Notizie

Coppie civili escluse dai permessi 104 in carcere: la denuncia di Arcigay

di Redazione GRS


Un doppio standard – Arcigay esprime preoccupazione in merito a una circolare del Dipartimento penitenziario che escluderebbe le coppie unite civilmente dal diritto ai permessi 104 per l’assistenza ai familiari. Secondo il segretario generale dell’associazione, Gabriele Piazzoni, si utilizzano cavilli formali per negare i diritti. “E’ inaccettabile, chiediamo l’intervento immediato del Ministro Nordio”.

“Apprendiamo con sconcerto che il DAP utilizza cavilli formali per negare diritti fondamentali al personale unito civilmente”, dichiara Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay. Che prosegue: “Questa decisione è discriminatoria e contrasta palesemente con i principi costituzionali di uguaglianza. Mentre l’INPS, già nel 2022, aveva chiarito l’estensione dei benefici alle unioni civili, il Dipartimento Penitenziario sceglie una interpretazione restrittiva che crea cittadini di serie A e di serie B. La pubblica amministrazione dovrebbe essere garante di uguaglianza, non amplificatore di discriminazioni – prosegue Piazzoni. – Chiediamo al Ministro della Giustizia Nordio di intervenire immediatamente per ristabilire la legalità e garantire che nessun lavoratore o lavoratrice sia discriminato in base all’orientamento sessuale e all’identità di genere o alla forma della propria unione affettiva”.

Società

Servono nuove regole – Sui social dei genitori influencer i figli minori appaiono in 1 contenuto organico su 2 e in 1 sponsorizzato su 4. Ascoltiamo Flavia Brevi di Terre des Homme Italia

La riflessione nasce dalla ricerca “Protagonisti consapevoli? La tutela dei minorenni nell’era dei family influencer”, svolta da Terre des Hommes Italia insieme a Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) e ALMED (Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con il supporto dell’avvocata Marisa Marraffino, esperta di diritto dei media digitali e la partnership tecnica di Not Just Analytics.

Dalla ricerca quali-quantitativa, che analizza 20 profili di family influencer e 1334 contenuti social per capire come sono mostrati figlie e figlie, emerge che i/le minori appaiono in 1 contenuto organico su 2 e in 1 sponsorizzato su 4. In un terzo circa dei contenuti pubblicitari, i bambini e le bambine risultano essere parte attiva dell’advertising: ad esempio scartano il prodotto, lo presentano, lanciano la promozione. Nella maggior parte dei contenuti in cui appaiono minori, inoltre, non sono adottate forme di tutela della privacy per i più piccoli, ad esempio riprese di spalle, immagini pixellate o l’aggiunta di emoticon sul viso. Nei contenuti organici tali forme di tutela appaiono nel 7% dei contenuti; la percentuale si abbassa al 2% se si considerano i contenuti pubblicitari. Nel 29% dei contenuti si riscontrano situazioni potenzialmente problematiche rispetto alla privacy: nel 21% dei casi sono mostrati momenti intimi come il bagnetto, il cambio del pannolino, la nanna; nel 6% dei contenuti il minore è coinvolto in trend o challenge; nel’1% dei casi il minore è colto in un momento critico (rabbia, tristezza, difficoltà).

Genitori influencer: servono regole per proteggere i figli minori

di Redazione GRS


Servono nuove regole – Sui social dei genitori influencer i figli minori appaiono in 1 contenuto organico su 2 e in 1 sponsorizzato su 4. Ascoltiamo Flavia Brevi di Terre des Homme Italia

La riflessione nasce dalla ricerca “Protagonisti consapevoli? La tutela dei minorenni nell’era dei family influencer”, svolta da Terre des Hommes Italia insieme a Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) e ALMED (Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con il supporto dell’avvocata Marisa Marraffino, esperta di diritto dei media digitali e la partnership tecnica di Not Just Analytics.

Dalla ricerca quali-quantitativa, che analizza 20 profili di family influencer e 1334 contenuti social per capire come sono mostrati figlie e figlie, emerge che i/le minori appaiono in 1 contenuto organico su 2 e in 1 sponsorizzato su 4. In un terzo circa dei contenuti pubblicitari, i bambini e le bambine risultano essere parte attiva dell’advertising: ad esempio scartano il prodotto, lo presentano, lanciano la promozione. Nella maggior parte dei contenuti in cui appaiono minori, inoltre, non sono adottate forme di tutela della privacy per i più piccoli, ad esempio riprese di spalle, immagini pixellate o l’aggiunta di emoticon sul viso. Nei contenuti organici tali forme di tutela appaiono nel 7% dei contenuti; la percentuale si abbassa al 2% se si considerano i contenuti pubblicitari. Nel 29% dei contenuti si riscontrano situazioni potenzialmente problematiche rispetto alla privacy: nel 21% dei casi sono mostrati momenti intimi come il bagnetto, il cambio del pannolino, la nanna; nel 6% dei contenuti il minore è coinvolto in trend o challenge; nel’1% dei casi il minore è colto in un momento critico (rabbia, tristezza, difficoltà).

