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All’Olimpico nuovi lavoratori con sindrome di Down: la solidarietà della Roma


Campioni di solidarietà. Otto, fra ragazze e ragazzi con sindrome di Down che lavorano per la Locanda dei girasoli, si occuperanno del servizio catering nell’area ospitalità dell’As Roma per quattro gare casalinghe. La collaborazione è iniziata sabato 5 febbraio in occasione della partita contro il Genoa dopo la chiusura della storica pizzeria dovuto alla crisi legata alla pandemia.

La novità è stata comunicata sul sito ufficiale della società giallorossa e sui canali social della Locanda, che a inizio anno aveva annunciato l’intenzione di chiudere i battenti definitivamente dopo 22 anni a causa della crisi economica scaturita dall’emergenza sanitaria. “La Locanda dei Girasoli è una realtà inclusiva romana molto amata – si legge sul sito dell’As Roma -, perché dà lavoro a persone con sindrome di Down. Recentemente, complice anche la crisi determinata dalla pandemia di Covid-19, la Locanda è stata costretta a chiudere e i suoi dipendenti hanno dovuto ricorrere alla cassa integrazione. Dopo aver collaborato con loro in più di un’occasione, nel suo ruolo di piattaforma sociale attenta alle categorie più fragili della cittadinanza romana, il Club ha quindi deciso di manifestare tutto il proprio sostegno alla Locanda dei Girasoli”.

Otto dipendenti della Locanda saranno coinvolti nell’attività di catering delle aree ospitalità dello Stadio Olimpico, per l’entusiasmo dei ragazzi che oggi hanno anche pubblicato alcuni video per dare testimonianza dell’arrivo nell’impianto del Foro Italico. “Grazie di cuore alla As Roma per la bellissima sorpresa – il messaggio affidato a Instagram dalla Locanda -. I nostri ragazzi sono stati felicissimi di festeggiare con Romolo e tutti voi”.

Secondo i più recenti aggiornamenti, la Locanda dovrebbe tornare a lavorare molto presto, ma non nella sua sede originaria di via Sulpicio al Quadraro. Le istituzioni, Regione in testa, sono a lavoro per reperire un nuovo spazio che possa permettere alla cooperativa di tornare a servire i suoi clienti senza più la spada di Damocle di una nuova chiusura.

Sport e inclusione: il protocollo di intesa Figest-Cip


Discipline per tutti. La Federazione Italiana Giochi e Sport Tradizionali ha sottoscritto un protocollo d’intesa con il Comitato Italiano Paralimpico per la pratica di freccette, tiro alla fune, balestra, fionda e piastrelle, che prevede anche la formazione dei tecnici per le varie specialità. E’ il risultato di molti anni di collaborazione all’insegna dell’inclusione.

L’accordo, sottoscritto dal presidente del Cip, Luca Pancalli, e da quello della FIGeST, Enzo Casadidio, varrà fino al 31 dicembre 2024.
Negli ultimi quattro anni la Federazione Italiana Giochi e Sport Tradizionali ha organizzato numerose manifestazioni alle quali hanno preso parte atleti con disabilità. A seguito del protocollo la FIGeST si è anche impegnata a formare i quadri tecnici per gli sport freccette, tiro alla fune, tiro con la balestra, tiro con la fionda e piastrelle in favore degli atleti disabili nel territorio nazionale.

Milano, sette incidenti al giorno tra bici e monopattini


Strade pericolose. Sette incidenti al giorno tra bici e monopattini: a Milano raddoppiati gli incidenti gravi. Per promuovere una mobilità dolce è sicura è stato approvato il Biciplan Cambio: un investimento di 250 milioni per quattro «anelli» ciclabili, 16 percorsi «a raggio» e quattro «greenway», linee super veloci che attraversano la Città da nord a sud e da est a ovest.

