Archivi categoria: Sport

Sport e inclusione: skateboarding per tutti a Ponte Mammolo (Roma)


Giochi in periferia. Fino a domani a Ponte Mammolo, periferia est di Roma, sarà disponibile un maxi schermo per assistere alle gare di skateboarding dei giochi olimpici di Tokyo 2020. Lo schermo è stato allestito nel primo impianto italiano strutturato per ospitare ogni disciplina sportiva su rotelle, e rivolto anche ad atleti con mobilità ridotta.

In viale Kant, a Ponte Mammolo, lo skateboarding è per tutti: sport e inclusione sociale al BNKR Toyota Wheel Park, il progetto europeo che punta a una società sempre più sostenibile. Si tratta del primo impianto in Italia, allestito su un’area riqualificata da Toyota, strutturato per ospitare ogni disciplina sportiva su rotelle, dedicato ad atleti, o semplici appassionati, anche con mobilità ridotta. È in partnership con i Comitati dei Giochi Olimpici e Paralimpici. Fino al 6 agosto un maxi schermo offrirà la possibilità di assistere alle gare di skateboarding dei giochi olimpici di Tokyo 2020.

Lo scorso 26 luglio il BNKR Toyota Wheel Park ha ospitato un evento per celebrare lo storico debutto dello skateboarding ai Giochi Olimpici e Paralimpici di Tokyo 2020. Presente anche Ilaria Naef, prima atleta italiana di WCMX (Wheel Chair Motocross).

“La nostra associazione crede fermamente che sport come lo skateboarding e nuove discipline come il WCMX possono alimentare un sano sentimento di rispetto di tutte le mobilità, facilitando la capacità di muoversi di tutti – ha detto Marco Del Moro, Presidente ASD Bunker. Siamo oggi tutti più abituati a vedere scooters, skateboard, longboard, biciclette nelle nostre città e diventa sempre più necessario, e interessante, imparare a guidare e gestire questi mezzi, a rispettare un codice di mobilità, forse più slow, ma senza dubbio più integrato, in cui si passi dallo stare fuori allo stare dentro un abitacolo, con consapevolezza globale e rispettando l’ambiente”.

Donne e violenza: la protesta degli schermidori del team Usa con una mascherina rosa


Neanche con un fiore. Una mascherina rosa per protestare contro la presenza in squadra di un atleta sotto accusa per molestie sessuali e mostrare solidarietà con le vittime. I tre spadisti titolari del team Usa hanno voluto prendere così le distanze dal compagno che era stato escluso dalla squadra a giugno rientrato vincendo il ricorso in tribunale.

Arriva anche a Tokyo, alle Olimpiadi, la protesta in solidarietà delle donne vittime di abusi. E’ il caso dei tre atleti statunitensi Jake Hoyle, Curtis McDowald e Yeisser Ramirez che si sono presentati in pedana, in occasione della sfida degli ottavi di finale del torneo di spada a squadre, indossando una mascherina di colore rosa per protestare per la presenza della riserva del loro stesso team, Alen Hadzic, che invece ne portava una nera. Alan Hadzic, lo scorso 2 giugno, venne sospeso da tutte le attività sportive dall’US Center for Safe Sport, l’agenzia indipendente che indaga sugli abusi sessuali negli sport olimpici, a seguito di tre denunce sporte da tre donne per fatti risalenti ai tempi in cui lo schermidore, ora 29enne, era studente alla Columbia University, tra il 2013 e il 2015.

Accuse di abusi sessuali completamente rigettate dall’atleta. Tuttavia, lo spadista statunitense ha presentato ricorso e ha vinto, “perché le indagini sono ancora in corso e non si è ancora arrivati a una sentenza definitiva”, come dichiarato dal suo avvocato, Michael Palma. E così Alan Hadzic è stato reintegrato nel Team Usa come riserva. A quel punto, però, sono insorti i compagni e soprattutto le compagne di squadra di Hadzic, che avevano detto di “sentirsi in pericolo” e scritto al Cio per far sapere di sentirsi “offese e umiliate” per la presenza del collega. Così allo spadista, arrivato in Giappone su un volo diverso da quello degli altri, era stata imposta una “zona di contenimento” e quindi imposto di non alloggiare al villaggio olimpico, in quanto presenza non gradita.

Ma nulla gli ha impedito di andare in pedana, seppure da riserva, nella sfida contro il Giappone, poi persa dai compagni che non lo volevano con loro e che, in ogni caso, hanno voluto prendere le distanze. Il comitato olimpico statunitense e la federazione scherma dello stesso Paese non hanno ancora voluto fare commenti su quanto successo.