Cineforum in Umbria per promuovere legalità e lavoro giusto, dal 27 novembre

di Redazione GRS


“Umbria Legale e Sicura” –  Dal 27 novembre al via via un ciclo di cineforum contro lo sfruttamento lavorativo e per la promozione della legalità con quattro proiezioni in altrettante città umbre. L’iniziativa è Legacoop, Confcooperative, Confesercenti e Cooperativa Borgorete, all’interno del progetto di cui la Regione Umbria è capofila

L’obiettivo è coinvolgere imprese, istituzioni e cittadinanza in un percorso condiviso di informazione e riflessione sul ruolo del lavoro come strumento di inclusione e dignità, promuovendo al tempo stesso pratiche produttive e sociali fondate su equità, trasparenza e rispetto dei diritti.

Lega Dilettanti lancia una campagna social per dire basta ai femminicidi

di Redazione GRS


Fare squadra contro la violenza – Due genitori fiorentini che hanno perso la figlia, vittima di femminicidio, incontreranno domani i club della Lega Dilettanti per dare il via alla campagna social su responsabilità e condivisione nella lotta ad ogni forma di violenza.

“Fare squadra contro la violenza” partirà da Sesto Fiorentino, alle porte di Firenze, città dei genitori di Michela, alla biblioteca Ragionieri, martedì 11 novembre alle 17, con il primo incontro con un club della LND, la ASD Rinascita Doccia, in un confronto organizzato in collaborazione con il Comitato Regionale Toscana della LND. Interverranno anche il Comune di Sesto Fiorentino, il Coni Toscana e il Centro Antiviolenza Artemisia.
Il progetto nasce da un’idea della giornalista Gaia Simonetti con il supporto dall’Area Responsabilità Sociale della Lega Dilettanti, che ha lanciato anche una campagna social su frasi legate ad un amore che non è amore.
“E’ geloso perché mi vuole bene”, ed ancora, “è mia e non sarà di nessun altro”: sono alcune delle frasi della campagna sociale contro la violenza, indicate dalla stessa mamma Paola.
“Il calcio deve fare la sua parte nella lotta alla violenza di genere – afferma Luca De Simoni, coordinatore Area Responsabilità Sociale della Lega Dilettanti – ricordando che la violenza non è solo fisica, ma anche psicologica e verbale. Penso alle vessazioni che spesso sentiamo nei cori agli stadi rivolte alle atlete, ma anche alle spettatrici e in uno sport a predominanza maschile dobbiamo farci portatori dei giusti messaggi”.
“Ogni giorno portiamo nelle scuole e nei luoghi dei giovani la storia di nostra figlia – dichiarano Paola e Massimo, genitori di Michela- che a 31 anni aveva la vita davanti e tanti sogni da realizzare. Crediamo che il calcio possa essere un ambasciatore potente di messaggi che valorizzano la vita e il rispetto di essa. Lo dobbiamo a nostra figlia e a tutte le bambine e donne che sono vittime di violenza”.

Tunisia, migranti vittime di violenze e arresti arbitrari: la denuncia di Amnesty

di Redazione GRS


Amnesty International denuncia violazioni dei diritti umani nelle politiche migratorie della Tunisia nei confronti di persone rifugiate, richiedenti asilo e migranti. Le autorità infatti avrebbero adottato “pratiche razziste e repressive”, tra cui arresti e detenzioni arbitrarie, espulsioni collettive, maltrattamenti e violenze sessuali.

Nel nuovo rapporto Amnesty International documenta come, alimentate dalla retorica razzista di esponenti politici, le autorità tunisine abbiano effettuato arresti e detenzioni su base razziale, intercettamenti in mare pericolosi e sconsiderati, espulsioni collettive di decine di migliaia di persone rifugiate e migranti verso l’Algeria e la Libia e come abbiano sottoposto le stesse a maltrattamenti e torture tra cui stupri e altre forme di violenza sessuale, attuando al contempo una repressione contro la società civile che fornisce assistenza essenziale.

