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Più trasparenza nel nuovo Regolamento degli Enti di promozione sportiva

centri estivi 1Trasparenza, pulizia, rendicontabilità, tracciabilità: dopo sei mesi di lavoro per preparare la bozza, il nuovo Regolameto degli Enti di promozione sportiva è stato approvato dal Conisglio nazionale Coni.

Con il nuovo Regolamento l’attribuzione dei finanziamenti è calcolata sulla base delle attività realmente svolte sul territorio e verificate, sulla consistenza degli iscritti opportunamente verificata e non più sulla semplice “attestazione” rilasciata agli Ente di promozione sportiva. Inoltre i criteri per il riconoscimento nazionale diventano più selettivi, a garanzia della reale consistenza associativa e del ruolo svolto, soprattutto a livello territoriale. Diminuisce considerevolmente la percentuale di contributi assegnati sulla base del riconoscimento, percentuale uguale per tutti, che passa dal 30% al 10%. I dati di tutti gli Enti di promozione sportiva saranno resi pubblici attraverso la pubblicazione su internet.

Commenti di soddisfazione da parte di Uisp e Csi.

Si apre una nuova stagione e la promozione sportiva lancia una sfida al sistema sportivo ed al Paese – dice Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp – le nuove norme contengono criteri che danno valore alla trasparenza ed alla certificabilità della consistenza dei numeri e delle attività. Chiedono che il Coni si assuma la responsabilità di dire che gli Enti di promozione sportiva non sono tutti uguali, ma che anzi devono essere valutati sulla base del loro reale radicamento territoriale, delle attività direttamente organizzate e del certificato tesseramento, della tutela sanitaria, della qualità dei servizi e della formazione”.

Massimo Achini, presidente del Csi parla di “Riforma storica: basta confusione e poca chiarezza. Da oggi numeri e attività degli Enti di promozione sportiva saranno visibili e verificabili da tutti”. In un comunicato il Csi-Centro Sportivo Italiano ribadisce che “per decenni, sui numeri e sulle attività degli enti di promozione sportiva, si era spesso determinata una situazione di incertezza rispetto alla realtà. Il sospetto che alcuni Enti potessero gonfiare i numeri o comunque indicare attività poco corrispondenti con la vera promozione sportiva era un sospetto diffuso e ricorrente”.
“A fronte di questa operazione “trasparenza” resta ancora da valorizzare il ruolo degli Enti di promozione sportiva nella casa comune del Coni. Occorre passare da una sorta di “permesso di soggiorno” (è sì riconosciuta l’esistenza, ma in termini di considerazione culturale rappresentano ancora qualcosa di diverso) ad una sorta di piena cittadinanza con la convinzione che gli Enti possono dare un contributo fondamentale alla promozione dello sport nel paese”.
Il nuovo regolamento entra in vigore subito anche se la piattaforma per la certificazione delle attività sarà operativa a partire dal 2016.

 

Etiopia, il dramma degli Oromo

oromoGli Oromo, il gruppo etnico principale dell’Etiopia, sarebbero costantemente perseguitati dalle autorità unicamente sulla base della loro origine etnica, accusati di avere  legami con gruppi ribelli e di opporsi al governo di Addis Abeba.
A denunciarlo è un nuovo rapporto di Amnesty International, che parla di abusi e torture, arresti arbitrari, tempi infiniti di detenzione senza processo, sparizioni forzate, violenza sessuale, elettroshok, omicidi, ai danni di migliaia di persone.
Il dossier della ong raccoglie centinaia di testimonianze di rifugiati oromo e racconta di oltre 5000 persone finite in carcere; nella maggior parte dei casi i detenuti non vengono neanche processati.
Una situazione spaventosa di cui il mondo sembra non accorgersi.

“Contro il non profit”, reazioni …a catena

Ucopertina libro moroNA CHIACCHIERATA “CONTRO-CORRENTE”   CON  GIOVANNI MORO, AUTORE DEL LIBRO CHE HA SUSCITATO MOLTE REAZIONE NEL SETTORE DEL NON PROFIT DAL TITOLO PROVOCATORIO “CONTRO IL NON PROFIT”

Ho avuto modo di incontrare Giovanni Moro nella tre giorni del seminario del MoVI a Paestum, un caldo fine settimana di inizio ottobre. Devo dire che ho subito apprezzato la disponibilità e la “socialità” che Giovanni Moro ha manifestato, ed a cui ho subito risposto con grande ammirazione e stima per la persona, non celando  allo stesso tempo l’interesse-curiosità  ad approfondire alcuni aspetti relativi alle reazioni che il suo ultimo libro “Contro il non profit” ha suscitato. Ci siamo dati, quindi, un appuntamento telefonico per i giorni successivi, cui ho dato seguito con la chiacchierata-intervista che mi ero ripromessa di effettuare, che riporto di seguito.