Gli incidenti in bici in due anni sono aumentati del 31 per cento e sono anche diventati più gravi: i contusi che il 118 registra come codice rosso sono cresciuti del 133 per cento, proporzionalmente molto di più di quelli gialli (più 43 per cento) e verdi (più 26 per cento). «Le persone che si muovono in bicicletta sono aumentate esponenzialmente negli ultimi e una cosa è certa — fa notare Luca Studer, docente al Politecnico —. Se giustamente si vuole incentivare la mobilità sostenibile, quella cioè legata agli utenti “vulnerabili”, bisogna anche creare le condizioni di sicurezza». A Milano le piste ciclabili, per un totale di 175 chilometri a fine 2021, sono giudicate dai ciclisti insufficienti rispetto alle necessità. Ma i passi avanti ci sono. Quest’anno si aggiungeranno 75 chilometri tra bike lane (le corsie disegnate solo con una linea sull’asfalto) e preferenziali protette. Tra i progetti futuri, una pista ciclabile che unisce l’Idroscalo e il nuovo itinerario di via Primaticcio. «Stiamo recuperando spazio sulle carreggiate e siamo pronti a stipulare convenzioni con i parcheggi per massimizzare il loro tasso di occupazione. L’idea è potenziare anche i percorsi ciclabili periferici e connettere le ciclovie in un sistema ben integrato ma dobbiamo tenere la misura, abituare piano piano le persone ad usare meno le auto», spiega l’assessore alla Mobilità Arianna Censi.

La proposta: sponsor per le ciclabili
I costi per realizzare nuove piste ciclabili e manutenere le esistenti sono enormi. Perché non coinvolgere sponsor privati, marchi che fanno del «green» un vessillo e potrebbero concretamente aiutare? «Sui percorsi protetti ogni aggiunta di investimento sarebbe preziosa. Eventuali sponsor sarebbero ben accetti, soprattutto per la manutenzione», lancia l’appello Censi. A livello metropolitano è stato approvato poi il Biciplan Cambio, a suo modo rivoluzionario. Con un investimento atteso di 250 milioni prevede quattro «anelli» ciclabili, 16 percorsi «a raggio» e quattro «greenway», linee super veloci che attraversano Città metropolitana da nord a sud e da est a ovest: 750 chilometri di infrastruttura in più integrata con le ciclabili comunali, la promessa. Il progetto ha affinità con il Plan Vélo di Parigi che secondo un recente studio di Federica Daniele, Mariona Segu, David Bounie e Youssouf Camara, ha avuto un impatto economico positivo sui quartieri interessati. Spiega Federica Daniele, economista alla Banca d’Italia: «Gli esercizi commerciali e i ristoranti delle zone dove sono state create piste ciclabili — nel caso parigino vere e proprie “autostrade” separate da cordoli rispetto alle corsie delle auto — hanno visto i ricavi aumentare in media di 20 mila euro l’anno». L’impatto positivo, secondo i ricercatori, «è stato maggiore sui negozi e ristoranti di piccole dimensioni o recente apertura, quelli cioè che faticano a guadagnare notorietà e che grazie all’aumento degli spostamenti in bicicletta hanno potuto godere di maggiore visibilità agli occhi dei potenziali clienti».

L’esempio di Parigi
I vantaggi non sono però stati equamente distribuiti: avvantaggiati in modo più che proporzionale sono stati i quartieri centrali (ricchi di attività e «poveri» di abitanti) rispetto a quelli più periferici: «Il Plan Vélo prevedeva connessioni radiali che hanno reso semplice (oltre che piacevole) arrivare in centro in bici, anche per fare compere o mangiare». Il Cambio milanese, a differenza del Plan Velò, avrà una struttura più equilibrata, combinando al network radiale anche quello circolare: «Cambio collegherà tra di loro anche le periferie e questo contrasterà eventuali spinte centripete verso i quartieri più centrali», assicurano gli studiosi. L’effetto economico netto delle politiche di Mobilità, nel caso di Milano, potrebbe essere allora positivo senza riserve e si aggiungerà a quello (senz’altro positivo) in termini ambientali e di benessere. «Ma — provocano gli studiosi — tutto questo non è ancora sufficiente».

Sport sociale, preparare la ripartenza


Preparare la ripartenza. I 4 enti di promozione sportiva Acsi, AiCS, Csen e Libertas insieme per programmare il futuro della pratica dilettantistica, grazie a due progetti finanziati da Sport e Salute: il piano di formazione “E’ Ora” e il progetto di ricerca “Riunisci” sulla valutazione del potere inclusivo dello sport sociale in collaborazione con l’Università di Tor Vergata.

Stando ai dati Istat pre-Covid, In Italia nel 2019 poco più di un individuo su 5 era a rischio di povertà e di esclusione sociale. Contro il rischio marginalità, un’azione importante la faceva lo sport di base, quale leva di socialità, educazione, ed inclusione, oggi però fortemente piegato dalla pandemia. A pochi mesi dall’inizio dell’allerta Covid, era emersa chiara da parte delle organizzazioni sportive di base l’esigenza dello sviluppo di competenze chiave utili a una ripartenza in sicurezza ed efficace.