Nel giugno 2024 le autorità tunisine hanno posto fine al ruolo dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati nella gestione delle domande d’asilo, cancellando di fatto l’unica possibilità di chiedere protezione nel paese. Nonostante questo grave arretramento, l’Unione europea ha continuato a cooperare con la Tunisia nel controllo dei flussi migratori senza prevedere garanzie efficaci in materia di diritti umani.

Proseguendo su questa strada, l’Unione europea rischia di rendersi complice di gravi violazioni dei diritti umani e di contribuire a intrappolare un numero crescente di persone in una situazione in cui le loro vite e i loro diritti restano in pericolo.

“Alimentando la xenofobia e abbattendo colpo dopo colpo la protezione dei rifugiati, le autorità tunisine si rendono responsabili di orribili violazioni dei diritti umani. Devono porre fine immediatamente a questo arretramento devastante e fermare l’incitamento al razzismo e le espulsioni collettive che mettono in pericolo vite umane. Devono garantire il diritto d’asilo e assicurare che nessuna persona sia espulsa verso un luogo dove rischi di subire gravi violazioni dei diritti umani. Il personale delle organizzazioni non governative e i difensori e le difensore dei diritti umani arrestati per aver assistito persone rifugiate e migranti devono essere scarcerati senza condizioni”, ha dichiarato Heba Morayef, direttrice regionale per il Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty International.

Violenza e bullismo a scuola: Unesco punta sui pericoli del web

di Redazione GRS


Ieri si è celebrata la Giornata internazionale contro la violenza e il bullismo a scuola voluta dall’Unesco. Quest’anno attenzione particolare ai soprusi commessi in rete, perché la diffusione e l’accessibilità delle moderne tecnologie estende questo fenomeno oltre l’aula scolastica.

Il primo giovedì di novembre si celebra la Giornata internazionale contro la violenza e il bullismo a scuola, compreso il cyberbullismo, istituita dagli Stati membri dell’UNESCO. Il tema scelto per quest’anno, “Screen smart: imparare a essere sicuri nell’era digitale”, richiama l’urgenza di fronteggiare fenomeni che, ormai da tempo, superano i confini della scuola per espandersi nei luoghi virtuali.

L’accesso sempre più precoce e capillare agli strumenti digitali ha esteso le possibilità di attacco, in particolare per le ragazze, che risultano tra le vittime più frequenti di messaggi violenti, anche a sfondo sessista. Il cyberbullismo rende le molestie più silenziose ma non meno gravi, e spesso ne amplifica la portata.

Secondo i dati dell’UNESCO, nel 2024 uno studente su tre ha subito aggressioni fisiche e le violenze online sono in aumento costante. Le conseguenze non riguardano solo chi subisce, ma anche chi agisce: effetti sul benessere mentale, sulla capacità di apprendere, sul modo di stare in relazione con gli altri.

Cgil: a Napoli sistema illecito di lavoro nero dietro i flussi migratori

di Redazione GRS


Un’indagine svela un sistema di irregolarità legato all’ingresso di lavoratori extracomunitari a Napoli. Il servizio di Federica Bartoloni.

Un dossier della Cgil di Napoli ha evidenziato come il fenomeno relativo agli “ingressi truffa” di lavoratori extracomunitari nel territorio napoletano grazie al Decreto Flussi sia divenuto negli ultimi 3 anni pratica comune. Una delegazione di 400 cittadini del Bangladesh ha denunciato come, al loro regolare ingresso in Italia, non abbiamo in realtà trovato alcun datore di lavoro come previsto dall’atto amministrativo che li aveva selezionati rimanendo nel nostro Paese in una situazione di irregolarità del permesso di soggiorno. Un sistema, denuncia la Cgil, pericolosamente automatizzato nel territorio: i lavoratori si ritrovano dunque costretti a lavorare in nero, affittare case in nero e alimentare involontariamente l’economia sommersa.

Torna “Sportivamente”, il talk di AiCS sull’associazionismo sportivo

di Redazione GRS


Da domani torna Sportivamente, il talk prodotto da AiCS che racconta le belle storie di associazionismo sportivo sociale che parlano di inclusione, coesione e impegno civico. Il programma andrà in onda tutti i sabati pomeriggio alle 18.30 su DonnaTv, canale 62 del digitale terrestre.