Entrando subito nel cuore dell’argomento, senza soffermarmi sui contenuti del libro, ormai noti a molti,  ho chiesto a Giovanni Moro che tipo di reazioni ha suscitato, fino  ad ora, l’avere messo a nudo alcune realtà “scomode”  di una grande parte del mondo  associativo del Terzo settore italiano.

R – A parte quelli già fissati, sono circa una trentina gli incontri  effettuati,   quindi un campione rappresentativo. Ho incontrato, da una parte, persone che lavorano ed operano in questo magma del non profit, e, dall’altra parte, pubblico normale, cioè cittadini, per esempio nei  festival letterari, eccetera, e allora le due reazioni sono abbastanza diverse. Il pubblico normale casca dalla sedia, nel senso che c’è una verifica di quello che poi nel libro avevo scritto, ma  non pensavo fosse così forte, un divario  enorme tra la rappresentazione che nella cultura di massa c’è di queste organizzazioni, e la realtà delle stesse. E quindi la gente quando sente raccontare com’è questa invenzione del non profit, e quali sono le sue conseguenze nella realtà, non ci crede, perché pensa che sono organizzazioni che si occupano solo di situazioni di emergenza, di operare per il bene pubblico, eccetera.

Invece, dal punto di vista degli “addetti ai lavori”, chiamiamoli così, la reazione più comune è stata “Era ora che qualcuno dicesse queste cose, che sapevamo, ma non le dicevamo”. La domanda, naturalmente, mia, è “Perchè non lo avete detto prima”, perché  non c’era niente di segreto, di particolarmente intelligente nel cogliere questi problemi. Quindi, direi, queste  sono due reazioni che sono significative e che dicono cose molto importanti entrambi.

 D – L’altra cosa di cui ti avevo già accennato a Paestum, è questa, che mi è venuta in mente mentre interagivi anche con noi, con  la platea: ma allora, non ti sembra, nell’avere  portato a conoscenza  cose che già avrebbero  dovuto essere a conoscenza, se non altro di coloro che operano nel Terzo settore cioè, di essere andato a mettere il dito nella corda dei sentimenti più profondi, perchè non è solo dire “chi” e “che cosa”, ma è anche il “sentire”, cioè è come avere messo a nudo i sentimenti più profondi dell’essere umano, Secondo me, il libro va oltre, è come se lo sguardo ti portasse ad andare più lontano delle cose che tu dici.

R –  Bè sì. Però questa operazione andava fatta soprattutto per rendere a chi fa  queste cose, e sono tantissimi,  naturalmente, in modo coerente con quelle intenzioni che tu hai menzionato prima, di rendergli la  loro ragione, perché il problema è che in queste situazioni di “tutto mescolato”, chi ci rimette sono proprio queste persone ed  anche la possibilità che queste forme di attivismo dei cittadini  per il bene pubblico, per l’interesse generale, possano essere rafforzate e sviluppate. Ma è chiaro che finchè è “tutto mescolato” questo è difficile. Perché basta esaltare il fatto che  il cosiddetto Terzo settore favorisce l’economia, l’occupazione, eccetera, allora la domanda che viene subito è  se quei milioni di volontari  pensavano che facendo delle cose in modo disinteressato e gratuito, sono dei fessi, o no?

D – Quindi avevo visto giusto, tra le corde dei sentimenti, è come se tu mettessi in guardia le persone per bene, il cittadino, il singolo, più che la sigla.

R – Senz’altro, diciamo che distinguere serve anche per  ridare fiducia  in un insieme all’interno del quale ci sono tantissime energie che meritano di essere seguite ed imitate, e sviluppate e portate avanti, che devono essere, appunto, distinte.  Quello  che ho percepito io, in questa grande discussione promossa in giro per l’Italia, alla fine della quale credo che scriverò un piccolo report,  perché è anche una bella consultazione, ampia, l’impressione è che, al contrario di quello che si dice, lo dice anche il Governo  con i suoi progetti di legge, la situazione non è ottima e molto promettente,  la situazione è molto negativa e critica. L’impressione è che siamo un po’ sull’orlo di un  abisso: o ci diamo una regolata, oppure tutte le cose positive che stanno qui in mezzo, rischiano di esser travolte da una sfiducia, da una catastrofe annunciata.