Libera con gli scacchi: la storia della campionessa iraniana Mitra Hejazipour


Libera grazie agli scacchi. La campionessa di scacchi iraniana Mitra Hejazipour è stata accolta dalla Federazione francese per la quale potrà gareggiare, dopo essere stata cacciata da quella del suo Paese per aver scelto di non indossare il velo durante i Campionati del mondo di Mosca 2019.

Ancora cinque anni fa la campionessa di scacchi iraniana Mitra Hejazipour ubbidiva alle richieste del regime degli ayatollah e ripeteva il copione già scritto. «Il velo non è oppressione, ci siamo abituate e lo accettiamo», diceva in tv — indossando l’hijab — per difendere davanti ai media occidentali i campionati del mondo femminili in programma a Teheran nel febbraio 2016 e minacciati da un boicottaggio. Da allora le cose sono molto cambiate. Mitra Hejazipour ha trovato la forza di ribellarsi, ha lasciato l’Iran e ora è stata accolta dalla Federazione francese. In attesa di chiedere la cittadinanza, potrà già gareggiare per i colori della Francia.

«Ogni volta che ci incontravamo le chiedevo di venire da noi», dice il maestro iraniano di scacchi Reza Salami che da decenni vive a Brest. Nel 2019 Salami è riuscito a convincerla, e Mitra Hejazipour si è trasferita — in teoria per una sola stagione — all’Usam, il club della città bretone. A Brest la ragazza iraniana, campionessa d’Asia nel 2015, ha potuto apprezzare libertà negate in patria, come andare allo stadio ad assistere a una partita di calcio dello Stade Brestois, la squadra della città. La svolta il 25 dicembre 2019 a Mosca, ai Campionato del mondo di scacchi blitz (tempo minore a disposizione per ogni mossa, ndr), quando Mitra, che all’epoca fa ancora parte della squadra nazionale iraniana, decide di giocare senza velo. L’immagine del capo scoperto e dei capelli raccolti nella coda di cavallo suscita scalpore in Iran e pochi giorni dopo Mehrdad Pahlevanzadeh, presidente della federazione iraniana, la caccia: «Mitra non ha più posto nella nostra squadra».

Lei fa del suo gesto una rivendicazione politica, e lo spiega su Instagram: «La mia vita sotto il giogo del velo forzato è cominciata a sei anni, con la frase di uno zio: “Cara nipote, non sarebbe meglio portare l’hijab?”. Da quel momento ho dovuto portarlo sempre, anche in famiglia, per fare contenti i parenti. Mi ricordo del mio primo viaggio all’estero, in Germania (ai campionati mondiali under 10, nel 2003, ndr): avevo nove anni, ero stupita da quelle tedesche dai capelli biondi che ci guardavano come se fossimo arrivate da un altro pianeta e si tenevano a distanza dalle guardiane della nostra squadra, vestite con il chador. L’hijab forzato è il simbolo di una ideologia che considera le donne come un sesso inferiore, e io non voglio più fare finta di accettarlo».

Mitra Hejazipour, oggi 26 enne, d’ora in poi giocherà nella squadra francese e non potrà più tornare in Iran, dove restano i suoi genitori e una sorella più piccola. Il suo gesto dà forza alle donne che in Iran combattono contro l’obbligo del velo istituito dalla rivoluzione islamica del 1979, e mette in imbarazzo quanti in Francia sostengono il carattere totalmente libero della scelta di tante donne musulmane francesi di portare il velo. «I migliori momenti sono quelli che passi con il vento che fa volare i capelli — ha scritto Mitra —. Quanto è doloroso imprigionare i capelli danzanti in una stoffa… L’anima muore quando è messa in prigione dopo avere provato il gusto della libertà».

I Giochi delle donne: le storie di Simone Biles e Sanda Aldass a confronto


 

 

Essere umani. Il ritiro di Simone Biles dalle Olimpiadi che rompe il tabù della salute mentale nello sport. Il servizio è di Pierluigi Lantieri.

Chi non ce la fa più, lo dice e chi trova la sponda per andare avanti. Sempre più quelle di Tokyo sono le Olimpiadi delle donne, storie che mettono a nudo le vene aperte del business olimpico. Il ritiro della statunitense Simone Biles, la ginnasta delle meraviglie, rompe il tabù della salute mentale nello sport: non puoi concentrarti sempre sulle gare e devi pensare anche a te stesso.

