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Nasce la Carta sulla sostenibilità ambientale del calcio

di Redazione GRS


Calcio più verde. La FIGC, in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna promuove la “Carta sulla sostenibilità ambientale del calcio”. Lo strumento si propone di definire linee guida funzionali ad una applicazione pratica dei principi di sostenibilità ambientale in termini di governance, gestione delle infrastrutture e degli eventi, partnership e coinvolgimento di stakeholders e tifosi.

La Carta è stata elaborata a beneficio della famiglia del calcio italiano e scaturisce dall’esperienza compiuta da FIGC nell’ambito del progetto LifeTackle. In un’ottica di continuità, si propone di definire le linee guida funzionali ad una applicazione pratica dei principi di sostenibilità ambientale in termini di governance, gestione delle infrastrutture, gestione degli eventi, partnership e coinvolgimento di stakeholders e tifosi.

L’adesione alla ‘Carta sulla sostenibilità ambientale del calcio italiano’ (consultabile qui) è libera e aperta a tutti i club italiani, sia professionistici che dilettantistici, e viene concessa mediante la compilazione di un modulo fornito dalle rispettive leghe di appartenenza, attraverso il quale il club fornisce una manifestazione di interesse nei confronti delle tematiche proposte. I club aderenti verranno inseriti in un elenco apposito e successivamente coinvolti da FIGC nell’ambito della gestione delle iniziative che verranno intraprese.

È noto come nel corso degli anni federazioni europee, leghe, club e associazioni afferenti alla famiglia del calcio abbiano maturato una sempre maggiore consapevolezza sulla necessità di adottare misure volte a ridurre l’impatto ambientale nell’ambito dell’attività calcistica, sia in fase progettuale che operativa, e come tale orientamento possa generare valore sotto il profilo della responsabilità sociale.

A tale proposito va ricordato che nell’ambito della ‘Sustainability Strategy’ lanciata lo scorso dicembre, la UEFA ha individuato ben 4 indirizzi di intervento in materia di sostenibilità ambientale – economia circolare, contrasto al cambiamento climatico, sostenibilità degli eventi, sostenibilità delle infrastrutture. Una impostazione programmatica che condivide gli obiettivi stabiliti dall’Agenda 2030 dell’ONU (Sustainable Development Goals), volti a sollecitare un consumo responsabile delle risorse, nonché a favorire lo sviluppo di interventi in favore del clima e dell’adeguamento dei centri abitati.

La strage dei morti sul lavoro: quasi 800 da inizio anno

di Redazione GRS


 

 

Strage senza fine. Sono quasi 800 i morti sul lavoro dall’inizio dell’anno secondo i dati dell’Osservatorio indipendente di Bologna. Il servizio è di Giuseppe Manzo.

Due morti sabato scorso, altri 4 domenica se si contano anche le guide alpine cadute alla Marmolada. Sono i numeri di quelle che sono definite morti bianche e che l’Osservatorio indipendente di Bologna non stanca mai di contare: 785 lavoratori, 388 di questi sui luoghi di lavoro, i rimanenti in itinere e sulle strade secondo il blog di Carlo Soricelli. Le prime 3 regioni in questi primi sei mesi dell’anno sono Lombardia, Veneto e Campania.

Rimozione slot-machine a meno di 500 metri da luoghi sensibili: “Regione Lazio non ceda a pressioni lobby”

di Redazione GRS


La giusta distanza. “La Regione Lazio non ceda alle pressioni della lobby del gioco d’azzardo”: lo chiede la Campagna Mettiamoci in gioco che esprime preoccupazione per le pressioni che le associazioni dei concessionari di slot-machine e videolottery stanno esercitando per annullare la rimozione degli apparecchi posti entro i 500 metri dai “luoghi sensibili”.