D – Una catastrofe annunciata come, ad esempio,  quella dell’Expo 2015, che ha reclutato migliaia di volontari, ignari, che, alla fine, non avranno certo un posto di lavoro, è una figuraccia che andiamo a fare anche a livello internazionale.

R – Si, anche se non è che la situazione di altri Paesi, da quello che ho potuto vedere io, sia  migliore, perché questo è il frutto di questa cattiva invenzione, che è un’invenzione globale, poi i problemi della sua attuazione ci stanno in tutto il mondo, non è  solo un problema italiano.

 

Riflettendo su quanto emerso, avendo presente che uno  scrittore scrive prima di tutto per sé, ma anche per gli altri, e quindi gli altri significa tutto il resto del mondo ,   fermo restando che ciascuno ha una propria interpretazione, la mia è che  Giovanni Moro non ha voluto solo dire cose che potevano essere risapute, o scontate, ma ha voluto dire a tutto il resto del mondo, alle persone che credono ancora in certi valori: “Attenzione, cercate di salvare le cose positive che sono state costruite e non lasciatevi ingannare, fatevi conoscere per quello che fate e non per quello che siete!”

Grazie a Giovanni Moro e….buon report pubblico e di riflessione!

giovanni moroGiovanni Moro, romano, classe 1958.  Sociologo politico e delle organizzazioni, svolge attività di ricerca, formazione, dialogo culturale e consulenza sulla cittadinanza e su temi ad essa connessi, quali l’attivismo civico nelle politiche pubbliche, le nuove forme di governance e la responsabilità d’impresa. 

 

 

La sindrome del ghetto: l’altra faccia del mondo Rom

 I rsantinoecenti fatti di cronaca,  attribuiti ad alcune famiglie ROM relegate in campi alle periferie delle città dalle amministrazioni comunali,  riportano indietro nel tempo col pensiero ad un popolo libero, ad un mondo che, molti di noi, ricordano come quello magico dei violini tzigani, o degli artisti di strada,  della lettura della mano per conoscere il futuro, di quell’artigianato di nicchia,  prerogativa solo di alcune etnie Rom.

Abbiamo incontrato Santino Spinelli, di etnia Rom, al quale abbiamo chiesto subito il suo punto di vista sulla questione dei Rom, mai risolta,  ed oggetto di frequenti discriminazioni.

 Domanda – Perché c’è tanta discriminazione  verso i Rom?

Risposta – Uno degli effetti collaterali della discriminazione è la sindrome del ghetto. Ha una duplice prospettiva: una esterna alla realtà romanì e una interna. Esternamente alimenta la romfobia e tutto il mondo romanò, nonostante sia complesso, paradigmatico e transnazionale con un’immensa ricchezza artistico-culturale, viene percepito esclusivamente come emarginazione e illegalità. Questa miope prospettiva è data in pasto, come un polpettone indigesto, alla maggior parte dell’opinione pubblica. E’ diventata una verità assoluta.

Domanda – Quindi non c’è più libertà di scelta di insediamento da parte di comunità Rom?

Risposta – In tante città, non solo le comunità straniere di recente immigrazione, ma anche molti Rom e Sinti italiani di antico insediamento, sono relegati in quartieri ghetto a contatto esclusivamente con la popolazione autoctona emarginata. I risultati dell’incontro sono facilmente immaginabili. Lo sguardo strabico evidenzia, però, la colpa sempre in un’unica direzione. Spesso non si è emarginati perché si delinque, ma si delinque in quanto emarginati. I Rom che vivono in quartieri non degradati vivono in perfetta sintonia con la popolazione locale.

gruppo di famiglia rom

 

Domanda – Perché viene sempre evidenziata la negatività dei comportamenti Rom?

Risposta – L’episodio negativo colpisce sempre più di quello positivo che non ha mai rilevanza mediatica. Un Rom infermiere a Pescara non interessa quanto un Rom ricettatore del quartiere Rancitelli. Il male affascina più del bene perché tocca le facili corde dell’emotività. Mai ho difeso un criminale che fosse Rom, italiano, marocchino o francese. Chi sbaglia deve pagare. Mi pare ingiusto però criminalizzare un popolo intero: è sempre un singolo, con nome e cognome che delinque. Non tutti gli italiani sono mafiosi, né tutti i Rom sono delinquenti. Non si può fare di tutta l’erba un fascio né dare una connotazione etnica a un crimine. Spesso il contesto sociale fa la differenza. Questo vale per tutti.