Dal bisogno di sostenere lo sport di base, strumento cardine contro l’esclusione sociale, nascono quindi i due progetti “E’ Ora” e “Riunisci”, entrambi finanziati da Sport e Salute Spa e presentati da 4 dei maggiori enti di promozione sportiva del Paese: ACSI (Associazione centri sportivi italiani), AiCS (Associazione italiana cultura sport), CSEN (Centro sportivo educativo nazionale), e il Centro Sportivo Nazionale LIBERTAS, che da soli rappresentano nel Paese quasi 7 milioni di sportivi amatoriali. Il primo, “E’ Ora – Servizi di aggiornamento e assistenza all’associazionismo sportivo per la ripartenza”, è un pacchetto formativo rivolto agli operatori e ai dirigenti delle organizzazioni sportive sociali e si pone l’obiettivo generale di sviluppare conoscenze e competenze utili alla ripartenza del movimento sportivo di base.

Il secondo, “Riunisci – Ricerca Università Sport e Contributo Inclusione” è invece un progetto di ricerca condotto in collaborazione con l’Università di Tor Vergata e che si pone come obiettivo la valutazione dell’impatto sociale dello sport di base sul territorio italiano e la costruzione di politiche di indirizzo del movimento sportivo amatoriale e azioni che concorrano a promuovere inclusione, aggregazione e partecipazione attiva alla vita sociale. I progetti sono stati presentati entrambi questa mattina a Roma nel corso della conferenza stampa on line alla presenza dei dirigenti dei 4 Enti, dell’Università di Tor Vergata, e del presidente di Sport e Salute, Vito Cozzoli.

Olimpiadi invernali, il pattinatore Timothy LeDuc primo atleta non binario


Giochi per tutti. Domani a Pechino al via i Giochi invernali: Timothy LeDuc, che gareggerà nel pattinaggio a coppie insieme ad Ashley Cain-Gribble, sarà il primo atleta non binario. Nel 2019 è diventato il primo pattinatore apertamente gay a vincere gli US Championships nel “pair skating”. L’atleta denuncia i limiti all’inclusione che ancora esistono, ma la sua federazione lo difende dagli haters.

La partecipazione farà storia, ed è bastato il solo annuncio per scatenare il solito codazzo di veleni social ai quali la federazione americana ha risposto subito con fermezza: “US Figure Skating sostiene i nostri membri LGBTQ+ e denuncia le frasi di odio contro qualsiasi membro della nostra comunità. Noi siamo orgogliosi del ruolo innovativo di Timothy LeDuc come primo atleta apertamente non binario del Team USA e riconosciamo la sua positiva influenza come membro della squadra olimpica americana”.

Non binario, quindi non uomo né donna, o entrambe le identità. Non è questione di un viaggio da un sesso all’altro, si tratta di percezione di se stessi. Più forte di qualsiasi identificazione, quella di Timothy LeDuc, trentuno anni, sarà una voce che dalle Olimpiadi di Pechino parlerà a milioni di persone nel mondo, soprattutto ragazzi che vogliono essere “open”, secondo la definizione del pattinatore, e il libro di Agassi non c’entra. Perché non si tratterà solo di elementi tecnici di un esercizio, presentazione, valutazione dei giudici e punteggi con cui rispondere alle coppie russe e agli altri avversari più temibili: sarà una missione, come è stata concepita da Timothy. “La mia speranza è che quando le persone sapranno della mia storia diranno: ‘E’ la prima persona non binaria a raggiungere questi livelli. Vorrei che la narrazione cambi in modo che gli omosessuali possano essere “open”, aperti, e avere successo nello sport”.

Scontato? Per nulla, a sentire come Ashley Cain-Gribble, l’altra metà della coppia USA, racconta la difficoltà di chi vuole fare coming out anche in un mondo in cui sensibilità e propensione artistica contano come nel pattinaggio: “Dedicheremo le nostre esibizioni a tutte le persone che si sentivano come se non appartenessero – o gli è stato detto che non appartenevano – a questo sport”. “Siamo sempre stati qui” scandisce LeDuc, “abbiamo sempre fatto parte dello sport. Solo che non sempre siamo stati in grado di aprirci. Potrebbero esserci più atleti olimpici che mai, pronti a identificarsi come LGBTQ. Ma ci sono ancora limiti all’inclusione”.