Al via a Parma la Summer School dei Cantieri Viceversa

di Redazione GRS


Dialogo necessario. Al via a Parma la Summer School dei Cantieri Viceversa, l’iniziativa promossa da Forum terzo Settore che mette insieme finanza sostenibile e non-profit. Tre giorni di dibattiti, incontri, confronti e laboratori con la partecipazione dei rappresentanti dei principali operatori finanziari Italiani e di esponenti del Terzo settore.

Sport e sostenibilità: gli spazi riqualificati all’interno del carcere di Bollate

di Redazione GRS


Sport e sostenibilità. Grazie al progetto A Chance Through Sports all’interno del carcere di Bollate, sono state riqualificate delle aree sportive con il contributo di Ecopneus, dando vita ad un campo da basket 3×3 in gomma riciclata nel settore maschile e ad un campo polivalente nel settore femminile.

Un progetto ambizioso dedicato allo sport e alla socialità in carcere per costruire spazi di benessere e condivisione che Ecopneus ha voluto sostenere nel suo costante impegno a favore di una tutela ambientale e continua promozione dell’impiego delle superfici sportive in gomma riciclata. Le condizioni di vita nelle carceri italiane costituiscono una nota emergenza sociale. Ciò dipende da carenze di qualità degli spazi, oltre che delle occasioni relazionali.

Attualmente nelle carceri italiane le attività sportive hanno carattere estemporaneo e sono organizzate al di fuori di un progetto culturale capace di intendere lo sport come strumento risocializzante e riabilitativo. La ricerca mira a definire un metodo di progetto per dotare gli istituti di pena italiani degli spazi architettonici e delle attrezzature utili alla organizzazione e allo svolgimento di attività motorie e sportive. Le attività sono soprattutto intese come pratiche volte al miglioramento delle condizioni fisiche e delle relazioni tra le persone. Il progetto si basa su sperimentazioni concrete in casi studio dell’ambito milanese: Prima casa di reclusione di Milano-Opera, Seconda casa di reclusione Milano-Bollate, Istituto Penale Minorile “Beccaria”. I beneficiari diretti del progetto sono le persone che abitano quotidianamente gli spazi del carcere, per ragioni e in forme diverse: persone detenute, personale di Polizia Penitenziaria, operatori civili dell’Amministrazione penitenziaria; operatori della Associazioni del terzo settore.

Il progetto di trasformazione e riattivazione dello spazio punta a realizzare nuovi spazi e attrezzature per l’attività motoria e la sperimentazione/pratica di discipline sportive ulteriori rispetto ai pochi giochi praticati sporadicamente (calcio, pallavolo), o alla pratica solitaria del body building. Il progetto di architettura agisce nel contesto carcerario per attivare una pratica sportiva intesa sia come strumento relazionale, sia come ambito di riattivazione delle facoltà motorie per il benessere psicofisico di tutti i suoi abitanti. Il ruolo di mediatore dell’Università appare centrale nello sviluppo di questo tipo di studio, ponendo in sinergia soggetti, spazi, pratiche e risorse. La ricerca si interroga anche sul ruolo del progettista architetto, necessario ad attivare l’interazione tra diversi saperi e attori sociali, tra risorse pubbliche e private. Il progetto, momento di conoscenza e processo di adattamento alle condizioni, è dunque praticato come strumento di composizione del piano delle opportunità e delle possibilità. Il disegno dello spazio e l’attrezzatura dei luoghi per lo sport e per l’analisi e la riabilitazione motoria delle persone si muove nel campo del possibile sfruttando le opportunità presenti nelle strutture e le risorse attivate dalla responsabilità d’impresa. Il punto di partenza sugli usi specifici degli spazi è la considerazione di attività sportive già presenti, la valorizzazione e il riuso di spazi inutilizzati, la definizione delle attività più efficaci per le azioni di socializzazione e di riequilibrio psico-motorio dei partecipanti.