Risponde a distanza Sanda Aldass, 31 anni, una dei 29 atleti che compongono la squadra olimpica di rifugiati arrivata a Tokyo 2020. “Senza il judo a tenermi occupata, sarei impazzita – dice – Le Olimpiadi erano un sogno che però si è trasformato in realtà”.

di Pierluigi Lantieri

Paralimpiadi, Italia già da record sulla parità di genere


Paralimpiadi in rosa. A presentare la delegazione, guidata dal capo missione Juri Stara, segretario generale del Comitato italiano paralimpico e capitanata dai due portabandiera Beatrice Vio e Federico Morlacchi, è stato il presidente del comitato, Luca Pancalli. “113 atleti e maggioranza di donne, già doppio traguardo storico”. Sarà infatti il più alto numero da quando l’Italia partecipa a una Paralimpiade.

Gli atleti saranno impegnati in 16 discipline: atletica leggera, badminton, canoa, canottaggio, ciclismo, equitazione, judo, nuoto, scherma, sitting volley, tennistavolo, sollevamento pesi, taekwondo, tiro a segno, tiro con l’arco e triathlon. Un dato che si accompagnerà a un altro record, quello della rappresentanza femminile, che per la prima volta supera quella maschile: sono infatti 61 le atlete e 52 gli atleti qualificati ai Giochi. Numeri che rappresentano comunque al momento ancora una previsione di massima e che potrebbero variare leggermente nei prossimi giorni sulla base di alcuni pass che le commissioni composte dall’International paralympic committee e le Federazioni internazionali decideranno di assegnare.

A presentare la delegazione, guidata dal capo missione Juri Stara, segretario generale del Cip e capitanata dai due portabandiera Beatrice Vio (scherma) e Federico Morlacchi (nuoto), è stato oggi il presidente del Comitato italiano paralimpico, Luca Pancalli, al termine della riunione della Giunta. “Abbiamo proceduto in Giunta a nominare la delegazione presieduta dal segretario che sarà composta da 113 delegati, tenendo presente che è ancora in ballo la partecipazione della nostra rappresentante nella disciplina del badminton e al netto di potenziali aggiustamenti e correttivi– ha detto Pancalli in conferenza stampa- Il dato importante non è solo che si tratta della delegazione più grande di sempre, ma che le donne hanno superato gli uomini: saranno rispettivamente 61 e 52.
A questi numeri si aggiungono i 78 officials attribuitici dal Comitato organizzatore più i membri della famiglia paralimpica, staff medico e quant’altro. Contando il badminton saremo presenti in 16 discipline delle 22 previste dal programma dei Giochi paralimpici. Grande novità sarà la partecipazione nello sport di squadra del sitting volley, che ha contribuito all’incremento della nostra rappresentanza e in cui saremo esordienti come anche per badminton e taekwondo”.

Per Pancalli “manca più di un mese all’inizio dei Giochi paralimpici ma già possiamo celebrare un doppio traguardo storico. Un risultato che testimonia la grande crescita degli ultimi anni del movimento paralimpico italiano sia sotto il profilo dei numeri e della rappresentanza di genere che dal punto di vista della competitività. Andremo in Giappone sapendo di avere una grande squadra che può regalare al nostro Paese tante gioie e soddisfazioni, prenderemo parte a questi Giochi non solo con l’obiettivo di rappresentare un’eccellenza sportiva ma anche di continuare ad alimentare quella rivoluzione culturale silenziosa che sta contribuendo a cambiare la percezione della disabilità nel nostro Paese e nel mondo”.

Il presidente del Cip si è detto “straconvinto che le federazioni abbiano svolto uno straordinario lavoro di accompagnamento a questa spedizione nonostante lo slittamento per la pandemia e il fatto che questa sarà l’edizione più complessa sul profilo logistico e organizzativo. Tutta la tecnostruttura sta dando il massimo perché le difficoltà sono tante: sarà difficile per i Giochi olimpici, figuratevi per una spedizione con tanti ragazzi e ragazze disabili”.

Le discipline su cui Pancalli ripone maggiori aspettative sono “atletica leggera, scherma, il nuoto che ha fatto parlare tanto di sé negli ultimi anni conquistando prima un Mondiale e poi gli Europei, ciclismo, tiro con l’arco e poi tutte le altre discipline dove potremmo ovunque ottenere successi che rappresenterebbero sorprese ma anche conferme, come tennis tavolo, sitting volley, sollevamento pesi, tiro a segno, triathlon. Ovunque ci siamo qualificati potremo dire la vostra, non faccio previsioni in quanto a numero di medaglie ma sono certo che faremo bene”.