Il doppio sogno di Robert Mircea si avvera: cittadinanza e Olimpiadi invernali


Last minute. Il sogno di Robert Mircea si è avverato: arrivato a Milano a 9 anni dalla Romania, dopo 12 anni ha finalmente ottenuto la cittadinanza italiana, in tempo per ricevere la convocazione dalla nazionale di bob ed andare a disputare le Olimpiadi in Cina. “Due sogni che si realizzano – dice – La cittadinanza attesa quasi con rabbia e la Nazionale raggiunta come sogno”.

Ha frequentato persone, amici, scuole, e soprattutto palestre in Italia, per anni e anni, ma si sa, la legge per ottenere la cittadinanza è una delle meno attuali. Tantissimi i cavilli, i lacci e i lacciuli che imbrigliano troppo spesso giovani come Mircea. Per fortuna però, lo sport corre più della burocrazia e Robert ha potuto vincere diversi titoli italiani nel sollevamento pesi, allenandosi nella palestra abbiatense della Pesistica Abbiatense Weightlifting. Successi che però si sono sempre dovuti fermare al confine italiano, dal momento che l’atleta non ha mai potuto partecipare alle competizioni internazionali proprio a causa della cittadinanza che non voleva arrivare.

“Ora non ho più scuse, prima mi sentivo sempre schiacciato da un peso che non riuscivo ad alzare, ma che non dipendeva da me – confida Robert – Per quanto mi allenassi e vincessi nel mio sport nulla si muoveva. Questo peso non c’è più e tutto dipenderà da me”.

Robert ora può davvero volare e lo farà perché è stato convocato dalla nazionale di bob per andare a disputare le Olimpiadi invernali di Beijin, in Cina. Si, non c’è un errore; Robert non lancerà o solleverà un peso, ma lo spingerà. Mentre aspettava che la Federazione pesistica italiana intercedesse per lui e spingesse la documentazione affinché potesse diventare italiano, un’altra Federazione si è mossa ed è stata quella degli sport invernali.

“Sono in Italia da più di 10 anni e in regola con tutti gli altri documenti, i problemi erano legati ad alcuni cavilli e la Federazione mi ha aiutato a risolverli e sottoporre finalmente la mia pratica a chi di dovere. Giovedì ho firmato sulla Costituzione italiana in Comune a Corbetta, dove vivo”. Il via libera dalla Prefettura e poi l’attesa della chiamata dal Comune, poi finalmente il giuramento. Cittadinanza e passaporto il giorno dopo, tutto in fretta perché Robert l’8 febbraio deve partire, direzione Cina.

“Due sogni che si realizzano, due emozioni forti ma diverse. La cittadinanza attesa quasi con rabbia e la Nazionale raggiunta come sogno. Ora so che devo dare il massimo, ho tutte le carte per decidere del mio destino, so che allenandomi e facendo la vita che faccio non posso far altro che migliorare”. Mircea è abituato alla fatica, dopo la scuola ha iniziato a lavorare 8 ore al giorno come muratore, per poi scappare in palestra ad Abbiategrasso ad alzare chili e chili: “Ora posso concentrarmi al 100% sullo sport, solo i miei genitori e i miei allenatori sanno la fatica che ho fatto per arrivare dove sono”. Adesso Mircea spera e merita di entrare in un gruppo sportivo e poter dedicare la sua vita completamente allo sport, rappresentando i colori azzurri al meglio, opportunità che senza cittadinanza non avrebbe avuto.

“Mi auguro di poter competere al meglio alle Olimpiadi ed essere selezionato dai tecnici per poi gareggiare. A quel punto la speranza è quella di potermi allenare al meglio, senza aver più problemi di lavoro e cittadinanza. Dopo queste Olimpiadi invernali ci saranno le Olimpiadi in casa (Milano – Cortina 2026) e vorrei essere ancora più competitivo nel bob, senza abbandonare del tutto il sollevamento pesi”. A chi gli chiede come sia il passaggio dal sollevamento pesi al bob, Robert sorride e dice che per lui non sia stato un grande cambiamento: “Gran parte dell’allenamento è fatto di pesi, poi c’è la tecnica di corsa per spingere al meglio il bob. Insomma, spesi spostavo prima e pesi sposto ora. Mi auguro di poter fare bene e rappresentare finalmente al meglio la mia nazionale”.

