Archivi categoria: Sport

L’arcobaleno al Giro d’Italia: il messaggio di inclusione del ciclista Jacopo Guarnieri


L’arcobaleno al Giro. Il ciclista Jacopo Guarnieri partecipa alla Corsa rosa lanciando un messaggio di inclusione, indossando un bracciale arcobaleno. Lo ha fatto anche a Budapest per protestare contro le leggi omofobe di Victor Orban, ma evidenzia che anche in Italia c’è ancora molta strada da fare per la promozione dei diritti.

«La curiosità per il mondo l’ho sempre avuta ma il ciclismo mi ha aperto la testa». Ci sono corridori impegnati nel sociale, altri che portati fuori dal perimetro delle gare non hanno nulla da dire e poi c’è Jacopo Guarnieri da Vizzolo Predabissi, il girino numero 113, sei squadre diverse in sedici anni di professionismo e una seguitissima piattaforma social usata con intelligenza: «Mi piace pensare, nel mio piccolo, di poter cambiare le cose in meglio. E, se non ci riesco, perlomeno voglio lasciare un segno».

A Budapest, nella terra delle leggi omofobe di Victor Orban, il velocista lombardo della Groupama, gregario di Demare nelle volate di Messina e Scalea (prezioso il suo lavoro ieri nello sprint deciso al fotofinish), ha sfilato con il braccialetto arcobaleno, un chiaro endorsement ai temi Lgbt osteggiati dal governo ungherese di destra, e quegli stessi argomenti di parità di genere si porta dietro nel tascapane durante il suo terzo Giro d’Italia della carriera. Nel trolley, per la cronaca, ha infilato anche l’ultima copia di Internazionale e «Il popolo degli alberi», romanzo di Hanya Yanagihara. «Il braccialetto è la mia protesta silenziosa — racconta Guarnieri dal bus che lo porta in albergo dopo aver attraversato a pedali la Calabria —, ci pensavo da mesi poi mi sono consultato con il mio compagno ungherese Attila Valter. Ho pensato che la passerella in Piazza degli Eroi fosse una buona occasione, la Groupama era d’accordo: volevo lanciare uno spunto di riflessione, è il gesto che conta».

Ha temuto ritorsioni, Jacopo («Ho messo in conto che qualcuno potesse tirarmi un pugno nella crono del giorno dopo, ma non è successo…»), che accetta di parlare ora che il Giro è rientrato in Italia. «Ci raccontiamo che il nostro sia un Paese moderno e progressista — riflette —, soprattutto rispetto all’Ungheria dove i contenuti omosex sono vietati ai minori, ma ricordiamoci che fine ha fatto in Parlamento il disegno di legge Zan contro l’omotransfobia, affossato in Senato tra gli applausi. Anche da noi il sentimento di nazionalismo sta crescendo».

A 34 anni, sfuggito al futuro alla Mario Cipollini che gli avevano pronosticato da dilettante («Era inutile incaponirsi nel tentativo di diventare quello che non ero»), non c’è rischio di una discesa in politica: «No, grazie, non ci tengo — sorride Jacopo —, preferisco sfruttare la visibilità dell’atleta per sottolineare i temi che mi sono cari». La rivoluzione copernicana della sua esistenza è stata la nascita, cinque anni fa, di Adelaide. «Grazie a lei, da padre separato, ho cominciato a interessarmi dei diritti delle donne. L’arrivo di mia figlia ha acuito la mia sensibilità, fino a quel momento ero stato troppo indulgente con me stesso. Mi sono rimesso in discussione e adesso sogno un mondo migliore per Adelaide, un futuro libero che le permetta di essere tutto ciò che lei vorrà».

Come Harry Kane e Manuel Neuer all’Europeo 2020, Kok-kinakis e Fognini nel tennis, l’hockeista Nike Lorenz ai Giochi di Tokyo 2020, il braccialetto arcobaleno è più di un messaggio. «Non ho soluzioni, dico solo quello che penso» saluta Guarnieri diretto verso il meritato riposo prima della settima tappa. Il polsino con la scritta «Pride» è pronto a tornare in azione. «Magari a Verona, magari sul podio». Un Giro aperto e inclusivo ci piace ancora di più.