L’auspicio, ha sottolineato il presidente, “è di portare in casa qualcosina in più rispetto a Rio ma senza dimenticare le difficoltà nella gestione di questi Giochi che potrebbero presentare complicazioni indipendenti da atleti e federazioni”.

Un aspetto su cui si è soffermato anche Stara: “Abbiamo messo in campo tutte le iniziative per rendere la vita dei nostri ragazzi in quei giorni la più serena e semplice possibile, consapevoli che non sarà affatto facile garantire tutta una serie di condizioni perché le incognite sono tante, anche sul piano organizzativo e logistico e anche solo per capire come funzionerà una mensa. Pensate poi cosa possa significare l’isolamento in un Covid Hotel per un ragazzo con disabilità severa che dovesse risultare positivo”.

“L’importante è partecipare”: il bando sullo sport di Fondazione Con il Sud


L’importante è partecipare: grazie al bando sullo sport promosso dalla Fondazione Con il Sud, da settembre saranno avviate in Campania, Puglia e Sicilia circa 50 attività sportive rivolte a tutti per rafforzare le piccole comunità meridionali caratterizzate da situazioni socio-economiche difficili. 9 i progetti selezionati, sostenuti con 2,3 milioni di euro.

Oltre 100 organizzazioni coinvolte e 4 mila persone interessate, soprattutto bambini e ragazzi. Saranno recuperati e valorizzati spazi pubblici e palestre in disuso, rendendo disponibili circa 100 mila mq per attività sportive sia al chiuso che all’aperto (una media di 25 mq per minore, a fronte dei circa 4,8 mq messi a disposizione dei ragazzi nei capoluoghi del Sud Italia).

Borgomeo: “La pandemia ci ha isolati, lo sport può diventare una leva determinante per incontrarci di nuovo, stare insieme, rafforzare la coesione sociale e dare opportunità concrete a ragazzi e cittadini, anche nei territori più difficili spesso gravemente ‘contaminati’ dalla criminalità organizzata”. Iniziative dedicate a tutte le età, scambio interculturale e intergenerazionale, voglia di stare insieme, promozione del benessere fisico e mentale, ma anche lotta al degrado urbano con recupero e valorizzazione di spazi pubblici e palestre. C’è tutto questo e altro ancora nei 9 progetti selezionati dalla Fondazione CON IL SUD con il bando “Sport– l’importante è partecipare”: c’è la bellezza dello sport e i suoi valori, c’è l’educazione alimentare e il rispetto delle regole, c’è il diritto al gioco e l’emancipazione delle piccole comunità del Sud che vivono situazioni di difficoltà socio-economica. Lanciato in piena pandemia, con uno sguardo fiducioso al futuro, il bando ha visto la partecipazione di oltre 2100 organizzazioni da tutto il Sud. Al termine del rigoroso processo valutativo, sono stati selezionati 9 progetti in Campania, Puglia e Sicilia sostenuti con 2,3 milioni di euro: circa 50 le attività sportive che da settembre coinvolgeranno circa 4 mila persone, soprattutto bambini e ragazzi, che vivono in quartieri, rioni o frazioni di piccoli comuni nelle province di Napoli, Bari, Lecce, Catania, Messina e Palermo, caratterizzati da un contesto socioeconomico difficile, spesso con presenza di disagio e
marginalizzazione.

L’obiettivo generale è mettere al centro l’attività sportiva come strumento per rafforzare le piccole comunità locali del Sud Italia, ma in questa fase critica, segnata da mesi di mancata
socialità e accesso a spazi e attività comuni, queste azioni saranno realmente una boccata d’ossigeno per tanti bambini e ragazzi. Saranno disponibili infatti circa 100 mila mq per attività sportive sia al chiuso che all’aperto: una media di 25 mq per minore, a fronte dei circa
4,8 mq messi in media a disposizione dei ragazzi nei capoluoghi del Sud Italia come ha recentemente sottolineato il rapporto nazionale “Minori e sport” dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini. “Abbiamo lanciato questo bando nel maggio del 2020, in piena pandemia, come segnale di speranza e fiducia per il futuro – ha dichiarato Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione CON IL SUD. Oggi questa speranza diventa più concreta. La pandemia ci ha isolati, lo sport può diventare una leva determinante per incontrarci di nuovo, stare insieme sempre nel pieno rispetto delle regole anti covid, rafforzare percorsi di coesione sociale e dare opportunità concrete a ragazzi e cittadini, anche nei territori più difficili spesso gravemente ‘contaminati’ dalla criminalità organizzata”.