Formazione su due ruote: il corso universitario sulla mobilità ciclistica


Formazione su due ruote. Sono aperte le iscrizioni al corso per diventare esperto promotore della mobilità ciclistica dell’Università di Verona. Lungo il percorso di studi sarà possibile imparare tutto il necessario per promuovere la mobilità urbana e territoriale su due ruote. Ci si può iscrivere fino al 28 febbraio e il corso inizierà ad aprile.

In tutti questi anni l’Università di Verona e la Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta hanno formato quasi 200 figure professionali. Sono gli Esperti Promotori della Mobilità Ciclistica che stanno contribuendo, ciascuno nel proprio settore e ambito lavorativo, a favorire le migliori pratiche bike friendly. Per chi non ne avesse mai sentito parlare – qui una nostra intervista per capire meglio di che si tratta – il Corso di perfezionamento e aggiornamento professionale – Post Lauream – dell’Università di Verona è diretto dal Professor Federico Schena (Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento) e mira a sviluppare professionalità specifiche: gli Esperti Promotori della Mobilità Ciclistica sono in grado di fare da raccordo tra pianificatori, progettisti, portatori di interesse, operatori economici e turistici, politici e amministratori. Tutto per promuovere la mobilità ciclistica urbana e territoriale. Le iscrizioni sono aperte sul sito ufficiale fino al 28 febbraio. Il corso inizierà ad aprile.

Attiva da oltre trent’anni con un lavoro di advocacy costante, FIAB è uno degli attori di riferimento in Italia e in Europa per quanto riguarda la diffusione della mobilità ciclistica. Il Corso dell’Università di Verona è un tassello fondamentale di questo percorso, in una fase cruciale della ripresa del nostro paese. Dobbiamo, in altre parole, fare in modo che la transizione ecologica sia concreta.

Il percorso formativo è fondamentale anche in ottica del PNRR. Perché, tra i vari aspetti, forma il personale della Pubblica Amministrazione con le competenze necessarie per attuale l’innovazione e il cambiamento. Comuni, Province e Regioni devono investire su questo.

Le competenze trasmesse
• Tecniche: pianificazione, progettazione, sicurezza stradale, raccolta ed elaborazione dati
anche in prospettiva di accedere ai finanziamenti del PNRR.
• Gestione e governance: comunicazione, mobility management, gestione di tavoli di lavoro e
reti sociali, project management.
• Economiche: sviluppo e marketing territoriale, gestione aziendale, politiche e azioni per il
cicloturismo, mappe, Piani di segnaletica cicloturistica, portali web, gestione club di
prodotto.
• Politiche per la salute: aspetti educativi, proposta di stili di vita sani, promozione di percorsi
casa scuola e casa lavoro.
• Conoscenze giuridiche: normative per muoversi negli ambiti istituzionali.
A chi può tornare utile diventare Esperto Promotore della Mobilità Ciclistica
• Dipendenti pubblici (Regioni, Provincie e Comuni) che vogliono approfondire il tema della
mobilità ciclistica come aggiornamento per le loro attività istituzionali.
• Politici e decisori che sentono il tema della bicicletta attuale e lo vogliono valorizzare al meglio
nei propri ambiti di competenza.
• Professionisti che già lavorano con “la bicicletta” (progettisti, mobility manager, agenzie di viaggi) e vogliono perfezionarsi.

• Persone che vogliono avviare nuove professioni e nuove economie in ambito “bicicletta”.
• Volontari e soci di associazioni che operano nel mondo della bicicletta.

• Per tutti coloro che desiderano avere una visione a 360° del mondo bicicletta per poter
relazionarsi con tutti i portatori di interesse, per operare nelle cabine di regia a varia scala
territoriale, che vogliono migliorare le loro città e i territori all’insegna del più bici e meno
auto.

Come si svolgerà il Corso
L’edizione 2022 si terrà in modalità ibrida: 44 ore di lezioni online e quattro giornate di esercitazioni pratiche a Mestre, Peschiera del Garda, Bolzano Valsugana per “toccare con la bicicletta” le miglior realizzazioni. La possibilità di ascoltare e rivedere le lezioni registrate sulla piattaforma d’Ateneo ha consentito, e consentirà in futuro, anche a dipendenti pubblici di recuperare materiale utile.