Paralimpiadi, in onda stasera su Rai 1 il film su Antonio Maglio


A muso duro. Andrà in onda stasera su Rai 1 il film per la tv sulla storia di Antonio Maglio, medico, accademico e dirigente dell’INAIL, grazie al cui lavoro nacque la prima Paralimpiade, in tempi in cui le persone con disabilità erano tenute nascoste al mondo. Maglio, invece, riuscì a creare a Ostia, una struttura avanguardistica, che puntava al recupero fisico e psichico grazie allo sport.

Oggi milioni di persone in tutto il mondo seguono con passione le gare paralimpiche e si emozionano di fronte alle immagini degli atleti. E ciò lo dobbiamo in buona parte a Maglio. La sua lungimiranza, unita a impegno, passione e lungimiranza, ha fatto sì che la diversità motoria non fosse più sinonimo di confinamento nello sport e nella vita di tutti i giorni.

A muso duro, il film tv che Rai 1 propone lunedì 16 maggio, racconta l’edificante storia di Antonio Maglio. Partendo dall’idea che lo sport possa essere un potente ed essenziale strumento riabilitativo, alla fine degli ‘50 il professor Maglio crea una struttura all’avanguardia apprezzata a livello nazionale e internazionale, che si distingue per la capacità di recupero fisico e psichico dei paraplegici. Cambiando completamente il metodo di cura ridà loro una motivazione per vivere nonostante la malattia.

Il passo successivo è nel 1960, quando il medico dirigente dell’INAIL riesce a far disputare a Roma la prima Paralimpiade del mondo, sfruttando gli impianti sportivi costruiti per le Olimpiadi appena concluse. Con pochi mezzi e superando difficoltà di ogni genere, immagina, concepisce e organizza un Torneo Internazionale ribaltando il concetto di disabilità. Fa’ uscire dall’ombra e pone per la prima volta al centro di una grande manifestazione sportiva persone con handicap fisici.

A quell’evento parteciparono quattrocento atleti provenienti da ventitré nazioni e cinquemila persone seguirono con passione le gare: tiro con l’arco, giavellotto, pallacanestro, nuoto, scherma. Per la prima volta degli “invalidi” uscirono dai luoghi dove prima vivevano confinati. Si mostrarono al mondo come uomini e donne, integri e orgogliosi dei risultati raggiunti. E per la prima volta il mondo li guardò come tali.

A muso duro racconta, quindi, la nascita di un progetto che molti considerarono folle. Folle perché negli anni ’50 essere vittima di una grave menomazione significava perdere lavoro e ruolo sociale. Perdere non di rado anche gli affetti per venire relegati in un limbo vuoto, essere peso e vergogna per le famiglie, oggetto di pietà o di scherno.

Una giovane donna affianca Maglio nella scelta che si rivelerà decisiva per lui e per un infinito numero di persone colpite da invalidità negli anni a venire. Si chiama Maria Stella e il loro rapporto è destinato a mutarsi in amore.

Ma A muso duro è anche la storia dei ragazzi che a Villa Marina, il centro riabilitativo davanti al mare di Ostia, trovarono in Maglio molto più di un medico illuminato. Trovarono in lui un padre. Molti di quei suoi ragazzi si sposarono. Qualcuno ebbe figli o li adottò. Si aprirono a una vita piena proprio quando una vita pensavano di non poterla più avere.

Con una sceneggiatura firmata da Grazia Giardiello, Roberto Jannone e Marco Pontecorvo (a partire da un soggetto di Paolo Bianchini, Stefano Busa e Valeria Doddi), il film tv di Rai 1 A muso duro ha in Flavio Insinna il suo protagonista. Tocca al conduttore di L’eredità e attore calarsi con credibilità nei panni di Maglio.