Domanda – C’è speranza di una migliore inclusione dei Rom, oggi?

Risposta – L’inclusione di Rom e Sinti oggi è più difficile da realizzarsi a causa degli errori del passato, ma non impossibile se si vuole davvero, con vantaggi per tutti. Ma le associazioni di pseudo – volontariato e le istituzioni vogliono davvero l’inclusione dei Rom?

Domanda – Come reagisce il mondo Rom davanti all’isolamento da ghetto?

Risposta – La sindrome del ghetto all’interno del mondo Rom produce effetti decisamente devastanti: disillusione e sfiducia, passività e disistima, aggressività e isterismo, sindrome di accerchiamento e violenza. E la sindrome del ghetto attanaglia il Rom anche quando si affranca dal ghetto stesso.

Domanda – Cosa occorre fare, secondo lei,  per superare tutto questo?

Risposta – Occorre fare un lavoro immenso per superare questa sindrome attraverso un processo psicologico che va alimentato da valori veri e da modelli positivi che andrebbero esaltati maggiormente, così com’è giusto biasimare e punire chi sbaglia. E’ estremamente diseducativo che alcuni enti pubblici abbiano eletto a propri interlocutori Rom e Sinti che millantano titoli che non hanno, che hanno un livello di istruzione più che modesto, che non hanno un mestiere o che hanno gravi pendenze penali. Come dire che un Rom vale l’altro e se è manipolabile è meglio. La strada del riscatto è lunga e tortuosa e passa attraverso il sacrificio, l’istruzione vera, il merito, l’impegno e la professionalità. Tutto ciò va sostenuto dalla politica e promosso dai media. In maniera particolare gli eventi culturali andrebbero maggiormente esaltati. L’inclusione passa attraverso la valorizzazione culturale. Ma in tal senso nessun reale investimento.

Domanda – Si dice che i Rom hanno un costo per le Amministrazioni pubbliche….

Risposta – Solo il sociale è finanziato con fiume di denaro pubblico di cui i Rom non vedono 1 euro né tanto meno benefici: solo segregazione, discriminazione e negazione dei diritti più elementari.

La cronaca ha tanto spazio sui mass media mentre agli eventi culturali non si dà rilevanza: cineforum, convegni, seminari, presentazione di libri, esposizioni, concerti, festival e quant’altro non hanno la stessa importanza e chiaramente nell’immaginario collettivo non esistono.

Domanda – Cosa fa la sua associazione per esportare questo tipo di culture?

Risposta – Da 20 anni organizziamo un concorso artistico internazionale “Amico Rom”, aperto a tutti gratuitamente e un festival di musica interculturale, eppure si fa fatica a promuoverli. Dai media locali  appena lo spazio di un trafiletto, se va bene.

I Rom così sono percepiti come “un problema sociale”. Questo aspetto è soprattutto accentuato nelle grandi città.

Domanda – Quindi, dovendo concludere, la sindrome del ghetto è …disinformazione universale?

Risposta – La sindrome del ghetto coinvolge tutti, anche coloro che sono animati da buone intenzioni. Lo sguardo sul mondo Rom continua ad essere strabico. Ciò perché la disinformazione è dilagante e la discriminazione alimenta la mistificazione. A certi enti pubblici, a certi politici, a certe associazioni di pseudo – volontariato e a certi giornalisti, evidentemente fa comodo continuare ad alimentare la sindrome del ghetto. Il costo di tutto ciò ricade su Rom innocenti, in particolare su bambini e giovani e ovviamente sull’opinione pubblica ignara ed inerme. L’esclusione, di fatto, continua a costare più dell’inclusione e ad avvantaggiare i furbetti di turno. La sindrome del ghetto alimenta, così, all’interno e all’esterno del mondo romanò, disvalori che producono un’economia autoreferenziale e un capro espiatorio ideale. Ecco perché si fa di tutto per non cambiare niente.