La narrazione ha un ruolo metodologico centrale in questo progetto, sia nella definizione e condivisione interna dei bisogni, delle risorse e delle progettualità, sia nella diffusione della ricerca all’esterno, nella società civile. L’approccio si basa su un processo di ascolto delle popolazioni che abitano i tre Istituti di pena, attraverso l’utilizzo di storie, artefatti visuali e multimediali co-prodotti con i beneficiari, che supportino il dialogo fra i detenuti e gli altri attori del sistema, compresi coloro che detengono poteri decisionali e di management. Sulla base dei risultati delle attività di ascolto e di analisi critica del contesto e di una mappatura degli stakeholder, verrà definita una vera e propria strategia di comunicazione utile, da un lato, a sensibilizzare l’opinione pubblica, i legislatori/decision maker e gli operatori degli Istituiti di pena nei confronti della necessità di introdurre programmi sportivi strutturati; dall’altro, a promuovere il progetto ACTS e a mostrare l’efficacia del programma sperimentato. Tale strategia è supportata dalla collaborazione con media partner, quali “La Gazzetta dello sport” per la comunicazione con il grande pubblico.

L’indagine mira a monitorare la quantità e qualità dell’attività fisico-sportiva svolta nelle carceri e a verificare le relazioni tra questi due aspetti, le capacità motorie e funzionali del detenuto e la sua qualità di vita. Tale valutazione si baserà su misure che traccino i periodi di attività, riposo e sonno, mediante sistemi indossabili che forniranno una fotografia del tipo e intensità delle attività attualmente svolte all’interno delle strutture. Le misure verranno poi confrontate con l’esito di test funzionali, evidenziando possibili legami tra mancanza di attività e deficit motori. Caratterizzando una popolazione finora poco nota da questo punto di vista, questa campagna di raccolta dati fornirà indicazioni evidence-based e supporteranno la stesura di un documento con una matrice multidisciplinare (architettonica, mediatica, legislativa, sportiva) relativo all’impiego e alla somministrazione dell’attività sportiva all’interno delle strutture rieducative – sull’esempio delle iniziative già messe in atto dai ministeri di diversi paesi, in particolare: Regno Unito e Francia (Meek, 2018). Le modalità di monitoraggio verranno definite nella prima fase del progetto, in accordo con la direzione delle strutture detentive, e previa disponibilità delle persone detenute. Questi ultimi, oltre ad essere informati delle finalità dello studio e dell’utilizzo che verrà fatto dei loro dati, usufruiranno di adeguata formazione riguardo i benefici derivanti da una regolare attività fisica.

Obiettivo fondamentale di una progettualità partecipata e condivisa è quello di attivare o incrementare dinamiche relazionali positive tra i diversi gruppi di individui cha abitano il carcere. Il metodo partecipativo supporta l’espressione corale delle risorse disponibili e da valorizzare, facilita l’osservazione e la comprensione del disagio, attiva le potenzialità progettuali presenti. Il ruolo degli abitanti del carcere può concretizzarsi attraverso: la ricognizione e la selezione di alcuni “luoghi preferiti”, dove sia utile intervenire prioritariamente; l’ideazione o il potenziamento di attività virtuose legate alla pratica sportiva, tendendo all’organizzazione di eventi e manifestazioni negli gli spazi riqualificati. Infatti, vengono utilizzati diversi metodi qualitativi, tipici delle pratiche di co-design: probes, interviste, focus group, costruzione di scenari, integrati con tecniche e strumenti di storytelling e di visualizzazione.

“Mai più stragi”: oggi a Milano la manifestazione a sostegno del procuratore Gratteri

di Redazione GRS


 

 

Mai più stragi. Federazioni e associazioni del Terzo settore insieme questa sera a Milano a sostegno del procuratore Nicola Gratteri. Ascoltiamo il servizio di Anna Monterubbianesi.

Questa sera appuntamento alle 19 in piazza Duca d’Aosta, di fronte alla Stazione Centrale di Milano. Terzo settore, società civile, mondo della cooperazione, del sindacato, dell’economia, ma anche del giornalismo e dello spettacolo. Tutti in piazza per dire “Mai più stragi, mai più soli”, per dare sostegno al procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri, e di quanti hanno perso o rischiano la vita a causa delle organizzazioni criminali.