“Maglio era un genio. Compra un piccolo peschereccio, progetta una carrucola per calare in mare i ragazzi e fargli fare il bagno. Diceva: “Dove sta scritto che un disabile non può sentire l’acqua del mare sulla pelle?”. Ha fatto tutto a livello altissimo, fino alle Paralimpiadi, ispirato dal dottor Guttmann che organizzava gare per i militari invalidi dopo la guerra. Una volta il disabile veniva lasciato al cronicario ingessato, con le piaghe. Maglio taglia i gessi, restituisce la dignità a chi pensava che la vita fosse finita. È stato emozionante interpretarlo anche se quando Marco mi ha chiamato mi sono nascosto dietro l’impegno dell’Eredità. Mi sarebbe piaciuto fare il medico”, ha raccontato in una recente intervista.

“Con Flavio ci siamo trovati davanti un personaggio complesso. Di grande umanità ma ruvida, cosciente della sua competenza, diretto, chiuso sentimentalmente, capace di vedere “oltre” e di grandi slanci”, ha dichiarato il regista Marco Pontecorvo. “Flavio conosceva bene quel mondo perché suo padre era medico. Collaborava con l’Istituto Santa Lucia per il recupero e il reinserimento dei disabili attraverso lo sport. Da piccolo aveva anche accompagnato la nazionale paralimpica ai Giochi che ebbero luogo in Canada”.

“Quindi Flavio aveva già quell’attenzione e sensibilità in comune con il nostro personaggio per cui bisognava andare a ricercare gli altri lati e le sfumature della personalità del nostro dottor Maglio”, ha proseguito Pontecorvo. “È stato un bel percorso per entrambi, Flavio ha anche dovuto forzarsi per raggiungere le caratteristiche più lontane dalla sua umanità. Ma credo che siamo riusciti a portare in scena quello che era lo spirito del protagonista di questa storia straordinaria”.

Al fianco di Insinna nei ruoli principali recitano attori del calibro di Paola Minaccioni (è Tiziana) e Claudia Vismara (è Stella). “Claudia aveva l’anima giusta per interpretare Stella. Combattiva, idealista ma anche dolce, con un viso e un portamento che erano giusti per quegli anni. Paola aveva l’ironia e la profondità per interpretare Tiziana, esperta caposala capace di confrontarsi con i pazienti. Ma anche di affrontare nei momenti difficili e di contrasto, il nostro Maglio”, ha spiegato il regista.

Sono tantissimi i volti noti che fanno parte del cast, a cominciare dal giovane Francesco Gheghi (visto in Il filo invisibile) fino ai più consolidati Massimo Wertmüller e Luca Angeletti). Ma sono anche tanti i ragazzi disabili che hanno ricoperto piccoli ruoli in A muso duro, film tv in onda su Rai 1 il 16 maggio.

“Il cast di ragazzi con la loro energia ci ha fatto divertire sul set. Ha portato un’aria leggera in una storia che apparentemente potrebbe sembrare di tinte più drammatiche. Ognuno di loro ha dato tanto e ci siamo divertiti a costruire personaggi tutti diversi tra di loro. È stato incredibile come siano riusciti a imparare le varie discipline e a far loro la gestualità dei disabili. Questo grazie anche alla collaborazione che abbiamo avuto con il Santa Lucia e con le varie federazioni paralimpiche”, ha sottolineato Pontecorvo.

I piccoli ruoli sono stati tutti ricoperti da ragazzi disabili, esperti nelle varie discipline sportive. Lo scambio e l’amicizia nati con il nostro gruppo di attori è stato importantissimo per il realismo della messa in scena. Era diventato un vero gruppo e ognuno dava consigli all’altro sia sul lato recitativo che sull’esperienza sportiva o vissuta. Massimo Wertmüller è una sorta di padre putativo del nostro protagonista. Devo dire che lo ha fatto portando con sé una sua ironia e leggerezza che aiutano la storia. Purtroppo, non posso citare tutti, ma devo dire che sono rimasto veramente contento di tutte le interpretazioni”.

Ambiente e sicurezza stradale: trenta città italiane pronte al ritorno di Bicincittà


 

 

Torna Bicincittà: domenica 15 maggio trenta città accoglieranno la pedalata Uisp che proseguirà per tutta l’estate. Il servizio di Elena Fiorani.