Grazie a Santino Spinelli per averci dedicato il suo tempo e i suoi “saperi” Rom!

santino spinelli

Classe 1964, Santino Spinelli è docente di lingue e cultura romanì, musicista, compositore e insegnante di italiano. Laureato in Lingue e Letterature straniere e in Musicologia presso l’Università di Bologna, nel 2002 è stato docente di Lingua e Cultura Romanì presso l’Università di Trieste e il Politecnico di Torino. Attualmente è docente di Lingua e Cultura Romanì – Lingue e processi interculturali – presso l’Università di Chieti. Primo Rom in tutta Europa a detenere tale cattedra. È fondatore e presidente dell’associazione culturale Thèm Romanò (mondo romanò), attiva nel campo dei diritti dei popoli rom e presidente nazionale della Federazione FederArteRom. La sua poesia Auschwitz è incisa sul monumento che si trova davanti al Parlamento tedesco a Berlino dedicato al genocidio dei Rom e Sinti.

Un po’ di storia

Un dato costante della storia del popolo rom va rintracciato nella persecuzione che hanno sempre subito, la riduzione in schiavitù, la deportazione e lo sterminio.

Lungo la storia che li accompagna fino ad oggi, si è protratta nel tempo la diffidenza nata al loro primo apparire nel Medioevo europeo: il nomadismo come maledizione di Dio; la pratica di mestieri quali forgiatori di metalli, considerati nella superstizione popolare riconducibili alla magia; le arti divinatorie tra cui la stregoneria.

Di qui la tendenza delle società moderne a liberarsi di tale presenza anche a costo dell’eliminazione fisica. Tutti i Paesi europei adottarono bandi di espulsione nei loro confronti, fino alla programmazione del genocidio dei rom, insieme a quello degli ebrei, durante il nazismo in Germania.

Si stima che nel mondo ci siano tra i 12 e i 15 milioni di rom. Tuttavia il numero ufficiale di rom è incerto in molti paesi. Questo anche perché molti di loro rifiutano di farsi registrare come etnia rom per timore di subire discriminazioni.

Movimenti politici – Dopo la seconda guerra mondiale ha preso forma un movimento che è arrivato in occasione del primo congresso nel 1971 a Londra alla creazione dell’Unione Internazionale dei Rom. Questa Unione mira al riconoscimento di un’identità e di un patrimonio culturale e linguistico nazionale senza stato né territorio, cioè presente in tutti i paesi europei.

In Italia, tra le associazioni nate con compiti di integrazione e mediazione culturale, è attiva l’associazione, eretta in ente morale, denominata “Associazione 21 luglio”, oltre alla Federazione FederArteRom che raggruppa  ben 84 associazioni sul  territorio.

Il significato di rom. Oggi, in lingua romaní, rom significa uomomarito e designa l’etnia stessa solamente presso i rom propriamente detti.

Come per la storia delle origini delle popolazioni di lingua romaní, anche l’origine del termine rom è aperta a diverse ipotesi dibattute tra gli studiosi.

Rom è l’autonimo che la maggioranza della popolazione di lingua romaní utilizza per denominare il proprio gruppo.

 

Concluso Move Congress a Roma: sport per tutti realtà matura

manifesto del Move Congress di Roma (22-25 ottobre 2014)Si è chiuso sabato 25 ottobre il Move Congress, con l’Assemblea dell’Isca, la rete internazionale di sport per tutti, che insieme a Uisp, ha organizzato questo Meeting che ha richiamato a Roma 400 rappresentanti di 50 diversi Paesi.

Lo sportpertutti mondiale, riunito a Roma, è pronto per chiedere spazio e diritti alle istituzioni italiane ed europee. Una raggiunta maturità. È quella dimostrata dal mondo italiano ed europeo dello sport per tutti e di cittadinanza, come risulta al termine della tre giorni del Move Congress, organizzato da Uisp e Isca a Roma, nell’Università Roma 3 a Testaccio. “In questi tre giorni di congresso – afferma Vincenzo Manco, presidente nazionale dell’Unione Italiana Sport Per tutti – abbiamo presentato buone pratiche per la vivibilità delle città e per il miglioramento della qualità della vita delle persone. È una dote che l’associazionismo di sport per tutti europeo e italiano, con l’Uisp in testa, consegna alle istituzioni che abbiamo incontrato in questi giorni. A tutti chiediamo attenzione e politiche pubbliche per il ruolo e per il valore sociale dello sport”.

