, giorno del compleanno di Adidas, lavoratori, lavoratrici, attivisti e attiviste di tutto il mondo, in oltre 10 paesi, hanno contattato i dirigenti di Adidas, chiedendo loro di rispondere alle richieste della coalizione Pay Your Workers, coordinata in Italia dalla Campagna Abiti Puliti, e di firmare un accordo vincolante per: pagare alle lavoratrici il salario intero spettante per tutta la durata della pandemia; assicurarsi che le lavoratrici non restino mai più senza un soldo se la loro fabbrica fallisce, sottoscrivendo un fondo di garanzia che copra il trattamento di fine rapporto; tutelare il diritto delle lavoratrici ad organizzarsi e a negoziare collettivamente. Adidas si è rifiutata di negoziare – sottolinea la Campagna – e ora è il momento di aumentare la pressione. In tutto il mondo, ci saranno manifestazioni in solidarietà con i sindacati contro Adidas”.

Dal 24 al 30 ottobre 2022 migliaia di persone sono scese in piazza in tutto il mondo per chiedere ad Adidas di assumersi le sue responsabilità. “Adidas sta lasciando i lavoratori e le lavoratrici della sua catena di fornitura senza i pagamenti dovuti nel bel mezzo di una pandemia – ricordano i promotori della Campagna -. Adidas sostiene che tutto va bene, ma le lavoratrici non sono per niente d’accordo. Solo per otto fabbriche fornitrici in Cambogia, il marchio deve alle sue lavoratrici 11,7 milioni di dollari di salari per i primi 14 mesi della pandemia, pari a 387 dollari ciascuno”.

Non solo: “Anche le lavoratrici che non producono più abiti per Adidas aspettano i loro soldi. Per esempio le operaie della fabbrica Hulu Garment in Cambogia, licenziate all’inizio della pandemia, aspettano ancora 3,6 milioni di dollari. Nel maggio del 2022, 5600 lavoratori di un altro fornitore Adidas in Cambogia hanno scioperato per i salari non pagati e la fabbrica ha reagito facendo arrestare i leader sindacali. Questo furto salariale e delle indennità di licenziamento si estende ben oltre la Cambogia, lungo tutta la catena di fornitura globale di Adidas. Eppure Adidas sa bene di avere la responsabilità di garantire che i lavoratori della sua catena di fornitura ricevano quanto dovuto. Nel 2013, ad esempio, ha pagato le lavoratrici della PT Kizone in Indonesia, che hanno lottato per due anni per ottenere 1,8 milioni di dollari di liquidazione che gli spettava dopo aver perso il lavoro”.

“È ora che Adidas firmi un accordo vincolante su salari arretrati, liquidazioni e libertà di organizzazione per garantire che i lavoratori della sua catena di fornitura non vengano mai più derubati del denaro che si sono guadagnati – conclude la Campagna Abiti Puliti -. Il mancato pagamento della liquidazione è endemico nell’industria dell’abbigliamento globale. È giunto il momento di fare pressione sui marchi per portarli una volta per tutte al tavolo delle trattative e firmare”.

“Non ci ascoltano”: l’atto di accusa dei giovani sulla violenza di genere, l’indagine Terre des Hommes-ScuolaZoo

di Redazione GRS


“Non ci ascoltano”

I giovani e la violenza di genere nell’indagine realizzata da Terre des Hommes e ScuolaZoo. Il servizio di Anna Monterubbianesi.

In vista della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, l’Osservatorio indifesa di Terre des Hommes, insieme a One Day Group e ScuolaZoo hanno promosso l’indagine sui giovani e la violenza di genere.

Ne emerge una Generazione Z inascoltata, con il 74% dei giovani che crede che studenti e studentesse vittime di violenza non vengano presi sul serio dagli adulti. 3 su 10 dichiarano, inoltre, di aver assistito ad un episodio di violenza di genere, per la maggior parte di violenza psicologica.

La scuola infine, con il 44% delle risposte, è al primo posto tra i contesti in cui si è assistito a questi episodi, seguita dai social, dalla famiglia e infine dallo sport. Un vero e proprio atto di accusa al mondo degli adulti​, accusa l’associazione, che con i suo progetti continua a mettere al centro l’ascolto dei ragazzi e delle ragazze.

Azzardo, i 10 anni della Campagna Mettiamoci in gioco

di Redazione GRS


Non è solo un azzardo

Campagna Mettiamoci in gioco celebra quest’anno il suo decennale. Appuntamento domani a Bologna al centro culturale Giorgio Costa con una tavola rotonda per festeggiare i 10 anni della campagna a cui hanno aderito numerose realtà del Terzo Settore.