Bicincittà, la manifestazione nazionale Uisp che chiede aria pulita, rispetto per l’ambiente e sicurezza per chi usa le due ruote, torna dopo due anni di stop dovuti alla pandemia. Saranno coinvolte decine di centri urbani e borghi antichi di tutta Italia, con biciclettate aperte a tutti che percorreranno piste ciclabili, percorsi urbani o parchi, con distanze variabili su itinerari semplici.

L’iniziativa promuove la tutela ambientale e lo sviluppo sostenibile mettendo al centro la bici come modalità di trasporto dolce ed ecologica. La richiesta a governo e amministrazioni locali è più sicurezza stradale, rispetto per i ciclisti e realizzazione di nuove piste ciclabili.

Europei vietati a Khadija Jaafari: numero uno della boxe italiana, ma senza cittadinanza


Europei vietati. Khadija Jaafari ha 14 anni ed è la numero uno del pugilato italiano. Infatti, è due volte campionessa di boxe: vincendo in Abruzzo nella categoria 57 chili, ha confermato il titolo per il secondo anno consecutivo. Si allena a Torre Annunziata, in provincia di Napoli, dove vive da quando ha 6 anni, ma non può rappresentare l’Italia agli Europei, perché non ha la cittadinanza italiana.

Questa è la storia della campionessa italiana di boxe, la 14enne Khadija Jaafari: non potrà rappresentare l’Italia agli Europei, ma non ha la cittadinanza italiana. E’ originaria del Marocco e il suo allenatore la paragona già all’affermata campionessa Irma Testa.

Si chiama Khadija Jaafari, ma gli amici la chiamano “Katalina” e in quello che fa è la numero uno in Italia, ovvero il pugilato. A soli 14 anni, infatti, Khadija è due volte campionessa italiana di boxe: vincendo in Abruzzo nella categoria 57 chili, Jaafari ha confermato il titolo di campionessa per il secondo anno consecutivo dopo che l’anno scorso aveva vinto a maggio 2021 gli School Girl. Lucio Zurlo, suo allenatore in un quartiere difficile di Torre Annunziata, la considera la nuova Irma Testa.

Sport e inclusione: il protocollo d’intesa Fise – SOS Villaggi dei Bambini


Sport per crescere. La Federazione Italiana Sport Equestri (FISE) e SOS Villaggi dei Bambini hanno firmato un protocollo d’intesa per assicurare a bambini e bambine il pieno sviluppo delle loro potenzialità, attraverso una crescita sana all’insegna dell’inclusione sociale e dello sport. L’impegno è rivolto a favore di minori che hanno perso le cure familiari o sono a rischio di perderle.

Al tempo stesso SOS Villaggi dei Bambini, in qualità di social partner della FISE, potrà veicolare il proprio messaggio di impegno a favore dei bambini e dei ragazzi, sensibilizzando il pubblico nel corso degli eventi sportivi e dei momenti patrocinati dalla Federazione.

Lo sport e il suo essenziale ruolo di lotta alle dinamiche di esclusione è la vera forza motrice della partnership, che si propone di raggiungere un pubblico più vasto possibile. Andare a cavallo porta con sé una quantità di sensazioni benefiche: produce senso di indipendenza, stimola l’attenzione e la volontà, rafforza il senso di sé, induce sentimenti di rispetto e di collaborazione con il cavallo stesso. Per questo gli sport equestri sono importanti per la crescita dei bambini e dei ragazzi, specie per coloro che per motivi diversi si trovano a vivere lontano dalla famiglia di origine, seppure temporaneamente. Tra le diverse azioni, il protocollo d’intesa prevede l’organizzazione di iniziative congiunte online e offline a livello locale e nazionale, nonché attività di visibilità, sensibilizzazione e coinvolgimento di ragazzi e adulti in iniziative di sport e solidarietà. Tra queste azioni concrete ricordiamo la Giornata Europea contro le Molestie della quale le due realtà si sono fatte promotrici.