Infatti sul palco del Move Congress si sono alternati rappresentanti della politica e delle istituzioni come il sottosegretario Delrio, Giovanni Panebianco della presidenza italiana del Consiglio UE, i parlamentari Laura Coccia e Filippo Fossati, Roberto Pella dell’Anci, Luca Pancalli, in qualità di assessore allo sport del Comune di Roma.

Riconoscimenti importanti per un mondo, ormai maturo, che ha gli strumenti per incidere sui diritti dei cittadini, come quello alla salute, partendo dallo sport, come affermato anche dal presidente del Coni Giovanni Malagò, intervenuto questa mattina nella sessione plenaria del Move Congress.

Nel corso dei tre giorni di congresso circa 400 delegati delle principali associazioni europee di sport di cittadinanza, in rappresentanza di 50 paesi, si sono confrontati a Roma sui progetti da mettere in atto per diffondere il movimento e gli stili di vita attivi tra la popolazione. Tutto per arrivare a raggiungere l’ambizioso obiettivo di 100 milioni di persone in movimento entro il 2020. Uno sforzo che vede l’interesse delle istituzioni italiane ed europee, come affermato ieri al Campidoglio da Graziano Delrio, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo sport.

“L’obiettivo di questi giorni – conclude Manco – è stato quello di riflettere e soprattutto stimolare le istituzioni a fornire al mondo dello sport per tutti i necessari riconoscimenti legislativi, legati a investimenti concreti. Perché lo sport per tutti è fattore di salute, pianificazione urbana, rete sociale: un bene primario di cui tener conto a livello nazionale e interno”.

A scuola? Con gli amici in bus, a piedi o in bici

bike& pedestrianScuole e amministrazioni insieme per dare vita all’iniziativa promossa da Legambiente con lo scopo di riappropriarsi di una mobilità sostenibile, in sicurezza e in autonomia, per gli studenti, principali protagonisti di questa iniziativa e per chiedere città più vivibili.

Percorsi di pedibus e bicibus, veri e propri servizi autobus su due piedi o due ruote, passeggiate all’aperto insieme al sindaco della città, trekking sulle piste ciclabili, ed ancora attività ludiche, street art e azioni di guerrilla gardening. Sono alcune delle iniziative di “Vado a scuola con gli amici in bus, a piedi, in bici”. Per riappropriarsi del piacere di fare del sano movimento, camminando o pedalando, approfittando così di conoscere il proprio quartiere, ma anche contribuendo personalmente a ridurre le emissioni di gas inquinanti, soprattutto nelle città dove si registrano ancora livelli superiori ai limiti.

Purtroppo in Italia la mobilità scolastica sostenibile fatica a decollare: nonostante l’86% delle famiglie italiane abiti a meno di un quarto d’ora a piedi dagli istituti scolastici, sono almeno 10 milioni le persone che scelgono di percorrere il tragitto in automobile. Per questo nasce l’iniziativa, per sensibilizzare cittadini e amministratori nella promozione di percorsi casa-scuola senza auto soprattutto per i più piccoli.

Le informazioni sul progetto su: www.legambientescuolaformazione.it

“LA RADIO CI SALVERÀ? LA BUONA INFORMAZIONE NELL’EPOCA DELLE BUFALE E DEL GIORNALISMO CHOC”

Giornale-radio-sociale-black#laradiocisalverà

Giovedi 16 ottobre, ore 14.15
Salone Editoria Sociale, Roma
Porta Futuro (via Galvani, 108)

“La radio ci salverà? La buona informazione nell’epoca delle bufale e del giornalismo choc”: è questo il titolo dell’incontro che si terrà a Roma giovedi 16 ottobre, ore 14.15, nella sala B del Salone dell’Editoria Sociale.
Partecipano:  Andrea Guiso della Sapienza Università di Roma e Andrea Volterrani dell’Università di Tor Vergata, Francesco De Vitis, vicedirettore Radio 1 Rai e Ivano Maiorella, direttore del Giornale Radio Sociale. Sarà presente la redazione del GRS.

Perchè la radio ci salverà dall’informazione spazzatura? Parchè è un canale controcorrente, antico e modernissimo. Agile perchè riesce a divincolarsi dalle strettoie del giornalismo-guardone e del giornalismo spia. Il canale radiofonico arriva dappertutto ed ha bassi costi di produzione, ha anticipato la digitalizzazione e la moltiplicazione dei canali. Fa compagnia, stimola la fantasia senza falsare la realtà. E soprattutto non soffoca il pubblico. Dalle valvole al transistor, sino al web: la radio è passata indenne attraverso le rivoluzioni tecnologiche perché ha saputo modificare linguaggi e generi.