I docenti
Il Corso ha come docenti professori universitari, esperti FIAB e professionisti del settore ed è rivolto a diplomati e laureati di qualsiasi livello e disciplina che desiderano acquisire una competenza specialistica. Il Coordinatore Didattico del Corso è Marco Passigato, libero professionista, esperto in pianificazione, progettazione e promozione mobilità ciclistica – membro del Centro Studi Gallimbeni di FIAB – Coordinatore Comitato Scientifico dell’Associazione Esperti Promotori della Mobilità Ciclistica EPMC e già Mobility Manager dell’Università di Verona.

Gli ex studenti
Dei 150 diplomati fino alla settima edizione del corso, 21 hanno attivato progetti imprenditoriali come accompagnamento in bici, noleggio, ospitalità specializzata e comunicazione; 29 hanno avviato attività professionali come progettazione, consulenze, guide, o sono animatori di processi partecipativi e facilitatori; 26 sono volontari esperti a vari livelli anche di vertice in associazioni a carattere nazionale come FIAB; 14 sono dipendenti pubblici di Regioni e Comuni; 6 sono consiglieri Comunali, Assessori o Deputati.

Le iscrizioni per la nuova edizione del Corso Esperto Promotore della Mobilità Ciclistica sono aperte sul sito ufficiale dell’Ateneo.

Lottare per i diritti: le ragazze che si allenano di nascosto a Kabul


Allenarsi con la paura. A Kabul le ragazze della squadra di taekwondo si allenano di nascosto, cambiando luogo ogni volta per non essere scoperte. Il divieto dei talebani agli sport femminili ha costretto le atlete alla clandestinità ma non ha piegato la loro passione, ormai abituate ad andare controcorrente nella società afghana più conservatrice.

Bashir Ahmad Rustamzai, il nuovo ministro dello sport del Paese, ha detto che i talebani avrebbero consentito 400 sport, senza specificare se e quali le donne avrebbero potuto praticare. Farzana Frotan, 28 anni, è una di queste donne coraggiose. La sua partecipazione ai campionati mondiali di taekwondo del 2015 e una medaglia d’oro al torneo internazionale di taekwondo WTF del 2016 in Tajikistan non sono bastate a farle ottenere l’esenzione dal divieto dei talebani. “Sognavo di diventare una campionessa, non solo nelle competizioni internazionali ma anche alle Olimpiadi. Ma in questo momento sto a casa e non posso nemmeno andare al club”, ha raccontato Farzana a EFE.

L’atleta si allena clandestinamente un giorno o due alla settimana con le sue compagne in luoghi diversi per paura di essere scoperta. L’allenatore della nazionale Nematullah Habibi ha raccontato all’agenzia di stampa spagnola che una volta i talebani sono arrivati poco dopo la fine dell’allenamento e per rappresaglia “hanno torturato la famiglia che li ha ospitati”. La repressione talebana non è l’unico ostacolo che queste donne devono superare per fare sport. Farzana ha raccontato le difficoltà di convincere la sua famiglia. “Ero innamorata del taekwondo… ma i miei genitori non erano d’accordo e mi hanno detto che non era adatto alle ragazze”. Per ottenere l’approvazione dei genitori, Farzana ha detto loro che se avesse imparato il taekwondo, avrebbe potuto difendersi dagli abusi dei ragazzi.

Per queste donne il taekwondo è molto più di uno sport: “Lo sport, specialmente per le donne in Afghanistan, è la chiave per una vita felice e sana”, ha spiegato a EFE Husnia Sadat, 23 anni, anche lei della squadra nazionale di taekwondo. “Lo sport mi ha dato fiducia e non mi sento più vulnerabile come le altre donne in Afghanistan”.

Tornano in campo le calciatrici afghane accolte a Firenze


 

 

 

Ricominciare a vivere. Le calciatrici fuggite dall’Afghanistan ad agosto tornano in campo a Firenze. Il servizio di Elena Fiorani

Sono scappate dal loro Paese dopo l’arrivo dei talebani, perché alle donne è stato proibito di praticare sport e la loro passione per il pallone le ha messe nel mirino degli estremisti. Firenze le ha accolte e adesso le ragazze torneranno finalmente a giocare indossando la maglia del club Centro Storico Lebowski, squadra di calcio femminile che milita nei dilettanti.

La società sportiva fiorentina, che porta avanti un percorso sportivo e sociale, ha aperto le porte alle atlete e al loro allenatore, nell’ottica di un gesto di solidarietà, ma anche con l’obiettivo di coltivare il loro percorso sportivo con il massimo della qualità e della soddisfazione.