“La partnership che oggi la Federazione Italiana Sport Equestri stipula con SOS Villaggi dei Bambini – ha detto Marco Di Paola, Presidente della FISE – racchiude in sé i più grandi valori che lo sport è in grado di veicolare. Il mondo dello sport ha, infatti, una grande responsabilità nei confronti della società. Riuscire a garantire, attraverso gli sport equestri, integrazione e inclusione sociale di giovani che non possono beneficiare di adeguate cure genitoriali è l’obiettivo che la nostra Federazione si propone di perseguire insieme a SOS Villaggi dei Bambini. Le attività degli sport equestri, poi, possono contare su un grande alleato: il cavallo che oltre a svolgere il ruolo di compagno di sport, anche in questo caso, riesce a interpretare alla perfezione quello di grande terapeuta al fianco dei giovani”.

“Grazie a questo protocollo – ha sottolineato Roberta Capella, Direttore SOS Villaggi dei Bambini – avremo modo di agire concretamente. Lo sport all’interno della Rete SOS Villaggi dei Bambini ha un ruolo fondamentale perché insegna ai bambini e ragazzi accolti nei Villaggi SOS a conoscere sé stessi, ad aiutare i compagni e rispettare gli avversari. È proprio grazie a questa firma che i diversi Programmi e Villaggi SOS potranno entrare in contatto con le sedi regionali FISE per offrire percorsi, come l’ippoterapia, ai bambini e ragazzi accolti in Italia e per collaborare a eventi con l’intento di promuovere la mission della nostra Rete”.

StreetsForKids: le famiglie di 13 Paesi europei chiedono eliminazione traffico intorno le scuole


StreetsForKids. Proteggere le aree e le strade intorno a scuole e asili è la punta dell’iceberg delle azioni necessarie per la rigenerazione ambientale delle nostre città: è l’appello lanciato da genitori e i bambini di oltre 400 scuole in 13 Paesi europei e il sostegno di decine di associazioni sul territorio.

Con i disegni dei bambini che rappresentano la città che vorrebbero appesi sulle cancellate tutto intorno alle scuole, le centinaia di gioiose biciclettate di gruppo per raggiungere le scuole sfidando il traffico, le colazioni con cappucci e caffè offerti al centro delle strade, oltre a giochi e attività negli spazi intorno alle scuole liberati per un giorno dalle auto, non solo in corsa ma anche in sosta, l’iniziativa StreetsForKids, lanciata dalla campagna europea Clean Cities Campaign con il sostegno e la partecipazione di decine di associazioni sul territorio, ha mobilitato venerdì 6 maggio migliaia di famiglie in una giornata gioiosa e insolitamente divertente all’insegna dell’attivismo civico.

Migliaia di cittadini con una sola voce in Europa hanno chiesto di eliminare urgentemente il traffico intorno ai luoghi dove i bambini passano tante ore, ridando loro spazio, verde, sicurezza e aria pulita, il minimo che si può e deve garantire a una nuova generazione alla quale dedichiamo quotidianamente tante cure private ma che pubblicamente, è sotto gli occhi di tutti, viene schiacciata nelle nostre città in spazi non adatti all’infanzia, marciapiedi invasi dalle auto, dove il verde è sofferente e raro, l’aria mediamente di cattiva dove non pessima qualità, e nei quali una mobilità urbana quasi sempre prepotente e pericolosa ne riduce drasticamente il percorso di crescita verso l’autonomia.

Una giornata allegrissima. E in Italia? Nonostante la pioggia battente, a Milano i bambini della MassaMarmocchi hanno inforcato le loro bici creando onde di allegria che hanno invaso la città, a Genova ombrelli alla mano hanno salito i caruggi, a Roma le cargo bike di BiketoschoolRoma hanno tolto spazio al traffico inquinante, mentre a Cosenza, Catania e Lecce hanno dato spazio a giochi e caroselli le cui immagini risuoneranno potenti nel ricordo di chi vi ha partecipato e le ha incrociate. E allora? Perché non farlo tutti i giorni?