Quasi 50 le discipline sportive che animeranno i progetti: si va dagli sport di squadra più tradizionali (calcio, basket, pallavolo), di cui viene proposta anche la variante per persone disabili (sitting volley, football integrato, baskin); agli sport di resistenza e potenza
(atletica, ciclismo, arrampicata) o di precisione (tiro con l’arco). E ancora, danza (hip hop, danze urbane, folcloristiche) e sport di contatto (kickboxing, karate). Oltre 100 le organizzazioni coinvolte nelle partnership di progetto, tra associazioni, parrocchie, cooperative sociali, organizzazioni di volontariato, scuole, università, comuni e enti pubblici, imprese, ordini professionali. C’è chi realizzerà ciclo-passeggiate, tornei di municipio e attività itineranti per il quartiere; chi realizzerà una palestra diffusa all’aperto; chi punterà su sport come l’arrampicata per favorire sbocchi lavorativi nell’edilizia acrobatica, sulle navi da crociera, nel mondo dello spettacolo; chi invece farà del calcio uno strumento di educazione al rispetto delle regole e di integrazione, con la nascita di squadre rionali e di quartiere o squadre miste, formate da italiani e stranieri. In alcuni casi saranno gli sport tradizionali di altri Paesi (come cricket, badminton e peteca particolarmente diffusi in Bangladesh, Pakistan e Sri Lanka) a favorire questo processo, rendendo i migranti protagonisti: saranno infatti loro a proporre dei laboratori per insegnare ai ragazzi le regole del gioco. Anche per i meno giovani l’offerta sarà ricca, con corsi dedicati al benessere e all’invecchiamento attivo come la ginnastica dolce e lo yoga, ma anche gli scacchi. Saranno coinvolti anche giovani tra i 12 e i 25 anni sottoposti a misure alternative alla detenzione. Sarà possibile effettuare visite mediche e psicoattitudinali, per guidare i ragazzi nella scelta dello sport più adatto alle proprie attitudini e bisogni fisici; avere consulenze nutrizionali, con percorsi di sensibilizzazione ad una sana e corretta alimentazione.

Grazie ai 9 progetti, alcuni centri sportivi già attivi, ma sottoutilizzati e in condizioni di degrado torneranno a nuova vita, divenendo fulcro di un’offerta culturale, sportiva e socio-educativa completa. Anche gli spazi pubblici (parchi, aree giochi, piazze, palestre scolastiche e municipali) saranno valorizzati e messi a disposizione delle comunità. In particolare, 14 spazi saranno interessati da interventi di ristrutturazione e riqualificazione per adibire oltre 9 mila mq alla pratica sportiva.

Tokyo 2020, arrivano le prime prese di posizione sui diritti umani


In ginocchio contro il razzismo. Le calciatrici della Gran Bretagna in ginocchio, dopo il fischio dell’arbitro. Poi le cilene e un’ora dopo la scena si ripete, a Tokyo, prima della sfida tra Stati Uniti e Svezia. Sono le prime dimostrazioni politiche dopo il via libera del Cio: all’interno del campo di gioco ora sono consentite.

Le giocatrici britanniche lo avevano annunciato prima della partenza, il loro gesto era anche per sottolineare la loro solidarietà per i colleghi investiti dagli insulti razzisti dopo aver fallito i rigori contro l’Italia nella finale dell’Europeo. Inginocchiarsi “è permesso, non è una violazione della regola 50. Questo è quello che c’è scritto nelle linee guida del Cio” ha sottolineato il presidente del Cio Thomas Bach.

Il Cio consente gesti di attivismo — se consentito dall’organo di governo di quello sport — solo prima o dopo l’inizio ufficiale degli eventi alle Olimpiadi. Le dichiarazioni politiche durante gli eventi, le cerimonie di premiazione o al Villaggio Olimpico sono ancora vietate, per evitare i gesti come i pugni alzati nei guanti neri dei velocisti americani Tommie Smith e John Carlos alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968.

La capitana tedesca di hockey su prato festeggia con un post sui social “L’amore vince sempre”. Il Cio ha detto sì alla fascia arcobaleno, e la capitana della nazionale tedesca di hockey su prato festeggia con un post su Instagram, sorridente per la decisione del Comitato olimpico. Come il capitano della nazionale di calcio a Euro 2020, Manuel Neuer, anche Nike Lorenz aveva espresso l’intenzione di vestire la fascia simbolo del movimento LGBT alle Olimpiadi, e una richiesta era stata avanzata tramite il comitato olimpico tedesco, che all’ok del Cio ha postato la foto della fascia arcobaleno che la 24enne Lorenz porterà sui calzini, domenica all’esordio contro la Gran Bretagna.