Anche per tutto ciò il giornalismo radiofonico si adatta alla comunicazione sociale: immediato, senza fronzoli, con l’unico effetto speciale che è rappresentato da voci, suoni, rumori riprodotti dalla realtà. Dal territorio, dove il sociale è più radicato, la voce della radio arriva in diretta, senza mediazioni: questa è la forza dell’informazione radiofonica.
Forse per questo la radio racconta il sociale di più e meglio di altri canali?  Oppure non è così e l’ibridazione con altri canali è inevitabile? E l’epoca delle bufale giornalistiche non risparmia niente?

La redazione del Giornale Radio Sociale ha organizzato questo incontro per parlarne con esperti di comunicazione sociale, di giornalismo radiofonico e di storia della radio.

Seguite l’incontro con hashtag #laradiocisalverà
Pagina facebook: www.facebook.com/giornaleradiosociale
Profilo twitter: @grsociale

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Redazione del Giornale Radio Sociale
redazione@giornaleradiosociale.it

MARCIA PER LA PACE: APPELLO A MEDIA E INFORMAZIONE

untitled“La Perugia-Assisi non si censura!”

Inizia così l’appello della Tavola della pace e di Articolo 21 ai media italiani in vista della Marcia di domenica 19 ottobre.  “Dicono che la pace non fa notizia e ignorano tutto quello che si fa per la pace, dentro e fuori il nostro paese. Così sarà anche per la prossima Marcia PerugiAssisi per la pace e la fraternità se non ci impegniamo a dare voce alla pace”.
Dai pacifisti la richiesta di dare voce alle ragioni del movimento: Invitiamo tutti a scrivere articoli, realizzare riprese video, scattare foto prima, durante e dopo la Marcia e diffonderli attraverso la vostra rete di comunicazione”.

Il Giornale Radio Sociale aderisce all’appello: “Non c’è pace senza un’informazione di pace”.

 

 

HousingLab porta in Italia Experimentdays: la prima fiera dell’abitare collaborativo

PA 10 anni dalla prima edizione di Experimentdays, la fiera dell’abitare collaborativo di Berlino, arriva anche in Italia l’11 e il 12 ottobre, grazie all’associazione HousingLab, l’evento dedicato ai nuovi stili di vita legati all’abitare sostenibile.

Experimentdays – patrocinata del Comune di Milano e dell’Ordine degli Architetti P.P.C. della Provincia di Milano – offrirà ai visitatori la possibilità di conoscere e guardare da vicino le eccellenze già raggiunte e le start up più promettenti nel campo dell’abitare collaborativo. La fiera-evento sarà organizzata in quattro aree principali:

Co-abitare – strumenti per la gestione condominiale e collaborativa.
Co-progettare – designer, architetti e community manager per un unico progetto.
Co-costruire – imprese edili e strumenti finanziari per la realizzazione.
Collaborare – servizi per la condivisione e la sharing economy.

Fare cultura, suggerire nuovi modi di abitare la città, esporre modelli di vita che approfondiscano le relazioni sociali, creare reti che diffondano la conoscenza e la pratica dell’abitare collaborativo e offrire strumenti che lo facilitino. Questi gli obiettivi di Experimentdays, che alla promozione di un dialogo produttivo tra espositori e visitatori affianca un fitto programma di dibattiti e workshop, e di visite ad abitazioni collaborative esistenti sul territorio lombardo. Con una particolare attenzione alla sfera pubblica, al fine di stabilire un confronto con le amministrazioni comunali e individuare percorsi che agevolino esperienze future simili.

Land grabbing, la Cambogia chiede giustizia

landgrabbingDal 2000 ad oggi, 770 mila persone, pari al 6% della popolazione della Cambogia, sono state sfrattate per fare posto a piantagioni di gomma o canna da zucchero.
E’ il fenomeno del “land grabbing”, che nel paese asiatico ha provocato la confisca di 10 milioni di acri di terreno, riassegnati ad investitori stranieri.
L’avvocato Richard Rogers ha presentato una denuncia alla Corte Penale Internazionale dell’Aia, per chiedere che al fine di vedere che questi allontanamenti di massa siano considerati un crimine contro l’umanità.
Secondo Rogers “chi ha opposto resistenza è stato oppresso, soggetto a violenza e ingiustamente perseguito. Le violazioni dei diritti umani sono enormi “.