A seguito delle più recenti modifiche del Codice della Strada nel nostro Paese le strade scolastiche sono possibili e previste dal 2020 (D.L. 16 luglio 2020 n. 76) e attivabili con ordinanza del sindaco al fine di garantire “una particolare protezione dei pedoni e dell’ambiente”. Purtroppo però, a differenza di quanto accade in molti Paesi europei, in Italia le strade scolastiche sono per ora state attivate nelle città quasi esclusivamente in forma temporanea, ovvero come aree che vengono chiuse per il periodo di tempo necessario a facilitare l’arrivo a scuola dei bambini. Questa modalità di attivazione della strada scolastica continua, tuttavia, di fatto a dare la precedenza alla mobilità inquinante intorno alle scuole e, per il limitato orario in cui è la limitazione si spiega, è poco efficace perché riduce al minimo i grandi vantaggi che le strade scolastiche permanenti possono offrire. Le esperienze fatte in Europa in questi anni mostrano che la chiusura delle strade scolastiche al traffico dei non residenti è capace di ridurre gli inquinanti dell’aria fino del 23%, migliorando così in assoluto la qualità dell’aria che i bambini respirano non solo fuori da scuola, ma anche all’interno dell’edificio dove, naturalmente, si respira la stessa aria.

Le strade scolastiche rappresentano per i bambini, ma non solo per loro, spazio per i giochi e libertà di movimento, luoghi per sedersi e riposarsi, ripararsi dal sole, fare merenda, giocare e socializzare, in cui il commercio di prossimità prospera e si riannodano fili di amicizia e collaborazione in città che spesso lasciano, anche i bambini, troppo soli. Dare alle nostre città una nuova forma cominciando dai bambini si può fare. Serve un po’ di coraggio, senso di giustizia che ridia valore alla salute, e una visione che ponga davvero al centro lo spazio per le persone.

Biliardino riconosciuto ufficialmente dal Coni: “grandissima soddisfazione” della Figest


Sport a tutti gli effetti. Il gioco da bar italiano più popolare, rumoroso e divertente, ha finalmente ricevuto il riconoscimento ufficiale del CONI. Il biliardino, o calcio balilla, è stato inserito tra le 371 specialità del Registro nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche.

Il calcio balilla entra nell’Olimpo della Federazione Italiana Giochi e Sport Tradizionali. Il Consiglio nazionale del Coni, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, nel corso dell’ultima riunione tenutasi al Foro Italico ha approvato, con voto unanime dei presenti, la delibera che integra l’elenco delle discipline sportive ammissibili per l’iscrizione al Registro nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche allo sport “Giochi e sport tradizionali”. La decisione del Consiglio nazionale del Coni è stata commentata con “grandissima soddisfazione” dal presidente della Federazione Italiana Giochi e Sport Tradizionali, Enzo Casadidio.

“Finalmente tra le straordinarie specialità che rappresentano le nostre tradizioni possiamo inserire anche il calcio balilla – sottolinea il presidente della Figest, Enzo Casadidio – E’ stato un percorso sicuramente non facile ma la costanza, la passione e la dedizione dei membri della nostra Federazione che hanno sostenuto questa impresa, alla fine è stata premiata a dispetto dei tanti detrattori e dei tanti che ritenevano impossibile quanto è stato fatto. La Figest, ancora una volta, si schiera a favore dello sport per tutti e, soprattutto, dello sport di tutti. Adesso, come per le altre discipline, anche per il calcio balilla inizia un percorso nuovo sull’onda della serietà fino ad oggi dimostrata. Lasciamo le chiacchiere ed altri e ci dedichiamo, come sempre, ai fatti ma con senso di appartenenza a una federazione che vanta valori saldi e veri quanto quelli dello sport”.

Sport underground: il festival internazionale Eden Prototype a Bologna


 

 

 

La festa dell’innovazione. Parkour, circo, arrampicata: a Bologna si celebra lo sport underground. Il servizio di Elena Fiorani.

Torna, per la nona edizione, Eden Prototype, il festival internazionale dello sport underground che raduna appassionati e atleti da tutta Europa. E per il 2022 raddoppia, dividendosi tra San Lazzaro di Savena e Bologna. Fino a domenica tre giorni di allenamenti liberi, workshop e talk per promuovere numerosi sport come il parkour, le arti circensi, l’arrampicata, lo skate e molti altri, seguiti da istruttori di alto livello.

L’evento è destinato sia a praticanti esperti che a principianti di tutte le età, ma anche a chiunque sia curioso di cimentarsi in nuove discipline con l’obiettivo di mettersi in gioco. L’evento sarà seguito dallo spin off “Urbana” sempre a Bologna, il 14 e 15 maggio, due giornate dedicate totalmente allo skate.