A cura di Patrizia Cupo e condotto da Raffaella Camarda (al montaggio e in redazione: Roberto Vecchione, Sara Cacioppo), SportivaMente nel corso di questi anni ha dato spazio a volti, piccole storie che i grandi media difficilmente raccontano: ha portato al centro le buone notizie e dimostrato, grazie a ogni singola buona pratica, che abbandonare il Terzo Settore renderebbe questo Paese solo, aspro, bellicoso.
L’ultima stagione, poi, in 23 puntate ha ospitato 120 storie, più di 140 volti. E non ha raccontato solo le buone pratiche ma anche invitato istituzioni, esperti e consulenti del Non profit italiano, giovani volontari e dirigenti del Terzo Settore a confrontarsi insieme sui cambiamenti in atto – dalla riforma del Terzo Settore a quella dello Sport, fino a quella fiscale.

La quinta stagione di SportivaMente sarà visibile anche su YouTube al canale AiCS .

Per chi volesse partecipare, segnalando la propria storia, per venirla a raccontare ai microfoni di AiCS (gli studi di registrazione sono a Roma), basta scrivere a: ufficiostampa@aics.info, o chiamare la redazione al 339.4008969.

Ricerca SIMO: una donna su tre si sente discriminata nello sport

di Redazione GRS


Presentata stamattina a Roma la ricerca SIMO – Sport Inclusion Modern Output, in cui sono state raccolte oltre 800 testimonianze di atlete attive ed ex atlete italiane. I dati emersi restituiscono un quadro preciso: nello sport femminile, la disparità non è un’impressione, è un sistema. Infatti il 29% delle atlete si percepisce discriminata.

Lo sport praticato da donne è ancora considerato una “derivazione” di quello maschile e raramente viene messo al centro. Le difficoltà iniziano presto:  quasi la metà delle atlete ha avuto problemi a conciliare sport e studio prima dei 16 anni , una delle cause principali di abbandono.
Tra i 15 ei 35 anni, le donne tesserate in ambito agonistico sono solo il 30% e chi resta spesso si scontra con precarietà e disuguaglianze: il 77% delle atlete non ha mai avuto un contratto con la propria società sportiva, pur dedicando allo sport gran parte dell’anno.

Anche le prospettive dopo la carriera restano limitate: il 59% vorrebbe continuare nello sport con ruoli di responsabilità, ma solo il 23% dei tecnici federali è donna, e il 96% dei presidenti federali è uomo. Persino alle Olimpiadi di Parigi 2024, su  449 membri della delegazione italiana solo 71 erano donne, mentre sette delle dodici medaglie d’oro sono state vinte da loro. La disparità economica è altrettanto evidente: l’86% delle atlete percepisce un’ineguaglianza negli investimenti tra uomini e donne, l’82% nelle tabelle premi, l’80% nei montepremi.

La ricerca verrà presentata Roma venerdì 7 novembre, in occasione del corso di formazione per i giornalisti, organizzato da Giulia Giornaliste e Ordine dei giornalisti, dal titolo “Donne, media, sport: genere e informazione sportiva”.  L’appuntamento è dalle 9.30 alle 13.30 in via Sommacampagna 19, sede dell’Ordine dei gironalisti. Dopo i saluti di Guido D’Ubaldo , presidente OdG Lazio, interverranno Antonella Bellutti; Andrea Soncin, commissario tecnico della Nazionale Femminile di calcio; Mara Cinquepalmi, giornalista; Tiziano Pesce, presidente Uisp; Mimma Caligaris, vicepresidente vicaria Ussi; Vittorio di Trapani, presidente Fnsi. Modera la giornalista Alessandra Mancuso.

E laddove ci sono stereotipi e disparità, cresce anche il rischio di violenza. Il 44% delle atlete ha subito violenza psicologica, nell’81% dei casi da membri dello staff tecnico e nel 15% da dirigenti. Il 22% ha sofferto di  disturbi alimentari, un dato  tre volte più alto della media nazionale. Il 4% riporta casi di violenza sessuale. Ma, più spesso, la violenza è  invisibile e normalizzata, agita sotto forma di commenti sull’aspetto fisico o di pressioni legate alla performance.

Infatti, il 29% delle atlete si percepisce discriminata, e in questo gruppo le critiche aumentano: il 77% ha subito violenza psicologica, il 63% ha avuto difficoltà nello studio, il 61% vive disagio per il proprio corpo. Eppure, sebbene nel 2021 sia stata introdotta la figura del guardiano, incaricata di ricevere segnalazioni di abusi o discriminazioni, un’atleta su quattro non si rivolgerebbe a questa figura, per timore di ripercussioni o per mancanza di fiducia. Un segnale chiaro: le norme da sole non bastano se non cambiano i contesti e le relazioni di potere.