Uniti per ricordare che la ‘ndrangheta è un problema nazionale e per ribadire che le infiltrazioni criminali nell’economia legale sono un’emergenza per la tenuta della democrazia.

Tragedia Marmolada, Ciafani (Legambiente): “Dimostra che non c’è più tempo da perdere”

di Redazione GRS


Cronaca di una tragedia annunciata. Diversi morti e feriti, un numero sconosciuto di dispersi: sulla Marmolada si prova a fare ordine tra le macerie che domenica 3 luglio sono venute giù da Punta Rocca, sulla strada per la vetta della montagna. La causa? Probabilmente quella che tutti hanno in mente, quella strillata da alcuni e negata da altri: il cambiamento climatico. Quando la valanga formata da neve e roccia ha cominciato a inghiottire tutto quello che si trovava dinanzi erano circa le 13.45 e a quota 3000 metri si raggiungevano i 10 °C. Una cifra di gran lunga superiore alla media, come del resto viene percepito in questi giorni non solo da chi si trova in zona Dolomiti, ma da tutti gli italiani.

“Quanto accaduto ieri sul ghiacciaio della Marmolada – ha dichiarato il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – ci dimostra che non c’è più tempo da perdere”. L’eco della crisi climatica ormai risuona dappertutto, a livello del mare come sulle pendici della montagna. “Di fronte a questo scenario – prosegue Ciafani – l’Italia deve accelerare il passo sulle politiche climatiche dove è in forte ritardo, approvando al più presto l’aggiornamento del piano nazionale integrato energia e clima agli obiettivi del Repower Eu e un piano di adattamento al clima. Servono allo stesso tempo scelte energetiche coraggiose che puntino con forza e vigore sullo sviluppo delle rinnovabili, snellendo definitivamente gli iter autorizzativi dei nuovi impianti, senza continuare ad investire su gas e perdere tempo sulla realizzazione di nuove centrali nucleari”.

La siccità continua a colpire in varie forme, visibili e invisibili. A volte la natura incassa senza manifestare conseguenze immediatamente riscontrabili, in altre circostanze succede tutto il contrario. La Marmolada, in particolare, paga dazio da oltre un secolo. A rilevarlo sono i dati della Carovana dei ghiacciai, la campagna di Legambiente che insieme al Comitato Glaciologico italiano dal 2020 monitora lo stato di salute dei ghiacciai alpini: “Tra il 1905 e il 2010 (la Marmolada, ndr.) ha perso più dell’85% del suo volume. Nell’ultimo decennio si è assistito ad una accelerazione dei fenomeni della fusione glaciale. La linea di tendenza che sino al 2000 consentiva di prevedere un esaurimento nell’arco di un secolo si è successivamente modificata tanto da far presagire la scomparsa del ghiacciaio entro i prossimi 15/20 anni”.

Dando uno sguardo allo stato dell’arte delle vette italiane la situazione non è così diversa. L’ultimo monitoraggio della Carovana ha evidenziato come “tredici ghiacciai alpini, più il glacionevato del Calderone (Abruzzo) perdano superficie e spessore frammentandosi e disgregandosi in corpi glaciali più piccoli. I ghiacciai dell’Adamello hanno perso oltre il 50% della superficie totale, quelli del Gran Paradiso circa il 65%. In Alto Adige 168 ghiacciai si sono frammentati in 540 unità distinte. Il ghiacciaio orientale del Canin, in Friuli, oggi ha uno spessore medio 11.7 m, – 80 m rispetto a 150 anni fa. Il ghiacciaio del Calderone, dal 2000, si è suddiviso in due glacionevati e risponde alle oscillazioni climatiche in modo molto più veloce rispetto ai ghiacciai presenti sulle Alpi”.
Il monte-Italia vacilla, alla politica e a tutti noi il compito di metterlo in salvo.

di Pierluigi Lantieri