Sport e riqualificazione urbana: inaugurato a Roma il primo Sky Park


Sport sui tetti: è stato inaugurato a Roma, nel quartiere periferico del Casilino, il primo Sky Park della Capitale, il gigantesco tetto scoperto di un parcheggio multipiano in disuso è diventato una “piazza” a disposizione della collettività. Si tratta di un progetto di riqualificazione urbana che coniuga socialità, cultura e sport.

Fare sport, guardare uno spettacolo o semplicemente incontrare gli amici “sfiorando” il cielo, nell’abbraccio dei palazzi di uno dei quartieri periferici più popolati della Capitale, sul gigantesco tetto scoperto di un parcheggio multipiano in disuso: è in una “piazza” che non c’era e che ora è a disposizione della collettività il Casilino Sky Park, grande progetto di riqualificazione urbana che coniuga socialità, sport, cultura e street art, inaugurato oggi nel V municipio di Roma, tra i quartieri Alessandrino, Centocelle, Torre Maura e Torre Spaccata, alla presenza del sindaco Gualtieri.

Primo sky park italiano, ideato e realizzato da Fusolab, con il sostegno di IGT, in collaborazione con l’associazione a.DNA, LifeGate e IGD, il progetto aprirà ufficialmente il prossimo 2 giugno per offrire a prezzi accessibili (ma per alcune categorie è prevista l’esenzione completa) una serie di attività sportive e culturali, destinate soprattutto ai più giovani.
Già a un primo colpo d’occhio, l’area è impressionante: se lo sguardo spazia verso la città che si apre tutta intorno, ‘sotto i piedi’ ci sono oltre 3800 mq completamente open air (al quarto piano di un parcheggio ora riqualificato, a ridosso di un centro commerciale), dotati di campi sportivi per praticare padel, pickleball, calcetto, street basket, pattinaggio, skateboard e parkour, di una palestra e zone dedicate alla ginnastica a corpo libero, crossfit e calisthenics, di spazi per attività ludico-ricreative con didattica innovativa per i più piccoli (si pensa anche di accogliere i bambini seguiti dai centri sociali e quelli in arrivo dall’Ucraina), di un’arena estiva che ospiterà spettacoli musicali e teatrali, cinema e presentazioni di libri, oltre ad aree per socialità, coworking, bar e ristoro. Accanto alla funzionalità e all’approccio inclusivo, il Casilino Sky Park, promuove anche la street art in modo sostenibile, grazie alla partecipazione di tre artisti di fama internazionale, Alice Pasquini, che ha firmato le superfici verticali usando Airlite, tecnologia che si applica come una pittura e che contribuisce a purificare l’aria, Giulio Vesprini e Uno, che hanno dipinto la loro arte sui campi da gioco e il tracciato panoramico perimetrale (le opere sono a cura di Mirko Pierri di a.DNA project).

E di certo, in questa periferia che rifiuta il concetto di margine e rivendica bellezza, sono proprio i ragazzi di Fusolab a fare la differenza, con la passione inesauribile e la grande voglia di fare: saranno loro a gestire un progetto che ambisce a numeri importanti (per il primo anno si stima un flusso pari a 60 mila presenze, con una crescita annua di 20 punti percentuali fino a raggiungere stabilmente i 100.000 visitatori) e che punta a raccogliere attorno alla propria energia tutti i cittadini del V municipio.

Abbiamo davvero iniziato dal basso, al piano -1 in uno scantinato del Prenestino, e ora abbiamo realizzato un assalto al cielo: è bello vedere che le cose possono succedere, qui c’è tutto il nostro gruppo, siamo ragazzi di periferia che questi quartieri li hanno vissuti”, ha raccontato Dario Minghetti, presidente di Fusolab. “Sostegno e valorizzazione del patrimonio culturale, aggregazione e inclusione, promozione della street art e sostenibilità: il progetto rappresenta tutto ciò in cui crediamo. Aprire una piazza due giorni dopo la data che segna la fine di due anni orribili di pandemia è una bella coincidenza”, ha aggiunto Fabio Cairoli, Ceo IGT Global Lottery.