Un migrante su due non conosce i rischi del viaggio verso l’Europa. È quanto emerge dal rapporto VIS e Missioni Don Bosco che analizza le cause dell’ondata migratoria dall’Africa sub-sahariana.
Fermiamolo
Già partita la settimana di mobilitazioni per dire no al trattato di libero scambio tra Stati Uniti e Unione Europea. In concomitanza con la ripresa dei negoziati, 100mila persone hanno sfilato a Berlino. Centinaia le iniziative in programma in tutto il vecchio continente. Monica Di Sisto della Campagna Stop Ttip. “Il trattato in realtà per realizzare questa accelerazione degli scambi, che tra noi e gli Stati Uniti sono già molto fluidi, andrebbe ad intervenire su tutte quelle regole che noi ci siamo dati per migliorare la qualità della nostra vita, ma che in realtà fanno problema al commercio. Un esempio l’etichettatura dei prodotti, che chiaramente nel momento in cui dichiara la qualità dei prodotti deve essere trasparente, il più trasparente possibile e quindi richiede ai prodotti di essere di qualità sicuramente superiore per essere accettabile ai cittadini.”
La pace fa paura
L’attentato di Ankara dello scorso sabato non interrompe il percorso di libertà intrapreso dalla società civile. Associazioni e comitati di tutta Europa in piazza al fianco del popolo turco. In Italia numerosi presidi di solidarietà per l’intera settimana. Ai nostri microfoni Mao Valpiana, presidente del Movimento non violento. “E’ un’escalation che evidentemente si vuole preparare l’appuntamento del 1° novembre delle elezioni in un clima di terrore e come sempre i climi di terrore poi chiedono l’arrivo dell’uomo forte e del pugno duro. I movimenti per la pace, per la giustizia, per i diritti umani e per le libertà fanno paura e quindi vanno colpiti. Allora il fatto che facciano paura è già un’indicazione molto chiara, che sono movimenti che possono realmente modificare la realtà.”
Diritti minori
Nel mondo ci sono 70 milioni di ragazze che subiscono ogni anno abusi e violenze fisiche. Il servizio di Fabio Piccolino. “Si è celebrata ieri in tutto il mondo la Giornata internazionale delle bambine: una ricorrenza che mira ad accendere i riflettori sulla condizione dei minori in molti parti del pianeta. Nel mondo, ci sono 15 milioni di spose bambine, che spesso diventano mamme troppo presto, prima che il loro fisico sia realmente pronto. Secondo il Rapporto presentato nei giorni scorsi da Terre des Homme, 70 milioni di ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni, subiscono ogni anno abusi e violenze fisiche. Situazioni spesso legate ad aree di conflitto, dove la migrazione forzata può avere come conseguenza il lavoro minorile e l’accattonaggio. Per combattere questa situazione, Terre des Homme lancia la campagna “Indifesa” che ha l’obiettivo di contrastare lo sfruttamento delle bambine, e garantire loro una vita in salute e un’istruzione adeguata.”
In cerca di diritti
L’India prova a mettere un freno alla tratta di essere umani. Dopo l’accordo con il Bangladesh sul rimpatrio delle vittime, si cerca una convergenza con Nepal ed Emirati Arabi. Secondo le Nazioni Unite, ogni anno in questa regione, 150 mila persone vengono costrette a rinunciare alla propria libertà nella ricerca di condizioni di vita più dignitose.
Senza luce
In Uganda l’omosessualità è ancora un reato e l’omofobia sempre più diffusa. Mentre la comunità Lgbt è costretta a nascondersi per evitare aggressioni fisiche e verbali, alcuni attivisti si sono mobilitati contro la legge anti-gay, e si sono lasciati fotografare posando in un set completamente buio per denunciare paura e solitudine.
Cimitero Mediterraneo
Secondo l’organizzazione internazionale per le migrazioni, dall’inizio dell’anno sarebbero morte tremila persone davanti alle nostre coste. I dati confermano che si tratta della rotta più pericolosa per i migranti del mondo: tre quarti delle tragedie del mare nel pianeta sono avvenute qui.
Crimini di guerra
Così Medici senza frontiere giudica la strage di Kunduz dove hanno perso la vita dieci operatori sanitari e dodici pazienti, in seguito ad un raid americano. Ascoltiamo Stefano Zannini, direttore del supporto operazioni della ong. “La situazione è molto grave, soprattutto perché l’ospedale di Kunduz era rimasto l’unica struttura ospedaliera che funzionava nella regione. La nostra preoccupazione oggi va alla quantità di persone che sono rimaste ferite nel bombardamento, ai pazienti che in questo momento hanno bisogno di cure mediche immediate, alle famiglie delle vittime di questo bombardamento e a tutti i civili innocenti che nelle prossime settimane e mesi pagheranno i danni che sono stati fatti all’ospedale, non potendo avere accesso a cure mediche di secondo livello.”
Bombe poco intelligenti
Bombe poco intelligenti. A fare le spese degli interventi militari in Siria ed Afghanistan sono sempre le popolazioni civili. Il servizio è di Fabio Piccolino.
Continua in Siria l’offensiva contro l’Isis: ma mentre la Russia parla di raid chirurgici che avrebbero colpito più di 50 obiettivi terroristici, l’osservatorio siriano sui diritti umani racconta di 39 vittime tra la popolazione, mentre secondo la BBC, 12 bambini soldato sarebbero morti dopo un attacco francese. I bombardamenti avrebbero anche danneggiato un ospedale affiliato a un’organizzazione medica internazionale. Il pensiero scorre così rapido all’Afghanistan e alla tragedia che ha coinvolto l’ospedale di Medici Senza Frontiere a Kunduz, colpito dai caccia bombardieri americani, causando la morte di dodici operatori e sette pazienti. La morte arriva dall’alto come una condanna, e a pagarne le conseguenze sono ancora una volta i civili. Le bombe, come le guerre, non saranno mai intelligenti.